DECRETO LEGISLATIVO 12 gennaio 2019 , n. 14
Indice
Art. 1 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 2 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 3 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 4 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sezione III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 5 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sezione IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 6 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 7 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 8 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 9 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 10 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 11 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo IV, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 12 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo IV, Sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 13 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo IV, Sezione III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 14 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo I, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 15 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo I, Sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 16 - Inserimento del Capo I-bis del Titolo IV della Parte Prima del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 17 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo II, Sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 18 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo II, Sezione III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 19 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 20 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 21 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 22 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 23 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione V, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 24 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione VI, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 25 - Inserimento della sezione VI-bis del Capo III del Titolo IV della Parte Prima del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 26 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo I, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 27 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo I, Sezione III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 28 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo I, Sezione IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 29 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo IV sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 30 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo IV, sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 31 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo VI, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 32 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo VIII, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 33 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo IX, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 34 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo X, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 35 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo VI, Capo I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 36 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo VI, Capo III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 37 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo VII, Capo II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 38 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo VII, Capo III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 39 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IX, Capo III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 40 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo IX, Capo IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 41 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo X, Capo I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 42 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo X, Capo II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 43 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo X, Capo III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 44 - Modifiche alla Parte Prima, Titolo X, Capo IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 45 - Modifiche alla Parte Seconda del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14
Art. 46 - Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118
Art. 47 - Abrogazioni di disposizioni del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152
Art. 48 - Abrogazioni di disposizioni del decreto legislativo 26 ottobre 2020, n. 147
Art. 49 - Modifiche al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270
Art. 50 - Disposizioni transitorie
Art. 51 - Entrata in vigore
Art. 52 - Disposizioni finanziarie
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, e, in particolare, l’articolo 14;
Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea e, in particolare, l’articolo 31;
Vista la legge 22 aprile 2021, n. 53, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020, ed in particolare l’articolo 1, comma 1, e l’allegato A, n. 22;
Vista la direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza);
Visto il regolamento (UE) n. 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza;
Visto il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155;
Visto il decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, recante misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147;
Visto il decreto legislativo 26 ottobre 2020, n. 147, recante disposizioni integrative e correttive a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 8 marzo 2019, n. 20, al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155;
Visto il decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, recante disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233 e, in particolare, gli articoli 30-ter, 30-quater, 30-quinquies e 30-sexies;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 17 marzo 2022;
Udito il parere del Consiglio di Stato, reso nell'adunanza del 1 aprile 2022;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 15 giugno 2022;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali;
EMANA
il seguente decreto legislativo:
CAPO I
MODIFICHE AL CODICE DELLA CRISI D'IMPRESA E DELL'INSOLVENZA DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 12 GENNAIO 2019, N. 14
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
a) la lettera a) è sostituita dalla seguente: «a) «crisi»: lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi»;
b) la lettera g) è abrogata;
c) la lettera h) è sostituita dalla seguente: «h) «gruppo di imprese»: l'insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti territoriali, che, ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies del codice civile, esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica; a tal fine si presume, salvo prova contraria, che l'attività di direzione e coordinamento delle società del gruppo sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci oppure dalla società o ente che le controlla, direttamente o indirettamente, anche nei casi di controllo congiunto;»;
d) dopo la lettera m) è inserita la seguente:
«m-bis) «strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza»: le misure, gli accordi e le procedure volti al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, oppure volti alla liquidazione del patrimonio o delle attività che, a richiesta del debitore, possono essere preceduti dalla composizione negoziata della crisi»;
e) alla lettera n), le parole «delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza previste» sono sostituite dalle seguenti: «degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza previsti »;
f) alla lettera o), le parole «una delle procedure di regolazione della crisi di impresa» sono sostituite dalle seguenti: «uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza »;
g) dopo la lettera o), è inserita la seguente:
«o-bis) « «esperto»: il soggetto terzo e indipendente, iscritto nell’elenco di cui all’articolo 13, comma 3 e nominato dalla commissione di cui al comma 6 del medesimo articolo 13, che facilita le trattative nell’ambito della composizione negoziata»;
h) alla lettera p) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche prima dell’accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza»;
i) alla lettera q), le parole «gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza» sono sostituite dalle seguenti: «il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza»;
l) la lettera u) è abrogata.
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
1.L'articolo 3 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, è sostituito dal seguente:
«Art. 3
(Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa)
L'articolo 4 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, è sostituito dal seguente:
«Art. 4
(Doveri delle parti)
«Art. 5
(Trasparenza ed efficienza delle nomine e trattazione prioritaria delle controversie)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Art. 5-bis
(Pubblicazione delle informazioni e lista di controllo)
«Art. 6
(Prededucibilità dei crediti)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sezione III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
11. L'articolo 7 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, è sostituito dal seguente:
«Art. 7
(Trattazione unitaria delle domande di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alle procedure di insolvenza)
«Art. 8
(Durata massima delle misure protettive)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sezione IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Art. 11
(Attribuzione della giurisdizione)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Titolo II
Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi
Capo I
Composizione negoziata della crisi
Art. 12
(Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa)
1. L'imprenditore commerciale e agricolo può chiedere la nomina di un esperto al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell'impresa, quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa. La nomina avviene con le modalità di cui all'articolo 13, commi 6, 7 e 8. |
2. L'esperto agevola le trattative tra l'imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1, anche mediante il trasferimento dell'azienda o di rami di essa. 3. Alla composizione negoziata non si applica l’articolo 38. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 38 nei procedimenti di cui agli articoli 19 e 22.
Art. 13 (Istituzione della piattaforma telematica nazionale e nomina dell’esperto) 1. È istituita una piattaforma telematica nazionale accessibile agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese attraverso il sito istituzionale di ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. La piattaforma è gestita dal sistema delle camere di commercio, per il tramite di Unioncamere, sotto la vigilanza del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico. 2. Sulla piattaforma sono disponibili una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e un protocollo di conduzione della composizione negoziata accessibili da parte dell'imprenditore e dei professionisti dallo stesso incaricati. La struttura della piattaforma, il contenuto della lista di controllo particolareggiata, le modalità di esecuzione del test pratico e il contenuto del protocollo sono definiti dal decreto dirigenziale del Ministero della giustizia adottato ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147. 3. Presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di ciascun capoluogo di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano è formato, con le modalità di cui al comma 5, un elenco di esperti nel quale possono essere inseriti: gli iscritti da almeno cinque anni all'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e all'albo degli avvocati che documentano di aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d'impresa; gli iscritti da almeno cinque anni all'albo dei consulenti del lavoro che documentano di avere concorso, almeno in tre casi, alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o di avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati. Possono inoltre essere inseriti nell'elenco coloro che, pur non iscritti in albi professionali, documentano di avere svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale omologati, nei confronti delle quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza. 4. L'iscrizione all'elenco di cui al comma 3 è altresì subordinata al possesso della specifica formazione prevista con il decreto dirigenziale del Ministero della giustizia di cui al comma 2. 5. La domanda di iscrizione all'elenco è presentata agli ordini professionali di appartenenza dei professionisti richiedenti e, per i soggetti di cui al comma 3, secondo periodo, alla camera di commercio del capoluogo di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano competente per il luogo di residenza. La domanda è corredata della documentazione comprovante il possesso dei requisiti di cui ai commi 3 e 4, di un'autocertificazione attestante l'assolvimento degli obblighi formativi e di un curriculum vitae, a sua volta oggetto di autocertificazione ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dal quale risulti ogni altra esperienza formativa in materia, anche nelle tecniche di facilitazione e mediazione, valutabile all'atto della nomina come titolo di preferenza. La domanda contiene il consenso dell'interessato al trattamento dei dati comunicati al momento della presentazione dell'istanza di iscrizione, ai sensi dell'articolo 6 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, anche ai fini della pubblicazione di cui al comma 9. Ciascun ordine professionale, valutata la domanda e verificata la completezza della documentazione allegata, comunica alla camera di commercio del capoluogo della regione in cui si trova o alla camera di commercio delle province autonome di Trento e di Bolzano, i nominativi dei professionisti in possesso dei requisiti di cui ai commi 3 e 4, unitamente a una scheda sintetica contenente le informazioni utili alla individuazione del profilo dell’esperto, per l’inserimento nell'elenco previsto dal comma 3. La scheda è compilata sulla base di un modello uniforme definito con il decreto dirigenziale del Ministero della giustizia di cui al comma 2. Gli ordini professionali, con riferimento ai dati dei rispettivi iscritti, e le camere di commercio, con riferimento ai soggetti di cui al comma 3, secondo periodo, designano i responsabili della formazione, della tenuta e dell'aggiornamento dei dati degli iscritti all'elenco unico e del trattamento dei dati medesimi nel rispetto del regolamento (UE) 2016/679 e del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I responsabili accertano la veridicità delle dichiarazioni rese dai richiedenti secondo quanto previsto dall'articolo 71 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000. La domanda è respinta se non è corredata di quanto previsto dal secondo e terzo periodo e può essere ripresentata. I consigli nazionali degli ordini professionali disciplinano con regolamento le modalità di formazione, tenuta e aggiornamento dei dati raccolti dagli ordini professionali e comunicati alle camere di commercio per la formazione dell'elenco di cui al comma 3. La comunicazione di cui al quarto periodo avviene con cadenza annuale a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Gli ordini professionali comunicano tempestivamente alle camere di commercio l'adozione, nei confronti dei propri iscritti, di sanzioni disciplinari più gravi di quella minima prevista dai singoli ordinamenti nonché l'intervenuta cancellazione dei professionisti dagli albi professionali di appartenenza perché vengano cancellati dall'elenco. Le camere di commercio, ricevute le comunicazioni di competenza degli ordini professionali, provvedono senza indugio all'aggiornamento dell'elenco unico; esse curano direttamente l'aggiornamento dei dati dei soggetti di cui al comma 3, secondo periodo, secondo le tempistiche stabilite nel nono periodo e provvedono alla loro tempestiva cancellazione ove sia intervenuta una causa di ineleggibilità ai sensi dell'articolo 2382 del codice civile. 6. La nomina dell'esperto avviene ad opera di una commissione che resta in carica per due anni. La commissione è costituita presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano, dei cui uffici di segreteria si avvale per lo svolgimento dei suoi compiti, ed è composta da: a) due magistrati, uno effettivo e uno supplente, designati dal presidente della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale del capoluogo di regione o della provincia autonoma di Trento o di Bolzano nel cui territorio si trova la camera di commercio che ha ricevuto l'istanza di cui all'articolo 17; b) due membri, uno effettivo e uno supplente, designati dal presidente della camera di commercio presso la quale è costituita la commissione; c) due membri, uno effettivo e uno supplente, designati dal prefetto del capoluogo di regione o della provincia autonoma di Trento o di Bolzano nel cui territorio si trova la camera di commercio che ha ricevuto l'istanza di cui all'articolo 17. 7. Il segretario generale della camera di commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell'impresa, ricevuta l'istanza di cui all'articolo 17, nei successivi due giorni lavorativi, la comunica alla commissione costituita ai sensi del comma 6, unitamente a una nota sintetica contenente l'indicazione del volume d'affari, del numero dei dipendenti e del settore in cui opera l'impresa istante. In caso di incompletezza dell’istanza di nomina o della documentazione, il predetto segretario generale invita l’imprenditore a integrare le informazioni o la documentazione mancante entro un termine di trenta giorni, decorso inutilmente il quale l’istanza non è esaminata e l’imprenditore può riproporla. Entro i cinque giorni lavorativi successivi al ricevimento dell’istanza la commissione nomina l'esperto tra gli iscritti nell'elenco di cui al comma 3 secondo criteri che assicurano la rotazione e la trasparenza e avendo cura che ciascun esperto non riceva più di due incarichi contemporaneamente. La nomina può avvenire anche al di fuori dell'ambito regionale. La commissione tiene conto della complessiva esperienza formativa risultante dalla scheda sintetica di cui al comma 5, quarto periodo, anche esaminando, ove occorra, il curriculum vitae, e dell’attività prestata come esperto nell’ambito di precedenti composizioni negoziate. Se lo ritiene opportuno, la commissione acquisisce, prima della nomina o prima della comunicazione all’esperto nominato, il parere non vincolante di un’associazione di categoria sul territorio. 8. La commissione, coordinata dal membro più anziano, decide a maggioranza. Ai membri della commissione non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. 9. Gli incarichi conferiti e il curriculum vitae dell'esperto nominato sono pubblicati senza indugio in apposita sezione del sito istituzionale della camera di commercio del luogo di nomina e del luogo dove è tenuto l'elenco presso il quale l'esperto è iscritto, nel rispetto del regolamento (UE) 2016/679 e del citato codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, omesso ogni riferimento all'imprenditore richiedente. Sono del pari pubblicati sul sito istituzionale di ciascuna camera di commercio gli elenchi contenenti i nominativi degli esperti, formati presso le camere di commercio dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. 10. Per la realizzazione e il funzionamento della piattaforma telematica nazionale di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di euro 700.000 per l’anno 2022 e di euro 200.000 annui a decorrere dall’anno 2023, cui si provvede mediante utilizzo delle risorse rinvenienti dall’abrogazione dell’articolo 3 del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147, come prevista dalle disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019.
Art. 14 (Interoperabilità tra la piattaforma telematica nazionale per la composizione negoziata per la soluzione delle crisi d'impresa e altre banche di dati) 1. La piattaforma telematica nazionale di cui all’articolo 13 è collegata alle banche dati dell'Agenzia delle entrate, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e dell'agente della riscossione e consente l’accesso alle informazioni contenute nella Centrale dei rischi della Banca d'Italia nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 7 del testo unico bancario di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. 2. L'esperto nominato ai sensi dell'articolo 13, comma 6, accede alle banche dati e alle informazioni di cui al comma 1, previo consenso prestato dall'imprenditore ai sensi del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ed estrae la documentazione e le informazioni necessari per l'avvio o la prosecuzione delle trattative con i creditori e con le parti interessate. Le modalità di accesso alle banche dati sono stabilite dall’Agenzia delle entrate, dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e dall’agente della riscossione e le modalità di accesso alle informazioni contenute nella Centrale dei rischi sono stabilite dalla Banca d’Italia. 3. L'accesso ai dati attraverso la piattaforma telematica di cui al comma 1 non modifica la disciplina relativa alla titolarità del trattamento, ferme restando le specifiche responsabilità ai sensi dell'articolo 28 del citato regolamento (UE) 2016/679 spettanti al soggetto gestore della piattaforma nonché le responsabilità dei soggetti che trattano i dati in qualità di titolari autonomi del trattamento.
Art. 15 1. I creditori possono accedere alla piattaforma telematica nazionale di cui all'articolo 13 e possono inserire al suo interno le informazioni sulla propria posizione creditoria e i dati eventualmente richiesti dall'esperto nominato ai sensi del medesimo articolo 13. Essi accedono ai documenti e alle informazioni inseriti nella piattaforma dall'imprenditore al momento della presentazione dell'istanza di cui all’articolo 17 o nel corso delle trattative. La documentazione e le informazioni inserite nella piattaforma sono accessibili previo consenso prestato, dall'imprenditore e dal singolo creditore, ai sensi del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Art. 16 (Requisiti di indipendenza e doveri dell'esperto e delle parti) 1. L'esperto deve essere in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 2399 del codice civile e non deve essere legato all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore dell'imprenditore né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell'impresa né aver posseduto partecipazioni in essa. Chi ha svolto l'incarico di esperto non può intrattenere rapporti professionali con l'imprenditore se non sono decorsi almeno due anni dall'archiviazione della composizione negoziata. 2. L'esperto è terzo rispetto a tutte le parti e opera in modo professionale, riservato, imparziale e indipendente. Non è equiparabile al professionista indipendente di cui all’articolo 2, comma 1, lettera o). L’esperto, nell'espletamento dell'incarico di cui all'articolo 12, comma 2, verifica la coerenza complessiva delle informazioni fornite dall’imprenditore chiedendo al medesimo e ai creditori tutte le ulteriori informazioni utili o necessarie. Può avvalersi di soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l'imprenditore, e di un revisore legale, non legati all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale. 3. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, comma 4, l'esperto non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell'esercizio delle sue funzioni, né davanti all'autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Si applicano le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale e le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 del codice di procedura penale in quanto compatibili. 4. L'imprenditore ha il dovere di rappresentare la propria situazione all'esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente e di gestire il patrimonio e l'impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori. 5. Le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato. L'accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca degli affidamenti bancari concessi all'imprenditore. In ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta. 6. Tutte le parti coinvolte nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l'imprenditore e con l'esperto e rispettano l'obbligo di riservatezza sulla situazione dell'imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative. Le medesime parti danno riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata.
Art. 17 1. L'istanza di nomina dell'esperto indipendente è presentata tramite la piattaforma telematica di cui all'articolo 13 mediante la compilazione di un modello, ivi disponibile, contenente le informazioni utili ai fini della nomina e dello svolgimento dell'incarico da parte dell'esperto nominato. 2. Il contenuto del modello di cui al comma 1 è definito con il decreto dirigenziale del Ministero della giustizia di cui all'articolo 13, comma 2. 3. L'imprenditore, al momento della presentazione dell'istanza, inserisce nella piattaforma telematica: a) i bilanci degli ultimi tre esercizi, se non già depositati presso l'ufficio del registro delle imprese, oppure, per gli imprenditori che non sono tenuti al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell'IVA degli ultimi tre periodi di imposta, nonché una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima della presentazione dell'istanza; b) un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’articolo 13, comma 2, e una relazione chiara e sintetica sull'attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative che intende adottare; c) l'elenco dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti scaduti e a scadere e dell'esistenza di diritti reali e personali di garanzia; d) una dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per l'accertamento dello stato di insolvenza e una dichiarazione con la quale attesta di non avere depositato ricorsi ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), e 54, comma 3; e) il certificato unico dei debiti tributari di cui all'articolo 364, comma 1; f) la situazione debitoria complessiva richiesta all'Agenzia delle entrate-Riscossione; g) il certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi di cui all'articolo 363, comma 1; h) un estratto delle informazioni presenti nella Centrale dei rischi gestita dalla Banca d'Italia non anteriore di tre mesi rispetto alla presentazione dell'istanza. 4. L'esperto, verificati la propria indipendenza e il possesso delle competenze e della disponibilità di tempo necessarie per lo svolgimento dell'incarico, entro due giorni lavorativi dalla ricezione della nomina, comunica all'imprenditore l'accettazione e contestualmente inserisce nella piattaforma la dichiarazione di accettazione e una dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, sul possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 16, comma 1. In caso contrario ne dà comunicazione riservata al soggetto che l'ha nominato perché provveda alla sua sostituzione. L'esperto non può assumere più di due incarichi contemporaneamente. 5. L'esperto, accettato l'incarico, convoca senza indugio l'imprenditore per valutare l'esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall'organo di controllo e dal revisore legale, ove in carica. L'imprenditore partecipa personalmente e può farsi assistere da consulenti. Se ritiene che le prospettive di risanamento sono concrete l'esperto incontra le altre parti interessate al processo di risanamento e prospetta le possibili strategie di intervento fissando i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata. Se non ravvisa concrete prospettive di risanamento, all'esito della convocazione o in un momento successivo, l'esperto ne dà notizia all'imprenditore e al segretario generale della camera di commercio che dispone l'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata entro i successivi cinque giorni lavorativi. Nel corso delle trattative l'esperto può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa o se è alterato l’equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute. Le parti sono tenute a collaborare tra loro per rideterminare il contenuto del contratto o adeguare le prestazioni alle mutate condizioni. 6. Entro tre giorni dalla comunicazione della convocazione le parti possono presentare osservazioni sull'indipendenza dell'esperto al segretario generale della camera di commercio il quale riferisce senza indugio alla commissione perché, valutate le circostanze esposte e sentito l'esperto, se lo ritiene opportuno provveda alla sua sostituzione entro i successivi cinque giorni lavorativi. Allo stesso modo la commissione procede se l’imprenditore e le parti interessate formulano osservazioni sull’operato dell’esperto. 7. L'incarico dell'esperto si considera concluso se, decorsi centottanta giorni dalla accettazione della nomina, le parti non hanno individuato, anche a seguito di sua proposta, una soluzione adeguata per il superamento delle condizioni di cui all'articolo 12, comma 1. L'incarico può proseguire per non oltre centottanta giorni quando tutte le parti lo richiedono e l'esperto vi acconsente, oppure quando la prosecuzione dell'incarico è resa necessaria dal ricorso dell'imprenditore al tribunale ai sensi degli articoli 19 e 22. In caso di sostituzione dell'esperto o nell'ipotesi di cui all'articolo 25, comma 7, il termine di cui al primo periodo decorre dall'accettazione del primo esperto nominato. 8. Al termine dell'incarico l'esperto redige una relazione finale che inserisce nella piattaforma e comunica all'imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari di cui agli articoli 18 e 19, al giudice che le ha emesse, che ne dichiara cessati gli effetti. Eseguiti gli adempimenti di cui al primo periodo, l’esperto ne dà comunicazione al segretario generale della camera di commercio per l'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata. 9. In caso di archiviazione dell'istanza di cui al comma 1, l'imprenditore non può presentare una nuova istanza prima di un anno dall'archiviazione. Se l’archiviazione è richiesta dall’imprenditore con istanza depositata con le modalità previste nel comma 1 entro due mesi dall’accettazione dell’esperto, il termine di cui al primo periodo è ridotto, per una sola volta, a quattro mesi. 10. Ai costi che gravano sulle camere di commercio per consentire il funzionamento della procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa si provvede mediante il versamento, a carico dell'impresa che propone l'istanza, di diritti di segreteria determinati ai sensi dell'articolo 18 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
Art. 18 1. L'imprenditore può chiedere, con l'istanza di nomina dell'esperto o con successiva istanza presentata con le modalità di cui all'articolo 17, comma 1, l'applicazione di misure protettive del patrimonio. L'istanza di applicazione delle misure protettive è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all'accettazione dell'esperto e, dal giorno della pubblicazione, i creditori interessati non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l'imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa. Non sono inibiti i pagamenti. 2. Con l'istanza di cui al comma 1, l'imprenditore inserisce nella piattaforma telematica una dichiarazione sull'esistenza di misure esecutive o cautelari disposte nei suoi confronti e un aggiornamento sui ricorsi indicati nella dichiarazione resa ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera d). 3. Con l’istanza di cui al comma 1, l’imprenditore può chiedere che l’applicazione delle misure protettive sia limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori. Sono esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori. 4. Dal giorno della pubblicazione dell'istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata, salvo che il tribunale disponga la revoca delle misure protettive. Restano fermi i provvedimenti già concessi ai sensi dell’articolo 54, comma 1. 5. I creditori nei cui confronti operano le misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell'istanza di cui al comma 1. I medesimi creditori possono sospendere l’adempimento dei contratti pendenti dalla pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 fino alla conferma delle misure richieste.
Art. 19 1. Quando l'imprenditore formula la richiesta di cui all'articolo 18, comma 1, con ricorso presentato al tribunale competente ai sensi dell'articolo 27, entro il giorno successivo alla pubblicazione dell'istanza e dell'accettazione dell'esperto, chiede la conferma o la modifica delle misure protettive e, ove occorre, l'adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative. Entro trenta giorni dalla pubblicazione di cui al medesimo articolo 18, comma 1, l'imprenditore chiede la pubblicazione nel registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato. L'omesso o il ritardato deposito del ricorso è causa di inefficacia delle misure previste dall'articolo 18, comma 1, e, decorso inutilmente il termine di cui al secondo periodo, l'iscrizione dell'istanza è cancellata dal registro delle imprese. 2. L'imprenditore, unitamente al ricorso, deposita: a) i bilanci degli ultimi tre esercizi oppure, quando non è tenuto al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell'IVA degli ultimi tre periodi di imposta; b) una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima del deposito del ricorso; c) l'elenco dei creditori, individuando i primi dieci per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi di posta elettronica certificata, se disponibili, oppure degli indirizzi di posta elettronica non certificata per i quali sia verificata o verificabile la titolarità della singola casella; d) un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’articolo 13, comma 2, un piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative che intende adottare; e) una dichiarazione avente valore di autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l'impresa può essere risanata; f) l'accettazione dell'esperto nominato ai sensi dell'articolo 13, commi 6, 7 e 8, con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata. 3. Il tribunale, entro dieci giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l'udienza, da tenersi preferibilmente con sistemi di videoconferenza. Il ricorso, unitamente al decreto, è notificato dal ricorrente, anche all’esperto, con le modalità indicate dal tribunale che prescrive, ai sensi dell'articolo 151 del codice di procedura civile, le forme di notificazione opportune per garantire la celerità del procedimento. Il tribunale, se verifica che il ricorso non è stato depositato nel termine previsto dal comma 1, dichiara con decreto motivato l'inefficacia delle misure protettive senza fissare l'udienza prevista dal primo periodo. Gli effetti protettivi prodotti ai sensi dell'articolo 18, comma 1, cessano altresì se, nel termine di cui al primo periodo, il giudice non provvede alla fissazione dell'udienza. Nei casi previsti dal terzo e quarto periodo la domanda può essere riproposta.
4. All'udienza il tribunale, sentite le parti e chiamato l'esperto a esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, nomina, se occorre, un ausiliario ai sensi dell'articolo 68 del codice di procedura civile e procede agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai provvedimenti cautelari richiesti ai sensi del comma 1 e ai provvedimenti di conferma, revoca o modifica delle misure protettive. Il tribunale può assumere informazioni dai creditori indicati nell’elenco di cui al comma 2, lettera c). Se le misure protettive o i provvedimenti cautelari richiesti incidono sui diritti dei terzi, devono essere sentiti. Il tribunale provvede con ordinanza con la quale stabilisce la durata, non inferiore a trenta e non superiore a centoventi giorni, delle misure protettive e, se occorre, dei provvedimenti cautelari disposti, tenendo conto delle misure eventualmente già concesse ai sensi dell’articolo 54, comma 1. Sentito l'esperto, il tribunale può limitare le misure a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori. 5. Il giudice che ha emesso i provvedimenti di cui al comma 4, su istanza delle parti e acquisito il parere dell'esperto, può prorogare la durata delle misure disposte per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative. La proroga non è concessa se il centro degli interessi principali dell’impresa è stato trasferito da un altro Stato membro nei tre mesi precedenti alla formulazione della richiesta di cui all’articolo 18, comma 1. La durata complessiva delle misure non può superare i duecentoquaranta giorni. 6. Su istanza dell'imprenditore, di uno o più creditori o su segnalazione dell'esperto, il giudice che ha emesso i provvedimenti di cui al comma 4 può, in qualunque momento, sentite le parti interessate, e in ogni caso a seguito dell’archiviazione dell’istanza ai sensi dell’articolo 17, commi 5 e 8, revocare le misure protettive e cautelari, o abbreviarne la durata, quando esse non soddisfano l'obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti. 7. I procedimenti disciplinati dal presente articolo si svolgono nella forma prevista dagli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile e il tribunale provvede in composizione monocratica con ordinanza comunicata dalla cancelleria al registro delle imprese entro il giorno successivo. Non si applicano l’articolo 669-octies, primo, secondo e terzo comma, e l’articolo 669-novies, primo comma, del codice di procedura civile. Contro l'ordinanza è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies del codice di procedura civile. 8. In caso di revoca o cessazione delle misure protettive, il divieto di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l'imprenditore viene meno a far data dalla revoca o dalla cessazione delle misure protettive.
Art. 20 1. Con l'istanza di nomina dell'esperto, o con dichiarazione successivamente presentata con le modalità di cui all'articolo 17, comma 1, l'imprenditore può dichiarare che, sino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata, non si applicano nei suoi confronti gli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, e 2482-ter del codice civile e non si verifica la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile. A tal fine, l'istanza o la dichiarazione sono pubblicate nel registro delle imprese e gli effetti di cui al primo periodo decorrono dalla pubblicazione. 2. Se l’imprenditore ha chiesto anche l’applicazione di misure protettive del patrimonio ai sensi degli articoli 18 e 19, la sospensione degli obblighi e delle cause di scioglimento prevista nel comma 1 cessa a partire dalla pubblicazione nel registro delle imprese del provvedimento con il quale il tribunale dichiara l’inefficacia delle misure richieste, ai sensi dell’articolo 19, comma 3, o ne dispone la revoca.
Art. 21 1. Nel corso delle trattative l'imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell'impresa. L'imprenditore in stato di crisi gestisce l'impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell'attività. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori. Restano ferme le responsabilità dell'imprenditore. 2. L'imprenditore informa preventivamente l'esperto, per iscritto, del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell'esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento. 3. L'esperto, quando ritiene che l'atto può arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, lo segnala per iscritto all'imprenditore e all'organo di controllo. 4. Se, nonostante la segnalazione, l'atto viene compiuto, l'imprenditore ne informa immediatamente l'esperto il quale, nei successivi dieci giorni, può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese. Quando l'atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori, l'iscrizione è obbligatoria. 5. Quando sono state concesse misure protettive o cautelari l'esperto, iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, procede alla segnalazione di cui all'articolo 19, comma 6.
Art. 22 (Autorizzazioni del tribunale) 1. Su richiesta dell'imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può: a) autorizzare l'imprenditore a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell'articolo 6; b) autorizzare l'imprenditore a contrarre finanziamenti dai soci prededucibili ai sensi dell'articolo 6; c) autorizzare una o più società appartenenti ad un gruppo di imprese di cui all'articolo 25 a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell'articolo 6; d) autorizzare l'imprenditore a trasferire in qualunque forma l'azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all'articolo 2560, secondo comma, del codice civile, dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti; resta fermo l'articolo 2112 del codice civile. Il tribunale verifica altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente. 2. Il procedimento di cui al comma 1 si svolge innanzi al tribunale competente ai sensi dell'articolo 27 che, sentite le parti interessate e assunte le informazioni necessarie, provvedendo, ove occorre, ai sensi dell'articolo 68 del codice di procedura civile, decide in composizione monocratica. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento. Art. 23 (Conclusione delle trattative) 1. Quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di cui all'articolo 12, comma 1, le parti possono, alternativamente: a) concludere un contratto, con uno o più creditori, che produce gli effetti di cui all'articolo 25-bis, comma 1, se, secondo la relazione dell'esperto di cui all'articolo 17, comma 8, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni; b) concludere la convenzione di moratoria di cui all’articolo 62; c) concludere un accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori e dall'esperto che produce gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lettera d), e 324. Con la sottoscrizione dell’accordo l’esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza. 2. Se all’esito delle trattative non è individuata una soluzione tra quelle di cui al comma 1, l’imprenditore può, in alternativa: a) predisporre il piano attestato di risanamento di cui all'articolo 56; b) domandare l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61. La percentuale di cui all'articolo 61, comma 2, lettera c), è ridotta al 60 per cento se il raggiungimento dell'accordo risulta dalla relazione finale dell'esperto; c) proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 25-sexies; d) accedere ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza disciplinati dal presente codice, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 o dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39. L’imprenditore agricolo può accedere agli strumenti di cui all’articolo 25-quater, comma 4.
Art. 24 1. Gli atti autorizzati dal tribunale ai sensi dell'articolo 22 conservano i propri effetti se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, un piano di ristrutturazione proposto ai sensi dell’articolo 64-bis omologato, l’apertura della liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 25-sexies omologato. 2. Non sono soggetti all'azione revocatoria di cui all'articolo 166, comma 2, gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere dall'imprenditore nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto, purché coerenti con l'andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti. 3. Gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti effettuati nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto sono in ogni caso soggetti alle azioni di cui agli articoli 165 e 166 se, in relazione ad essi, l'esperto ha iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese ai sensi dell'articolo 21, comma 4, o se il tribunale ha rigettato la richiesta di autorizzazione presentata ai sensi dell'articolo 22. 4. Nelle ipotesi disciplinate dai commi 1, 2 e 3 resta ferma la responsabilità dell'imprenditore per gli atti compiuti. 5. Le disposizioni di cui agli articoli 322, comma 3, e 323 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto in coerenza con l'andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell'impresa valutata dall'esperto ai sensi dell'articolo 17, comma 5, purché non siano state effettuate le iscrizioni previste dall’articolo 21, comma 4. Le disposizioni di cui al primo periodo non si applicano inoltre ai pagamenti e alle operazioni autorizzati dal tribunale a norma dell'articolo 22.
Art. 25 (Conduzione delle trattative in caso di gruppo di imprese) 1. Più imprese che si trovano nelle condizioni indicate nell'articolo 12, comma 1, appartenenti al medesimo gruppo e che hanno, ciascuna, il proprio centro degli interessi principali nel territorio dello Stato possono chiedere al segretario generale della camera di commercio la nomina dell'esperto indipendente di cui all'articolo 12, comma 2. La nomina avviene con le modalità di cui all'articolo 13. 2. L'istanza è presentata alla camera di commercio ove è iscritta la società o l'ente, avente il proprio centro degli interessi principali nel territorio dello Stato, che, in base alla pubblicità prevista dall'articolo 2497-bis del codice civile, esercita l'attività di direzione e coordinamento oppure, in mancanza, l'impresa avente il proprio centro degli interessi principali nel territorio dello Stato che presenta la maggiore esposizione debitoria, costituita dalla voce D del passivo nello stato patrimoniale prevista dall'articolo 2424 del codice civile in base all'ultimo bilancio approvato e inserito nella piattaforma telematica ai sensi del comma 4. 3. L'imprenditore inserisce nella piattaforma telematica di cui all'articolo 13, oltre alla documentazione indicata nell'articolo 17, comma 3, una relazione contenente informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali, l'indicazione del registro delle imprese o dei registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità ai sensi dell'articolo 2497-bis del codice civile e il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto. 4. Le misure protettive e cautelari di cui agli articoli 18 e 19 sono adottate dal tribunale competente ai sensi dell'articolo 27 rispetto alla società o all'ente che, in base alla pubblicità prevista dall'articolo 2497-bis del codice civile, esercita l'attività di direzione e coordinamento oppure, in mancanza, rispetto all'impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria come definita nel comma 2. 5. L'esperto assolve ai compiti di cui all'articolo 12, comma 2, in modo unitario per tutte le imprese che hanno presentato l'istanza, salvo che lo svolgimento congiunto non renda eccessivamente gravose le trattative. In tal caso può svolgere le trattative per singole imprese. 6. Le imprese partecipanti al gruppo che non si trovano nelle condizioni indicate nell' articolo 12, comma 1, possono, anche su invito dell'esperto, partecipare alle trattative. 7. Quando le imprese appartenenti ad un medesimo gruppo presentano più istanze ai sensi dell'articolo 12, comma 1, e gli esperti nominati, sentiti i richiedenti e i creditori, propongono che la composizione negoziata si svolga in modo unitario oppure per più imprese appositamente individuate, la composizione prosegue con l'esperto designato di comune accordo fra quelli nominati. In difetto di designazione, la composizione prosegue con l'esperto nominato a seguito della prima istanza presentata. 8. I finanziamenti eseguiti in favore di società controllate oppure sottoposte a comune controllo, in qualsiasi forma pattuiti dopo la presentazione dell'istanza di cui all'articolo 17, sono esclusi dalla postergazione di cui agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, sempre che l'imprenditore abbia informato preventivamente l'esperto ai sensi dell'articolo 21, comma 2, e che l'esperto, dopo avere segnalato che l'operazione può arrecare pregiudizio ai creditori, non abbia iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, ai sensi dell'articolo 21, comma 4. 9. Al termine delle trattative, le imprese del gruppo possono stipulare, in via unitaria, uno dei contratti, convenzioni o accordi, di cui all'articolo 23, comma 1, ovvero accedere, separatamente o in via unitaria, alle soluzioni di cui all'articolo 23.
Art. 25-bis (Misure premiali) 1. Dall'accettazione dell'incarico da parte dell'esperto e sino alla conclusione delle trattative con una delle soluzioni previste dall'articolo 23, commi 1 e 2, lettera b), gli interessi che maturano sui debiti tributari dell'imprenditore sono ridotti alla misura legale. 2. Le sanzioni tributarie per le quali è prevista l'applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell'ufficio che le irroga, sono ridotte alla misura minima se il termine per il pagamento scade dopo la presentazione della istanza di cui all'articolo 17. 3. Le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari sorti prima del deposito dell'istanza di cui all'articolo 17 e oggetto della composizione negoziata sono ridotti della metà nelle ipotesi previste dall'articolo 23, comma 2. 4. In caso di pubblicazione nel registro delle imprese del contratto di cui all'articolo 23, comma 1, lettera a), e dell'accordo di cui all'articolo 23, comma 1, lettera c), l'Agenzia delle entrate concede all'imprenditore che lo richiede, con istanza sottoscritta anche dall'esperto, un piano di rateazione fino ad un massimo di settantadue rate mensili delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d'imposta, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive non ancora iscritte a ruolo, e relativi accessori. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. La sottoscrizione dell'esperto costituisce prova dell'esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà. L'imprenditore decade automaticamente dal beneficio della rateazione anche in caso di successivo deposito di ricorso ai sensi dell'articolo 40 o in caso di apertura della procedura di liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata o di accertamento dello stato di insolvenza oppure in caso di mancato pagamento anche di una sola rata alla sua scadenza. 5. Dalla pubblicazione nel registro delle imprese del contratto e dell'accordo di cui all'articolo 23, comma 1, lettere a) e c), o degli accordi di cui all'articolo 23, comma 2, lettera b), si applicano gli articoli 88, comma 4-ter, e 101, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. 6. Nel caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata o nel caso di accertamento dello stato di insolvenza, gli interessi e le sanzioni sono dovuti senza le riduzioni di cui ai commi 1 e 2.
Art. 25-ter (Compenso dell'esperto) 1. Il compenso dell'esperto è determinato, tenuto conto dell'opera prestata, della sua complessità, del contributo dato nella negoziazione e della sollecitudine con cui sono state condotte le trattative, in percentuale sull'ammontare dell'attivo dell'impresa debitrice secondo i seguenti scaglioni: a) fino a euro 100.000,00, dal 4,00 al 6,00 per cento; b) da euro 100.000,01 e fino a euro 500.000,00, dall’1,00 all’1,50 per cento; c) da euro 500.000,01 e fino a euro 1.000.000,00, dallo 0,50 allo 0,80 per cento; d) da euro 1.000.000,01 e fino a euro 2.500.000,00, dallo 0,25 allo 0,43 per cento; e) da euro 2.500.000,01 e fino a euro 50.000.000,00, dallo 0,05 allo 0,10 per cento; f) da euro 50.000.000,01 e fino a euro 400.000.000,00, dallo 0,010 allo 0,025 per cento; g) da euro 400.000.000,01 e fino a euro 1.300.000.000,00, dallo 0,002 allo 0,008 per cento; h) sulle somme eccedenti euro 1.300.000.000,00, dallo 0,005 allo 0,002 per cento. 2. In caso di composizione negoziata condotta ai sensi dell'articolo 25 in modo unitario per tutte o alcune delle imprese che hanno presentato l'istanza di cui all'articolo 17, il compenso dell'esperto designato è determinato esclusivamente tenendo conto della percentuale sull'ammontare dell'attivo di ciascuna impresa istante partecipante al gruppo. 3. Il compenso complessivo non può essere, in ogni caso, inferiore a euro 4.000,00 e superiore a euro 400.000,00. 4. L'importo di cui al comma 1 è rideterminato, fermi i limiti di cui al comma 3, come di seguito indicato: a) se il numero dei creditori e delle parti interessate che partecipano alle trattative è compreso tra ventuno e cinquanta, il compenso è aumentato del 25 per cento; b) se il numero dei creditori e delle parti interessate che partecipano alle trattative è superiore a cinquanta, il compenso è aumentato del 35 per cento; c) se il numero dei creditori e delle parti interessate che partecipano alle trattative non è superiore a cinque, il compenso è ridotto del 40 per cento; d) in caso di vendita del complesso aziendale o di individuazione di un acquirente da parte dell'esperto, il compenso è aumentato del 10 per cento. 5. I lavoratori e le rappresentanze sindacali non sono considerati nel numero dei creditori e delle altre parti interessate ai fini del riconoscimento degli aumenti di cui al comma 4, lettere a) e b); all'esperto comunque spetta il compenso di euro 100,00 per ogni ora di presenza risultante dai rapporti redatti ai sensi dell'articolo 4, comma 3, quinto periodo. 6. Il compenso è aumentato del 100 per cento in tutti i casi in cui, anche successivamente alla redazione della relazione finale di cui all'articolo 17, comma 8, si concludono il contratto, la convenzione o gli accordi di cui all'articolo 23, commi 1 e 2, lettera b). 7. Se l'esperto sottoscrive l'accordo di cui all'articolo 23, comma 1, lettera c), gli spetta un ulteriore incremento del 10 per cento sul compenso determinato ai sensi del comma 6. 8. In deroga a quanto previsto dal comma 3, il compenso è liquidato in euro 500,00 quando l'imprenditore non compare davanti all'esperto oppure quando è disposta l'archiviazione subito dopo il primo incontro. 9. Le percentuali di cui al comma 1 sono calcolate sulla media dell'attivo risultante dagli ultimi tre bilanci o, in mancanza, sull’attivo risultante dalla situazione patrimoniale e finanziaria depositata ai sensi dell’articolo 17, comma 3, lettera a). Se l'attività è iniziata da meno di tre anni, la media è calcolata sui bilanci depositati dal suo inizio. 10. All'esperto è dovuto il rimborso delle spese necessarie per l'adempimento dell'incarico, purché accompagnate dalla corrispondente documentazione. Non sono rimborsati gli esborsi sostenuti per la remunerazione dei soggetti dei quali l'esperto si è avvalso ai sensi dell'articolo 16, comma 2. 11. In mancanza di accordo tra le parti, il compenso è liquidato dalla commissione di cui all'articolo 13, comma 6, ed è a carico dell'imprenditore. Il provvedimento costituisce prova scritta idonea a norma dell'articolo 633, primo comma, numero 1), del codice di procedura civile nonché titolo per la concessione dell'esecuzione provvisoria ai sensi dell'articolo 642 del codice di procedura civile. 12. Il compenso dell'esperto è prededucibile ai sensi dell'articolo 6. 13. Dopo almeno sessanta giorni dall'accettazione dell'incarico, su richiesta dell'esperto, può essere disposto in suo favore un acconto in misura non superiore ad un terzo del presumibile compenso finale, tenendo conto dei risultati ottenuti e dell'attività prestata. Art. 25-quater (Imprese sotto soglia) 1. L'imprenditore commerciale e agricolo, che presenta congiuntamente i requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d) e che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza, può chiedere la nomina dell'esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa. 2. L'istanza è presentata al segretario generale della camera di commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell'impresa unitamente ai documenti di cui all'articolo 17, comma 3, lettere a), c), d), e), f), g) e h), e nelle forme previste dall’articolo 17, comma 1. La dichiarazione di cui all’articolo 17, comma 3, lettera d), riguarda la pendenza di una procedura di liquidazione controllata e contiene l’attestazione di non avere depositato ricorso ai sensi dell’articolo 74 e, per le imprese agricole, anche ai sensi dell’articolo 57. La nomina dell'esperto avviene ad opera del segretario generale al quale è presentata l'istanza. 3. Se all’esito delle trattative è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di cui al comma 1, le parti possono, alternativamente: a) concludere un contratto privo di effetti nei confronti dei terzi e idoneo ad assicurare la continuità aziendale; b) concludere un accordo avente il contenuto dell'articolo 62; c) concludere un accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori e dall'esperto, idoneo a produrre gli effetti di cui all’articolo 25-bis, comma 5. Con la sottoscrizione dell’accordo l’esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza. 4. Se all'esito delle trattative non è possibile raggiungere l'accordo, l'imprenditore può: a) proporre la domanda di concordato minore di cui all’articolo 74; b) chiedere la liquidazione controllata dei beni ai sensi dell'articolo 268; c) proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 25-sexies; d) per la sola impresa agricola, domandare l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61. 5. Si applicano, per quanto non specificamente previsto dalle disposizioni del presente articolo, gli articoli 12, 13, commi 1,2, 3, 6. Gli atti autorizzati dal tribunale ai sensi dell'articolo 22 conservano i propri effetti se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato minore omologato, l’apertura della liquidazione controllata o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 25-sexies omologato. 7. Il compenso dell'esperto è liquidato, ai sensi dell’articolo 25-ter, dal responsabile dell'organismo di composizione della crisi o dal segretario generale della camera di commercio che lo ha nominato. Art. 25-quinquies 1. L'istanza di cui all'articolo 17, non può essere presentata dall'imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), 54, comma 3, e 74. L’istanza non può essere altresì presentata nel caso in cui l’imprenditore, nei quattro mesi precedenti l’istanza medesima, abbia rinunciato alle domande indicate nel primo periodo.
Capo II Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito della composizione negoziata
Art. 25-sexies (Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio) 1. Quando l'esperto nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell'articolo 23, commi 1 e 2, lettera b) non sono praticabili, l'imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all'articolo 17, comma 8, una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell'articolo 39. La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi. 2. L'imprenditore chiede l'omologazione del concordato con ricorso presentato al tribunale del luogo in cui l'impresa ha il proprio centro degli interessi principali. Il ricorso è comunicato al pubblico ministero e pubblicato, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo alla data del deposito in cancelleria. Dalla data della pubblicazione del ricorso si producono gli effetti di cui agli articoli 6, 46, 94 e 96. 3. Il tribunale, valutata la ritualità della proposta, acquisiti la relazione finale di cui al comma 1 e il parere dell'esperto con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte, nomina un ausiliario ai sensi dell'articolo 68 del codice di procedura civile, assegnando allo stesso un termine per il deposito del parere di cui al comma 4. L'ausiliario fa pervenire l'accettazione dell'incarico entro tre giorni dalla comunicazione. All'ausiliario si applicano le disposizioni di cui agli articoli 35, comma 4-bis, e 35.1 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Si osservano altresì le disposizioni di cui all'articolo 35.2 del citato decreto legislativo n. 159 del 2011. 4. Con il medesimo decreto il tribunale ordina che la proposta, unitamente al parere dell'ausiliario e alla relazione finale e al parere dell'esperto, sia comunicata a cura del debitore ai creditori risultanti dall'elenco depositato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, ove possibile a mezzo posta elettronica certificata o, in mancanza, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione e fissa l'udienza per l'omologazione. Tra la scadenza del termine concesso all'ausiliario ai sensi del comma 3 e l'udienza di omologazione devono decorrere non meno di quarantacinque giorni. I creditori e qualsiasi interessato possono proporre opposizione all'omologazione costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell'udienza fissata. 5. Il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d'ufficio, omologa il concordato quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, rileva che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale e comunque assicura un'utilità a ciascun creditore. 6. Il tribunale provvede con decreto motivato, immediatamente esecutivo. Il decreto, pubblicato a norma dell'articolo 45 è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre reclamo alla corte di appello ai sensi dell'articolo 247. 7. Contro il decreto della corte d'appello può essere proposto ricorso per cassazione entro trenta giorni dalla comunicazione. 8. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 106, 117, 118, 119, 324 e 341, sostituita la figura del commissario giudiziale con quella dell'ausiliario. Ai fini di cui all'articolo 106 , il decreto di cui al comma 4 equivale all'ammissione al concordato.
Art. 25-septies 1. Il tribunale nomina, con il decreto di omologazione, un liquidatore. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 114. 2. Quando il piano di liquidazione di cui all'articolo 25-sexies comprende un'offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell'azienda o di uno o più rami d'azienda o di specifici beni, il liquidatore giudiziale, verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all'offerta e alla vendita si applicano gli articoli da 2919 a 2929 del codice civile. 3. Quando il piano di liquidazione prevede che il trasferimento debba essere eseguito prima della omologazione, all'offerta dà esecuzione l'ausiliario, verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, con le modalità di cui al comma 2, previa autorizzazione del tribunale.
Capo III Segnalazioni per la anticipata emersione della crisi e programma informatico di verifica della sostenibilità del debito e di elaborazione di piani di rateizzazione
Art. 25-octies 1. L'organo di controllo societario segnala, per iscritto, all'organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell'istanza di cui all'articolo 17. La segnalazione è motivata, è trasmessa con mezzi che assicurano la prova dell'avvenuta ricezione e contiene la fissazione di un congruo termine, non superiore a trenta giorni, entro il quale l'organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese. In pendenza delle trattative, rimane fermo il dovere di vigilanza di cui all'articolo 2403 del codice civile. 2. La tempestiva segnalazione all'organo amministrativo ai sensi del comma 1 e la vigilanza sull'andamento delle trattative sono valutate ai fini della responsabilità prevista dall'articolo 2407 del codice civile.
Art. 25-novies (Segnalazioni dei creditori pubblici qualificati) 1. L'Istituto nazionale della previdenza sociale, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle entrate-Riscossione segnalano all'imprenditore e, ove esistente, all'organo di controllo, nella persona del presidente del collegio sindacale in caso di organo collegiale, a mezzo di posta elettronica certificata o, in mancanza, mediante raccomandata con avviso di ricevimento inviata all'indirizzo risultante dall'anagrafe tributaria: a) per l'Istituto nazionale della previdenza sociale, il ritardo di oltre novanta giorni nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore: 1) per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30 per cento di quelli dovuti nell'anno precedente e all'importo di euro 15.000; 2) per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all'importo di euro 5.000; b) per l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l'esistenza di un debito per premi assicurativi scaduto da oltre novanta giorni e non versato superiore all'importo di euro 5.000; c) per l'Agenzia delle entrate, l'esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all'imposta sul valore aggiunto, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, superiore all'importo di euro 5.000; d) per l'Agenzia delle entrate-Riscossione, l'esistenza di crediti affidati per la riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni, superiori, per le imprese individuali, all'importo di euro 100.000, per le società di persone, all'importo di euro 200.000 e, per le altre società, all'importo di euro 500.000. 2. Le segnalazioni di cui al comma 1 sono inviate: a) dall'Agenzia delle entrate, entro sessanta giorni dal termine di presentazione delle comunicazioni di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010; b) dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e dall'Agenzia delle entrate-Riscossione, entro sessanta giorni decorrenti dal verificarsi delle condizioni o dal superamento degli importi indicati nel medesimo comma 1. 3. Le segnalazioni di cui al comma 1 contengono l’invito alla presentazione dell’istanza di cui all'articolo 17, comma 1, se ne ricorrono i presupposti. 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano: a) con riferimento all'Istituto nazionale della previdenza sociale e all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, in relazione ai debiti accertati a decorrere dal 1° gennaio 2022, per il primo, e ai debiti accertati a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto per il secondo; b) con riferimento all'Agenzia delle entrate, in relazione ai debiti risultanti dalle comunicazioni periodiche relative al primo trimestre dell'anno 2022; c) con riferimento all'Agenzia delle entrate-Riscossione, in relazione ai carichi affidati all'agente della riscossione a decorrere dal 1° luglio 2022.
Art. 25-decies (Obblighi di comunicazione per banche e intermediari finanziari) 1. Le banche e gli altri intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico bancario, nel momento in cui comunicano al cliente variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti, ne danno notizia anche agli organi di controllo societari, se esistenti.
Art. 25-undecies (Istituzione di programma informatico di verifica della sostenibilità del debito e per l’elaborazione di piani di rateizzazione automatici) 1. Sulla piattaforma di cui all’articolo 13 è disponibile un programma informatico gratuito che elabora i dati necessari per accertare la sostenibilità del debito esistente e che consente all’imprenditore di condurre il test pratico di cui all’articolo 13, comma 2, per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento. 2. Se l’indebitamento complessivo dell’imprenditore non supera i 30.000 euro e, all’esito dell’elaborazione condotta dal programma di cui al comma 1, tale debito risulta sostenibile, il programma elabora un piano di rateizzazione. L’imprenditore comunica la rateizzazione ai creditori interessati avvertendoli che, se non manifestano il proprio dissenso entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, il piano si intenderà approvato e verrà eseguito secondo le modalità e i tempi nello stesso indicati. Sono fatte salve le disposizioni in materia di crediti di lavoro e di riscossione dei crediti fiscali e previdenziali. Restano ferme le responsabilità per l’inserimento nel programma di dati o informazioni non veritieri. 3. Le informazioni e i dati da inserire nel programma informatico, le specifiche tecniche per il suo funzionamento e le modalità di calcolo del tasso di interesse applicabile ai crediti rateizzati sono definiti con decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto».
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(Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Art. 28
(Trasferimento del centro degli interessi principali)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo IV, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo IV, Sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Art. 40
(Domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale)
1) al primo periodo, le parole: «su istanza di parte,» sono soppresse e la parola «quella» è sostituita dalle parole «la parte»;
2) il secondo periodo è soppresso.
«Art. 44
(Accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza con riserva di deposito di documentazione)
«Art. 47
(Apertura del concordato preventivo)
«Art. 48
(Procedimento di omologazione)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo III, Capo IV, Sezione III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Art. 54
(Misure cautelari e protettive)
«Art. 55
(Procedimento)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo I, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo I, Sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
b) alla rubrica, dopo le parole «Effetti degli accordi sulla disciplina societaria» sono aggiunte le seguenti: «e sui contratti in caso di concessione di misure protettive».
(Inserimento del Capo I-bis del Titolo IV della Parte Prima del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Capo I-bis
(Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione)
Art. 64-bis
(Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione)
Art. 64-ter
(Mancata approvazione di tutte le classi)
Art. 64-quater
(Conversione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione in concordato preventivo)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo II, Sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo II, Sezione III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
a) è stata disposta la sospensione generale delle azioni esecutive individuali e la nomina appare necessaria per tutelare gli interessi delle parti;
b) è proposta domanda di concordato in continuità aziendale, con omologazione da pronunciarsi ai sensi dell’articolo 112, comma 2;
c) la nomina è richiesta dal debitore.»;
c) al comma 4, dopo le parole «posta elettronica certificata» sono inserite le seguenti: «o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato,».
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Art. 84
(Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano)
«Art. 85
(Suddivisione dei creditori in classi)
«Art. 86
(Moratoria nel concordato in continuità)
«Art. 87
(Contenuto del piano di concordato)
l) le parti interessate dal piano, indicate individualmente o descritte per categorie di debiti, e l’ammontare dei relativi crediti e interessi, con indicazione dell’ammontare eventualmente contestato;
m) le classi in cui le parti interessate sono state suddivise ai fini del voto, con indicazione dei criteri di formazione utilizzati, del valore dei rispettivi crediti e degli interessi di ciascuna classe;
n) le eventuali parti non interessate dal piano, indicate individualmente o descritte per categorie di debiti, unitamente a una descrizione dei motivi per i quali non sono interessate;
o) le modalità di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori nonché gli effetti della ristrutturazione sui rapporti di lavoro, sulla loro organizzazione o sulle modalità di svolgimento delle prestazioni;
p) l'indicazione del commissario giudiziale ove già nominato.
2. Nella domanda il debitore indica le ragioni per cui la proposta concordataria è preferibile rispetto alla liquidazione giudiziale.
3. Il debitore deposita, con la domanda, la relazione di un professionista indipendente, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano e, in caso di continuità aziendale, che il piano è atto a impedire o superare l’insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell’impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano.».
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Art. 94-bis
(Disposizioni speciali per i contratti pendenti nel concordato in continuità aziendale)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione V, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Art. 109
(Maggioranza per l'approvazione del concordato)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione VI, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Art. 112
(Giudizio di omologazione)
(Inserimento della sezione VI-bis del Capo III del Titolo IV della Parte Prima del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
«Sezione VI-bis
(Degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza delle società)
Art. 120-bis
(Accesso)
Art. 120-ter
(Classamento dei soci e dei titolari di strumenti finanziari)
Art. 120-quater
(Condizioni di omologazione del concordato con attribuzioni ai soci)
Art. 120-quinquies
(Esecuzione)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo I, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo I, Sezione III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo I, Sezione IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo IV sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo IV, sezione II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
1) al primo periodo, dopo le parole «anche avvalendosi di soggetti specializzati,» sono inserite le seguenti: «sulla base delle stime effettuate ai sensi del comma 1, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati» e le parole «con le modalità stabilite con ordinanza dal giudice delegato» sono soppresse;
2) dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Il curatore informa il giudice delegato dell’andamento delle attività di liquidazione nelle relazioni di cui all’articolo 130, comma 9.»;
b. il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Il curatore può proporre nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili.»;
c. il comma 5 è sostituito dal seguente: «5. Il curatore effettua la pubblicità, sul portale delle vendite pubbliche, dell’avviso contenente tutti i dati che possono interessare il pubblico o della ordinanza di vendita e di ogni altro atto o documento ritenuto utile e può ricorrere anche a ulteriori forme di pubblicità idonee ad assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati, da effettuarsi almeno trenta giorni prima della vendita. Il termine può essere ridotto, previa autorizzazione del giudice delegato, esclusivamente nei casi di assoluta urgenza.»;
d. al comma 7 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al primo periodo, dopo le parole «L'offerta non è efficace se perviene oltre il termine stabilito» sono inserite le seguenti: «nell’avviso di cui al comma 5 o»;
2) al secondo periodo, dopo le parole «Le offerte di acquisto sono efficaci anche se inferiori di non oltre un quarto al prezzo stabilito» sono inserite le seguenti: «nell’avviso di cui al comma 5 o»;
e. al comma 9, come modificato dall’articolo 25, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 26 ottobre 2020, n. 147, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «della documentazione relativa alla vendita»;
f. dopo il comma 11 è aggiunto il seguente: «12. Con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti specializzati dei quali il curatore può avvalersi ai sensi del comma 2.».
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo VI, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo VIII, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo IX, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo V, Capo X, Sezione I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo VI, Capo I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo VI, Capo III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo VII, Capo II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo VII, Capo III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IX, Capo III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo IX, Capo IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo X, Capo I, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo X, Capo II, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo X, Capo III, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Prima, Titolo X, Capo IV, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
(Modifiche alla Parte Seconda del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)
CAPO II
DISPOSIZIONI DI COORDINAMENTO E ABROGAZIONI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE
(Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118)
1) il comma 1 è abrogato;
2) al comma 2, primo periodo, dopo le parole «L’esperto» sono inserite le seguenti: «di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14»;
3) al comma 3 le parole «I procedimenti di cui ai commi 1 e 2 si svolgono innanzi al tribunale competente ai sensi dell’articolo 9 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267» sono sostituite dalle seguenti: «Il procedimento di cui al comma 2 si svolge innanzi al tribunale competente ai sensi dell’articolo 27 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14»;
c. all’articolo 23:
1) il comma 2 è abrogato;
2) alla rubrica, le parole «. Limiti di accesso alla composizione negoziata» sono soppresse.
(Abrogazioni di disposizioni del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152)
(Abrogazioni di disposizioni del decreto legislativo 26 ottobre 2020, n. 147)
(Modifiche al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270)
d. all'articolo 43:
1. dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. Il debitore e i creditori ammessi possono chiedere la sostituzione del commissario straordinario per conflitto di interessi, indicandone nella richiesta le specifiche ragioni. Il Ministro dello sviluppo economico, sentito il comitato di sorveglianza, se ritiene fondata la richiesta, provvede alla nomina del nuovo commissario straordinario.
1-ter. Il debitore e i creditori ammessi possono altresì chiedere al comitato di sorveglianza la revoca dell’autorizzazione concessa al commissario straordinario ai sensi dell’articolo 41, comma 2, alla nomina per la designazione di coadiutori in presenza di conflitto di interessi, indicandone nella richiesta le specifiche ragioni. Il comitato di sorveglianza provvede sentito il commissario straordinario.»;
2. la rubrica è sostituita dalla seguente: «(Revoca e sostituzione del commissario straordinario e dei coadiutori)».
e. dopo l'articolo 76 è inserito il seguente:
«Articolo 76-bis
(Esdebitazione dei soci illimitatamente responsabili)
(Disposizioni transitorie)
(Entrata in vigore)
(Disposizioni finanziarie)
Il presente schema di decreto legislativo recepisce la direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza).
Le disposizioni dettate dalla direttiva intendono garantire il corretto funzionamento del mercato interno e il pieno esercizio delle libertà fondamentali di circolazione dei capitali e stabilimento, tramite l’armonizzazione delle legislazioni e procedure nazionali in materia di ristrutturazione preventiva, insolvenza, esdebitazione e interdizioni. La rimozione degli ostacoli esistenti rispetto al funzionamento del mercato ed alla fruizione delle libertà fondamentali da parte dei cittadini e delle realtà produttive è perseguita facendo salvi i diritti dei lavoratori e garantendo alle imprese e agli imprenditori che si trovano in difficoltà finanziaria la possibilità di accedere a misure nazionali efficaci in materia di ristrutturazione preventiva per la prosecuzione delle loro attività, laddove risanabili, e per essere esdebitati con procedimenti efficienti, tali cioè da garantire in un ragionevole lasso di tempo l’opportunità di rientrare nel ciclo produttivo.
Per raggiungere detti obiettivi, il legislatore europeo chiede la predisposizione di “quadri di ristrutturazione” - vale a dire misure e procedure volte al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, delle condizioni o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, quali la vendita di attività o di parti dell'impresa e la vendita dell'impresa in regime di continuità aziendale o anche una combinazione di questi elementi – per consentire ai debitori un risanamento precoce che possa prevenire l’insolvenza evitando che imprese sane vengano liquidate. Le stesse misure dovrebbero, nel contempo “impedire la perdita di posti di lavoro nonché la perdita di conoscenze e competenze e massimizzare il valore totale per i creditori, rispetto a quanto avrebbero ricevuto in caso di liquidazione degli attivi della società o nel caso del migliore scenario alternativo possibile in mancanza di un piano, così come per i proprietari e per l'economia nel suo complesso” (così considerando 1).
Del tutto speculare è l’esigenza che le imprese non risanabili vengano liquidate senza ritardo al fine di evitare che la ristrutturazione sia inefficace e finisca per aggravare la situazione di difficoltà in cui si trova il debitore, con accumulo di ulteriori perdite ai danni dei creditori, delle altre parti interessate dal processo di risanamento e del sistema economico in generale.
Rispetto agli scopi perseguiti di cui si è detto, il legislatore europeo evidenzia le principali differenze tra gli Stati membri che consistono: nel numero, a volte troppo limitato, di procedure messe a disposizione dei debitori in difficoltà economico-finanziaria; nell’inefficacia di molte procedure, che intervengono spesso in un momento in cui il risanamento non è più perseguibile e che non valorizzano le potenzialità del ricorso a strumenti stragiudiziali; nella diversità dei ruoli e poteri affidati all’autorità giudiziaria o amministrativa ed ai professionisti da queste nominate; nell’eccessivo divario nella concessione dell’esdebitazione tra i diversi ordinamenti (in termini di condizioni di accesso al beneficio e di tempi per la definizione del relativo procedimento); nella durata eccessiva delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, che diviene “un fattore determinante dei bassi tassi di recupero e dissuade gli investitori dall'operare nelle giurisdizioni in cui le procedure rischiano di durare troppo e di essere indebitamente dispendiose” (così considerando 6).
L’armonizzazione perseguita dalla direttiva (UE) 2019/1023 tende dunque, in primo luogo, a ridurre i costi per gli investitori - che devono poter anticipatamente valutare il rischio che corrono in caso di difficoltà economico-finanziaria delle imprese in cui investono - in termini di oneri da affrontare per eventuali operazioni di ristrutturazione da portare avanti in relazione a imprese, e gruppi di imprese, che hanno sedi, creditori o componenti patrimoniali nel territorio di uno o più Stati membri. L’incertezza su tali costi rappresenta infatti uno dei principali disincentivi ai finanziamenti ma anche un ostacolo alla libertà di stabilimento ed al corretto ed efficiente funzionamento del mercato interno e riverbera i suoi effetti negativi soprattutto sulle piccole e medie imprese, che non hanno i mezzi e le risorse organizzative per valutare i rischi di un’attività transfrontaliera. Sul punto, peraltro, il considerando 11 puntualizza che “Gli ostacoli all'esercizio di libertà fondamentali non si limitano alle situazioni puramente transfrontaliere. In un mercato interno sempre più interconnesso, in cui merci, servizi, capitali e lavoratori circolano liberamente, e con una dimensione digitale sempre più grande, le imprese puramente nazionali sono molto poche se si considerano tutti gli elementi rilevanti, quali la clientela, la catena di approvvigionamento, la portata delle attività, gli investitori e la base di capitale. Anche le situazioni di insolvenza puramente nazionali possono avere ripercussioni sul funzionamento del mercato interno attraverso il cosiddetto effetto domino dell'insolvenza, per cui l'insolvenza di un debitore può provocare l'insolvenza di altri soggetti della catena di approvvigionamento”.
Altro obiettivo è quello di ridurre le disparità esistenti nella concessione del credito e nei tassi di recupero, anch’esse collegate alle inefficienze sin qui esposte, per garantire un migliore funzionamento dell’Unione dei mercati dei capitali e ridurre i costi che i debitori devono sostenere per perseguire il proprio risanamento, aumentando la trasparenza e la certezza giuridica nel territorio.
Il termine di scadenza del recepimento della direttiva, indicato all’articolo 31, paragrafo 1, nel 17.7.2021, è stato prorogato di un anno, e dunque al 17.7.2022, in accoglimento della richiesta formulata dal Governo italiano ai sensi del paragrafo 2 dello stesso articolo 31.
Per effetto dell’articolo 31, comma 1[1], della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante “Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea”, e della delega conferita al Governo con la legge 22 aprile 2021, n. 53, recante “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019-2020”, il termine per il recepimento è il 17.3.2022.
L'articolo 31, comma 1, della legge n. 234 del 2012 dispone che, quando, come nel caso di specie, il termine di recepimento non è ancora decorso al momento dell’emanazione della legge di delegazione, le deleghe conferite al Governo vanno esercitate 4 mesi prima del termine di recepimento indicato in ciascuna direttiva ma il comma 3, quarto periodo, dello stesso articolo 31 citato, consente di prorogare di ulteriori tre mesi tale termine “Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 9 scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o successivamente”.
Nel caso di specie, dunque, la scadenza della delega secondo il comma 1 dell’articolo 31, prevista per il 17.3.2022, è da ritenersi prorogata al 17.6.2022.
Il 13 maggio 2022 è pervenuto il parere del Consiglio di Stato espresso a seguito dell’adunanza della Commissione speciale del 1 aprile 2022.
Il 26 maggio 2022 sono pervenuti i pareri non ostativi con osservazioni delle Commissioni 2° e 5° del Senato, il parere favorevole della 14° Commissione del Senato, i pareri favorevoli con osservazioni delle Commissioni II e XIV della Camera ed il parere favorevole con condizione della Commissione V della Camera.
La legge n. 53 del 2021 non detta principi e criteri direttivi specifici per l’attuazione della direttiva, inserita nell’allegato A di cui all’articolo 1, comma 1, della medesima legge.
Le disposizioni dello schema di decreto legislativo contengono, in applicazione degli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012, le norme di recepimento della direttiva, le norme di semplificazione e riassetto normativo rese necessarie dall’intervento attuativo e, infine, le norme di coordinamento del Codice rispetto a tutte quelle disposizioni contenenti il riferimento a norme armonizzate oppure a denominazioni introdotte con il recepimento stesso.
Le modifiche apportate, dunque, tenuto conto che alcuni articoli contengono modifiche appartenenti a più di una tipologia tra quelle appena menzionate e considerando la complessità dell’intervento, possono essere, in linea generale, così suddivise:
Occorre altresì precisare, in via generale, che le disposizioni dei Capi 2, 3, 4 e 5 del Titolo I della direttiva – contenenti principi in materia di “Agevolazione delle trattative sul quadro di ristrutturazione preventiva”, di “Piano di ristrutturazione”, di “Tutela dei finanziamenti….e delle altre operazioni connesse alla ristrutturazione” e di “Obblighi dei dirigenti” – sono state attuate in prevalenza mediante la modifica dell’istituto del concordato preventivo in continuità aziendale ad eccezione delle previsioni di cui agli articoli 5, paragrafo 2, 6, paragrafo 5 e 7, paragrafi 4 e 5 della direttiva, attuate modificando la disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR).
Ciò in quanto la ristrutturazione è definita dalla direttiva come l’insieme delle “misure che intendono ristrutturare le attività del debitore che includono la modifica della composizione, delle condizioni o della struttura delle attività e delle passività del debitore o di qualsiasi altra parte della struttura del capitale del debitore, quali la vendita di attività o parti dell'impresa, e, se previsto dal diritto nazionale, la vendita dell'impresa in regime di continuità aziendale, come pure eventuali cambiamenti operativi necessari, o una combinazione di questi elementi” (articolo 2, paragrafo 1, n. 1). Tale definizione, che coincide con quella dell’articolo 84, comma 2, del Codice, lascia fuori il concordato meramente liquidatorio e ha quindi imposto di concentrarsi, rispetto alle disposizioni appena menzionate, su quello in continuità.
L’attuazione dell’articolo 5, paragrafo 2, e dell’articolo 6 paragrafo 5 della direttiva nell’ambito degli ADR si giustifica invece con l’impossibilità di inserire tali norme nella disciplina del concordato, con la quale sono del tutto incompatibili. Va in particolare considerato, in via meramente esemplificativa, che la nomina caso per caso del commissario giudiziale non è compatibile con lo spossessamento attenuato che caratterizza il concordato (elemento che impone una costante vigilanza sulla gestione dell’impresa) mentre l’esclusione dei lavoratori dalle misure protettive contrasta con i principi generali del concorso in quanto il vincolo che tale procedura crea sul patrimonio del debitore consentirebbe unicamente di attribuire ai lavoratori solo un privilegio di tipo processuale posto che le risorse ottenute con l’esecuzione individuale andrebbero comunque ripartite, nel rispetto della par condicio creditorum, solo nel concorso con gli altri creditori.
Tale modalità di attuazione è consentita dall’articolo 4, comma 5 che permette il recepimento in una o più procedure purché, come specifica il secondo comma della stessa norma, i diritti e le garanzie previsti nel Titolo II vengano attribuiti ai debitori ed alle parti interessate in maniera coerente.
La possibilità di passare dalla domanda di concordato con riserva alla domanda di omologazione di ADR prevista dall’articolo 44 del Codice e la possibilità, in caso di insuccesso degli accordi, di ricorrere al concordato preventivo, creano tra le due procedure il collegamento che implicitamente richiede l’articolo 4 e cioè la coerenza delle tutele complessivamente accordate che non priva le parti coinvolte nella procedura di alcun diritto o garanzia. Analoga forma di flessibilità, nel rispetto di quanto richiesto dalla direttiva, si ha con la possibilità di un passaggio dal piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, oltre che agli accordi di ristrutturazione, al concordato in continuità aziendale che consente la ristrutturazione trasversale.
Rispetto alle imprese minori ed alle imprese agricole, l’attuazione della direttiva passa attraverso il concordato minore ed in particolare con:
Per la puntuale individuazione delle disposizioni attuative rispetto alle singole prescrizioni della direttiva, si rinvia alla tabella di concordanza redatta, in ossequio a quanto previsto dalla legge n. 234 del 2012 (della quale il parere del Consiglio di Stato rileva l’assenza pur poi citandola nel formulare le proprie osservazioni sulle singole disposizioni).
Il provvedimento è suddiviso in due capi e si compone di 52 articoli.
Il Capo I è intitolato “Modifiche al Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14” e interviene appunto sul Codice della crisi, apportando le modifiche necessarie per renderlo conforme alla direttiva e le collegate modifiche di riassetto, semplificazione e coordinamento.
Esso contiene gli articoli da 1 a 42.
L'articolo 1 dello schema interviene sulla Parte Prima, Titolo 1, Capo 1, del Codice della crisi di impresa modificandone l'articolo 2, comma 1, al fine di adeguare le definizioni alle disposizioni e agli istituti introdotti in recepimento della direttiva UE 2019/1023. Sono state, in particolare, apportate le seguenti modificazioni:
- la definizione di “crisi” di cui alla lettera a), è stata sostituita con una definizione che tiene conto della modifica dell’articolo 3 sugli assetti organizzativi e che ricomprende le situazioni di squilibrio economico-finanziario e patrimoniale e le inquadra in una prospettiva temporale più ampia di quella presente nella disciplina degli indicatori della crisi originariamente dettata dal Codice e modificata con il presente schema di decreto legislativo, prospettiva ritenuta maggiormente idonea ad intercettare le situazioni di squilibrio che richiedono la pronta attivazione da parte dell'imprenditore. Non è stato recepito il suggerimento del Consiglio di Stato sull’inserimento, nella definizione, dei gradi di intensità della crisi, suggerimento che si fonda sul fatto che la composizione negoziata consente ora alle imprese di attivarsi anche in una fase di iniziale difficoltà non ancora definibile come crisi. Si rileva, sul punto, che, nell’impianto complessivamente delineato dallo schema di decreto legislativo, le situazioni di squilibrio qualificabili come “pre-crisi” sono gestibili con la sola composizione negoziata e non con le altre procedure; di conseguenza, modificando la definizione generale si potrebbero creare problemi interpretativi e applicativi rispetto alle procedure il cui presupposto è appunto la crisi conclamata come definita dalla norma in esame. La nozione inserita nello schema di decreto pare, dunque, idonea alla funzione generale che svolge, quale presupposto di tutte le procedure disciplinate dal Codice, mentre, per l’accesso al percorso di composizione negoziata, la formulazione del comma 1 dell’articolo 12 anticipa il momento rilevante stabilendo, senza possibili equivoci, che tale percorso consente all’imprenditore di attivarsi precocemente, e dunque ancor prima che lo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario sia degenerato in crisi;
- le definizioni di cui alle lettere g) e u) sono state abrogate in quanto, la prima, relativa alle “grandi imprese”, era richiamata soltanto nell’articolo 12, integralmente sostituito con disposizione che riguarda la composizione negoziata istituita con il decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 2021 n. 147, mentre la seconda si riferiva agli OCRI, anch'essi venuti meno con la modifica del Titolo II di cui si dirà di seguito e con la riscrittura dell'allerta, la soppressione degli indicatori della crisi e l’abrogazione della composizione assistita ivi disciplinati;
- è stata modificata la lettera h), contenente la definizione di gruppo di imprese, per recepire quella contenuta nell’articolo 13 del decreto-legge n. 118 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, e trasfusa con il presente schema di decreto legislativo all'interno del Titolo II, con la modifica dell’articolo 25;
- è stata inserita, con la lettera m-bis), la definizione di “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” in quanto espressione spesso ricorrente nel corpo normativo del Codice. La definizione consente inoltre di recepire la definizione di ristrutturazione contenuta nell'articolo 2, paragrafo 1, numero 1, della direttiva. L’espressione è stata modificata rispetto a quella dei “quadri di ristrutturazione preventiva” inserita nella versione dello schema di decreto approvato il 17.3.2022 per evitare i problemi applicativi che sarebbero sorti da una definizione che non comprendeva le procedure di risoluzione concordata della crisi e dell’insolvenza puramente liquidatorie non funzionali alla prosecuzione dell’attività. In particolare, la precedente definizione avrebbe lasciato fuori dalla disciplina generale, compresa quella del procedimento unitario, il concordato con cessione dei beni così creando un vuoto normativo molto difficile da colmare in via interpretativa. La maggiore articolazione della definizione inserita, che comprende anche le misure e gli strumenti per la liquidazione, anche atomistica, del patrimonio e delle attività, recepisce il suggerimento formulato dal Consiglio di Stato sulla precedente definizione volto a precisare con maggiore chiarezza l’estraneità della composizione negoziata rispetto alle procedure regolate dal Codice. Va infatti sottolineata la natura e la funzione della composizione negoziata, che rappresenta non una procedura ma un percorso di negoziazione, volontario e stragiudiziale, all’esito del quale il debitore può perseguire il risanamento dell’attività facendo ricorso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza disciplinati dal Codice (come previsto dall’articolo 23, nel testo modificato dal presente schema di decreto legislativo);
- le disposizioni contenute nelle lettere n), o) e q) sono state modificate in conseguenza dell’inserimento della definizione di “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, sostituita a quella, equivalente, di “procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza” utilizzata nel Codice;
- la lettera o-bis) contiene la definizione dell’esperto nominato per la conduzione delle trattative in cui si sostanzia la composizione negoziata, come da suggerimento del Consiglio di Stato. Si concorda sul fatto che tale definizione è resa necessaria dall’introduzione nel Codice degli istituti introdotti dal decreto-legge n. 118 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021. Rispetto alla definizione suggerita non è stata tuttavia utilizzata la parola “professionista” - in quanto, secondo quanto dispone l’articolo 13, l’esperto può essere anche un manager con esperienza nella ristrutturazione aziendale -, sono state utilizzate le parole “terzo e indipendente” per evidenziare la diversa natura di tale figura rispetto a quelle esistenti e sono stati inseriti i riferimenti normativi della composizione negoziata e della procedura di nomina al fine di collocare con precisione la definizione nell’ambito del Codice;
- la lettera p) è stata modificata accogliendo, con piccole modifiche di tipo redazionale, la proposta contenuta nel parere del Consiglio di Stato volta a ricomprende all’interno della definizione delle misure protettive anche quelle concesse nel corso della composizione negoziata;
- analoga modifica ha riguardato la lettera q), contenente la definizione delle misure cautelari, nella quale, seguendo il suggerimento contenuto nel parere n. 832/2022, è stato inserito il riferimento della strumentalità di tali misure anche alle trattative per includervi le misure previste, per la composizione negoziata, dal novellato articolo 19 del Codice.
Nel parere reso all’esito dell’adunanza del 1° aprile 2022 il Consiglio di Stato ha inoltre suggerito la modifica della definizione di insolvenza contenuta alla lettera b) dell’articolo 2, modificato dall’articolo 1 dello schema di decreto legislativo, come segue: “lo stato di crisi del debitore che si manifesta con gravi inadempimenti o altri fatti esteriori i quali dimostrino come altamente probabile che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. Rispetto a tale proposta si osserva che l'aggiunta delle parole “come altamente probabile” alla definizione attuale, motivata dall’esigenza di collegare la nozione di insolvenza alla definizione di crisi proposta, di cui si è detto in precedenza, non pare necessaria innanzitutto per il mancato accoglimento del suggerimento sulla definizione di crisi. Va inoltre evidenziata l’indubbia idoneità della definizione attuale, che corrisponde a quella dell'articolo 5 della legge fallimentare e che non ha mai dato adito a problemi interpretativi o applicativi.
La 2° Commissione Giustizia del Senato ha proposto, nel parere reso, l’inserimento della definizione di insolvenza colpevole. Sul punto si osserva che la nozione non rientra nella delega conferita per l’attuazione della direttiva 2019/1023 né negli interventi di coordinamento e razionalizzazione della materia resi possibili dalla legge n. 234 del 2012. Essa è, al contrario, del tutto asistematica e produttiva di rilevanti problemi applicativi e di compatibilità con il sistema non giustificandosi né nell’ottica di evitare l’apertura di una procedura di insolvenza né nell’ottica di evitare la responsabilità degli amministratori verso i creditori e verso la stessa società. Dal primo punto di vista, va considerato che l’impresa decotta, pur se incolpevolmente decotta, non può restare nel mercato per gli effetti distorsivi che produce nel mercato di riferimento e, quindi, nei confronti delle altre imprese. Dal secondo punto di vista, la responsabilità attiene al profilo risarcitorio ed è disciplinata dal codice civile (non essendo necessariamente collegata all’apertura di una procedura concorsuale). Si tratta di azione soggetta alle norme ed ai principi generali in materia di azioni di responsabilità oltre che ai consolidati e rigorosi principi giurisprudenziali dettati dalla Corte di Cassazione in materia, che impongono una valutazione sulla non imputabilità del danno e sul collegamento causale rispetto alle condotte che devono essere puntualmente contestate. Ne discende che la valutazione della condotta rispetto ad un danno non provocato dalla negligente gestione dell’impresa, come possono essere i danni collegati ad un’insolvenza che deriva dalla congiuntura economica sfavorevole quale quella in corso, assume caratteristiche peculiari rilevanti in tale accertamento, senza necessità di una definizione quale quella suggerita. E’ infine evidente che l’inserimento di una tale previsione dovrebbe essere accompagnato, in un corpo normativo quale quello del Codice e rispetto ai diversi e complessi istituti ivi disciplinati, da una dettagliata disciplina degli effetti collegati all’insolvenza incolpevole.
Il Consiglio di Stato ha inoltre suggerito la modifica della definizione del “professionista indipendente” di cui alla lettera o) dell’articolo 2 del Codice rilevando l’estraneità, rispetto alla funzione della definizione, dei requisiti di nomina inseriti nell’attuale formulazione della disposizione. Secondo la Sezione normativa, i requisiti che deve possedere l’esperto andrebbero infatti inseriti nel titolo di interesse del Codice.
La soluzione proposta non pare percorribile in un’ottica di semplificazione delle disposizioni del Codice, a causa del numero degli istituti, e quindi degli articoli di legge, che richiamano tale figura (articoli 13, 54, 56, 57, 62, 63, 64-bis, 84 – come modificato dallo schema di decreto -, 87, 88, commi 1 e 2, 90, 95, commi 2 e 4, 99, 100, commi 1 e 2, 240, 284 e 285) con conseguente appesantimento del testo delle norme appena menzionate. Si rappresenta inoltre che, volendo inserire i requisiti in esame nella prima delle norme rilevanti, vale a dire nel comma 3 dell’articolo 54 (l’articolo 13 contiene infatti un mero richiamo a tale figura), che disciplina le misure protettive richieste prima della domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione, il risultato sarebbe quello di rendere l’intero articolo ancor più complesso e poco intellegibile. Peraltro, l’inserimento nell’articolo 54, comma 3, imporrebbe forse, per ragioni di maggiore chiarezza e quindi per evitare dubbi interpretativi, di citare tale norma anche in tutte le altre disposizioni che si riferiscono alla figura del professionista indipendente.
In definitiva, si ritiene che la presenza dei requisiti nelle definizioni non crei dubbi interpretativi e consenta il più agevole e rapido richiamo al “professionista indipendente” nelle norme citate semplificando i relativi testi.
L’articolo 2 riguarda la Parte Prima, Titolo I, Capo II, e introduce le disposizioni di seguito indicate.
Il comma 1 interviene sull'articolo 3 del Codice, sostituendolo con disposizioni strettamente collegate alla riscrittura del Titolo II, di cui si dirà di seguito, e ai nuovi strumenti introdotti per consentire all'imprenditore di attivarsi tempestivamente, anche prima dell’insorgenza di una situazione di crisi per superare in maniera efficace le difficoltà insorte. Come si dirà meglio di seguito, la norma è stata oggetto delle osservazioni del Consiglio di Stato e della Commissione Giustizia della Camera.
La rubrica fa riferimento all’adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi per sottolineare la mutata natura del novellato articolo 3, la cui funzione è, come già detto e in attuazione dei principi contenuti nella direttiva, fornire all’imprenditore le indicazioni utili e necessarie per cogliere tempestivamente i primi segnali di difficoltà, anche prima diventino vera e propria crisi e di attivarsi per risolvere le problematiche insorte. Per tale motivo non viene recepita l’osservazione sulla rubrica formulata dal Consiglio di Stato, che suggerisce di reinserire la rubrica originaria sui “Doveri del debitore”. Tale modifica infatti avrebbe l’effetto, non voluto, di sottolineare la responsabilità collegata ad assetti inadeguati piuttosto che quello di evidenziare la diversa funzione, di cui si è detto, assegnata alla norma. Come risultato della riflessione sulla pertinenza e completezza della rubrica, stimolata dal suggerimento in esame, appare invece opportuno menzionare al suo interno anche le “misure” di cui al comma 1 e non solo gli assetti previsti dal comma 2.
Rispetto al contenuto delle modifiche apportate, si evidenzia che l'inserimento dei commi 3 e 4 nell’articolo 3, esplicita la funzione delle misure e degli assetti organizzativi previsti nei commi precedenti ed i segnali più significativi rispetto alla situazione di difficoltà in cui si può trovare l'impresa. La disposizione attua le previsioni dell’articolo 3 della direttiva in quanto chiarisce i termini e le condizioni in presenza dei quali l’imprenditore deve valutare se attivarsi ricorrendo ad uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, menzionando, tra di essi, anche le esposizioni debitorie in presenza delle quali il successivo articolo 25-novies prevede la segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati.
Anche il rilievo sulle disposizioni dell’articolo 3 contenuto nel parere della Commissione II Giustizia della Camera, unitamente alle osservazioni pervenute sull’articolo 25-novies sulle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati, delle quali si dirà in seguito, hanno evidenziato una lettura della norma non rispondente alla funzione appena esposta. Si è dunque ritenuto opportuno apportare ulteriori modifiche ai commi 3 e 4 per rendere ancor più chiaro che si tratta di disposizioni che si rivolgono all’imprenditore fornendogli le indicazioni utili per attivarsi ai primissimi segnali di difficoltà e non necessariamente segnali, di allarme, significativi di una situazione già compromessa. Tale è la ragione delle modifiche all’incipit e della lettera b) del comma 3 e all’incipit del comma 4 e la ragione per la quale non possono accogliersi le osservazioni volte a mutare l’entità delle esposizioni, come proposto dalla Commissione Giustizia della Camera, o l’entità dei debiti dei creditori pubblici qualificati richiamati nella lettera d) del comma 4 (sui quali si dirà meglio di seguito).
Al comma 3 della norma in esame sono state apportate anche le modifiche suggerite nel parere del Consiglio di Stato tra i “Rilievi formali” elencati nel paragrafo XI, con la precisazione che la modifica della lettera b) è avvenuta in modo non pienamente corrispondente a quanto suggerito. Invece di inserire la virgola e completare così l’elencazione contenuta nella disposizione, si ritiene preferibile inserire, prima delle parole “i segnali di cui al comma 4”, il verbo “rilevare” che meglio sostiene l’espressione successiva, rispetto al verbo “verificare” con il quale esordisce la lettera in esame. E’ invece pienamente rispondente al suggerimento la modifica della lettera c).
Non è stata infine recepita la modifica suggerita rispetto al comma 4, con la quale, dopo la parola “allarme” si propone di inserire le parole “della crisi d’impresa” al posto di “per gli effetti di cui al comma 3”. Al fine di meglio chiarire anche la previsione del comma 4, in coerenza con la ratio legis che ha ispirato la norma, si è ritenuto preferibile eliminare il riferimento alla parola “allarme” e precisare che si tratta di segnali che consentono la “previsione” inserita nel comma 3.
Il comma 2 modifica l'articolo 4 per introdurre le disposizioni di principio e le regole di condotta che reggono e governano le procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza al fine di renderle efficaci ed efficienti, secondo quanto chiarito nei considerando da 1 a 4 della direttiva. La norma prevede, ai commi da 2 a 4, una serie di oneri e doveri – coerenti ed esplicativi dei principi di correttezza e buona fede sanciti nel comma 1 –, che gravano sul debitore, sui creditori, e su tutte le parti interessate da tali processi, con particolare attenzione alla posizione dei lavoratori dipendenti.
Sono state accolte, con alcuni adattamenti di tipo redazionale, le proposte formulate su tale disposizione dal Consiglio di Stato, il quale ha sottolineato come, nell’enunciare i principi generali, si debba tenere conto di tutti gli strumenti disciplinati dal Codice, e dunque anche della composizione negoziata inserita nel Titolo II dallo schema di decreto. In particolare:
- il comma 1, che contiene i generali principi di correttezza e buona fede nell’ambito delle trattative e delle procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza, è stato modificato per ricomprendere anche la composizione negoziata. La modifica apportata, che corrisponde nella sostanza alle indicazioni del Consiglio di Stato, sottolinea che gli obblighi di correttezza e buona fede operano sia nella negoziazione in cui consiste la composizione negoziata sia nelle trattative che preludono all’utilizzo di altri strumenti di gestione della crisi e dell’insolvenza sia, infine, nell’ambito delle procedure e dei procedimenti prescelti;
- il comma 2 elenca i doveri del debitore nella stessa ottica e dunque chiarisce che gli obblighi di informazione verso tutte le parti interessate o coinvolte nelle trattative o nelle procedure concordate (ragion per cui è stato eliminato il riferimento ai soli creditori), di azione (per l’individuazione delle soluzioni per il risanamento e per la rapida definizione della procedura prescelta) e di gestione del patrimonio nell’interesse prioritario dei creditori, sussistono in ogni percorso che l’imprenditore decida di seguire. Sempre seguendo il suggerimento del Consiglio di Stato, si fanno salvi gli specifici doveri di condotta e di gestione stabiliti dagli articoli 16, comma 4 (le disposizioni del comma 5 richiamate nel parere sono confluite, a seguito delle modifiche apportate all’articolo 16, nel comma 4), e 21, per la composizione negoziata;
- anche il comma 3 è stato modificato, secondo la proposta del Consiglio di Stato, per ricomprendervi la medesima procedura di informazione e consultazione delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori inserita originariamente nell’articolo 16, comma 8, della composizione negoziata. La norma contiene dunque la disciplina generale applicabile sia alle trattative della composizione negoziata sia ai casi di redazione di piani di risanamento nell’ambito di procedure disciplinate dal Codice. Trattasi comunque di disciplina residuale rispetto alle specifiche procedure di consultazione previste dalla legislazione lavoristica. Va sottolineato che rispetto alla formulazione suggerita, poiché alla modifica in esame consegue necessariamente l’eliminazione del comma 8 dell’articolo 16, contenente previsioni identiche, è stata altresì inserita, come ultimo periodo, la disposizione sulla redazione dei rapporti sintetici da redigere in caso di composizione negoziata ai fini della liquidazione del compenso dell’esperto. Nel modificare tale disposizione non è stato accolto il suggerimento, contenuto nel parere del 1° aprile 2022 nonché nelle osservazioni contenute nel parere della 2° Commissione Giustizia del Senato, volto ad innalzare il limite dei 15 dipendenti oltre il quale l’imprenditore deve coinvolgere i sindacati nel processo di ristrutturazione. Sul punto si rileva che il criterio dimensionale legato alla soglia dei quindici dipendenti è ampiamente utilizzato nella legislazione lavoristica come, ad esempio, nell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300, in tema di tutela contro i licenziamenti illegittimi (anche dopo le modifiche apportate dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, la c.d. Riforma Fornero). Il medesimo requisito è poi richiamato dal decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (articolo 1, comma 3), contenente il regime sanzionatorio del licenziamento illegittimo in caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, e dall’articolo 35 dello Statuto dei lavoratori per individuare il campo di applicazione del titolo III della medesima legge. Proprio il citato articolo 3 dimostra che la soglia dei quindici dipendenti è stata ritenuta corretta e idonea su temi molto importanti e delicati come quello delle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro e dei diritti sindacali, temi che comportano non trascurabili ricadute organizzative per il datore di lavoro. Infine, nella legislazione più recente, si può segnalare l’articolo 47 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, che, nell’individuare una serie di misure in tema di pari opportunità, generazionali e di genere, ne prevede l’applicazione, per alcuni particolari profili, agli operatori economici che occupano un numero pari o superiore a quindici dipendenti. Con specifico riferimento alle procedure di informazione e consultazione sindacale, il criterio in esame assume ancor più centralità, come testimoniato da previsioni normative quali l’articolo 47 della legge 29 dicembre 1990 n. 428 (secondo cui le procedure di informazione e consultazione sindacale in tema di trasferimento d’azienda si applicano alle imprese in cui sono complessivamente occupati più di quindici lavoratori) e l’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 (sulle procedure di informazione e consultazione sindacale in tema di licenziamento collettivo). Nello stesso senso, va considerato l’articolo 20 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, che consente il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria ad una serie di imprese che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di quindici dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti. E’ opportuno sottolineare che nel caso del trasferimento d’azienda e del licenziamento collettivo le norme appena citate hanno recepito direttive comunitarie (rispettivamente la direttiva 75/129/CEE, cui ha fatto seguito la direttiva 98/59/CE e la direttiva 77/187/CEE cui ha fatto seguito la direttiva 2001/23/CE). Infine, non può non considerarsi che l’articolo 368 dello stesso Codice della crisi d’impresa richiama alcune delle disposizioni appena citate (e, in particolare, l’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, in tema di licenziamento collettivo, e l’articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, in tema di trasferimento d’azienda) e detta una particolare disciplina che presuppone, come è ovvio, la soglia dimensionale dei quindici dipendenti. In tale ottica potrebbe apparire incongruente che il medesimo testo normativo preveda requisiti dimensionali diversi. In definitiva, alla luce di tutto quanto sin qui osservato, si può sostenere che il limite dei quindi dipendenti, che rappresenta la soglia minima per l’operatività di una serie di istituti e disposizioni, prime tra tutte le procedure di informazione e consultazione sindacale, appare coerente con una lunga e consolidata tradizione della legislazione italiana;
- il comma 4 dell’articolo 4, che riguarda i doveri dei creditori, è stato modificato, come i commi precedenti, per includere la composizione negoziata tra gli strumenti ai quali è applicabile. Pur in assenza di specifico suggerimento sul punto da parte del Consiglio di Stato, si ritiene che, rispetto alla previsione in esame, sussista la medesima esigenza che ha portato all’aggiunta, al comma 2, lettera c), di un riferimento agli articoli 16 e 21. La necessità infatti di coordinare i principi generali contenuti nell’articolo 4 e le disposizioni dei singoli istituti, richiede l’inserimento di un ulteriore periodo anche nel comma 4 al fine di riaffermare la specificità delle previsioni contenute nell’articolo 16, commi 5 e 6 (secondo la successione dei commi mutata a seguito delle modifiche apportate all’articolo 16) sui doveri di tutti coloro che sono chiamati a partecipare alla composizione negoziata (nella quale l’osservanza dei doveri di riservatezza e di collaborazione, soprattutto da parte di alcuni creditori o di parti interessate, è particolarmente importante per il buon esito delle trattative e, quindi, per il perseguimento del risanamento aziendale).
Il Consiglio di Stato rileva come sia del tutto assente, nello schema del decreto legislativo, la previsione di una formazione rivolta verso gli imprenditori, sottolineandone l’utilità soprattutto in riferimento al nuovo percorso della composizione negoziata della crisi, in particolare per le piccole e medie imprese. Suggerisce di attribuire la formazione degli imprenditori alle Camere di commercio, in quanto radicate sul territorio.
A riguardo si osserva che, come rilevato anche nel parere n. 832/2022, lo schema di decreto prevede, l’introduzione nel Codice della crisi dell’articolo 5-bis, che, come si dirà di seguito, dispone che nei siti istituzionali del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico siano pubblicate informazioni pertinenti e aggiornate sugli strumenti per la anticipata emersione della crisi, sugli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e sulle procedure di esdebitazione. La norma specifica che tali informazioni sono inserite in apposita sezione dei siti internet dedicata alla crisi d’impresa, facilmente accessibile e di agevole consultazione. Nei medesimi siti è altresì disponibile una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione dei piani di risanamento, il cui contenuto è definito con decreto dirigenziale.
L’imprenditore può inoltre accedere, attraverso il sito istituzionale di ciascuna camera di commercio, alla piattaforma prevista dal novellato articolo 13, sulla quale sono disponibili una lista di controllo particolareggiata che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e un protocollo di conduzione della composizione negoziata.
Lo schema di decreto legislativo contiene quindi disposizioni che consentono all’imprenditore di avere adeguata informazione in ordine alla composizione negoziata, tali da consentirgli di acquisire adeguata informazione in ordine al percorso di composizione negoziata della crisi.
Deve aggiungersi che la previsione di obblighi di formazione da parte delle camere di commercio renderebbe necessaria la previsione della relativa copertura finanziaria.
Per tali ragioni, non si ritiene di recepire, sul punto, le osservazioni del Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato rileva inoltre, sempre con riferimento agli obblighi formativi richiesti dalla direttiva, come sia del tutto assente, nello schema del decreto legislativo, la previsione di una formazione rivolta ai giudici che si occupano delle procedure della crisi e dell’insolvenza, ritenendo che il rilievo della formazione e specializzazione dei magistrati nell’ambito dell’armonizzazione della legislazione europea, nonché gli obblighi derivanti dal PNRR, supportino l’esigenza di inserire la disposizione del Codice e di renderla applicabile a tutti i magistrati che si occupano della materia. A tal proposito, osserva che l’articolo 35-ter del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, è applicabile ai soli magistrati delle sezioni fallimentari.
Pur condividendosi la necessità di una specifica formazione indirizzata ai magistrati che si occupano delle procedure della crisi e dell’insolvenza, una più attenta riflessione sul tema impone di ritenere che non sia opportuna la collocazione, nel Codice della crisi, di una disposizione modellata sulla falsariga dell’articolo 35-ter del decreto-legge n. 152 del 2021. Ciò sia in ragione del carattere ordinamentale della previsione, che non appare coerente con l’impianto del Codice, sia in quanto l’introduzione del citato articolo 35-ter ha formato oggetto di osservazioni critiche da parte del Consiglio superiore della magistratura, che nella recente “Risoluzione in ordine all’art. 35-ter della legge n. 233 del 29.12.2021 recante: “Disposizioni per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose” (Fasc. 3/PP/2022) del 20 aprile 2022, ha evidenziato criticità in ordine all’introduzione della disposizione. La disciplina relativa alla formazione dei magistrati merita pertanto una più approfondita riflessione, anche a seguito di interlocuzioni con il Consiglio superiore della magistratura e la Scuola superiore della magistratura.
Il comma 3 dell’articolo 2 sostituisce l'articolo 5 apportandovi le modifiche rese necessarie dalla riscrittura del Titolo II. Il venir meno degli OCRI e della composizione assistita della crisi ha infatti richiesto la revisione della norma che concorre a garantire, unitamente agli articoli 356 e ss. del Codice, la trasparenza e l’efficienza delle nomine (in attuazione dei principi contenuti negli articoli 26 e 27 della direttiva) e incentiva la trattazione prioritaria delle cause in cui è parte una procedura concorsuale (in applicazione del principio di efficienza di cui all’articolo 25, lettera b) della direttiva).
A seguito del parere del Consiglio di Stato, le previsioni dell’articolo 5 sono state modificate come si seguito indicato:
Non è stato infine accolto il suggerimento relativo al comma 4, che contiene il principio della trattazione prioritaria dei giudizi in cui è parte una procedura concorsuale, con il quale si propone di inserire l’esperto e la parte che ha avuto accesso alla composizione negoziata tra i soggetti la cui presenza in giudizio determina l’applicazione del principio anzidetto. Ciò in quanto la natura dell’esperto, che è un facilitatore delle trattative senza poteri gestori o di intervento sulla gestione dell’impresa, esclude che egli possa essere “parte” in un processo, costituito nella qualità di esperto nominato su istanza dell’impresa che ha avuto accesso alla composizione negoziata (la sua presenza in un procedimento giurisdizionale si giustifica solo nei procedimenti i cui agli articoli 19 e 22, come strumento ad ausilio del giudice nella fase istruttoria, in quanto soggetto informato della situazione dell’impresa e dello stato delle trattative). Ne discende che non si configura, né pare configurabile, un suo interesse in controversie in cui è parte l’impresa da risanare. Prevedere la trattazione prioritaria di una causa in cui è costituito l’imprenditore che ha in corso la composizione negoziata, come indicato ancora nella proposta in esame, pare invece eccessivo e foriero di problemi applicativi considerato che: la composizione negoziata non è una procedura la cui definizione è necessariamente legata all’esito di un giudizio; la disposizione avrebbe una scarsa utilità perché l’accelerazione dei giudizi difficilmente potrebbe avere effetto sulle trattative, che hanno una durata molto limitata, non compatibile con i tempi di un processo civile; la composizione negoziata non è soggetta a forme di pubblicità e, anzi, le trattative sono riservate - divenendo pubbliche solo in caso di richiesta di misure protettive o cautelari - poiché tendenzialmente non c’è l’interesse dell’imprenditore a renderle note (la regola in esame invece presupporrebbe invece di rendere in qualche modo noto al giudice dei singoli giudizi l’apertura della negoziazione).
L’articolo 3 interviene sulla Sezione II del Capo II del Titolo I della Parte Prima del Codice, come segue:
- il comma 1 sostituisce la rubrica della Sezione II del capo II del Titolo I della Parte Prima che diventa «Pubblicazione delle informazioni ed economicità delle procedure» a seguito dell’introduzione, al suo interno, dell’articolo 5-bis;
- il comma 2 introduce nella sezione II l'articolo 5-bis che, prevedendo la pubblicazione nei siti istituzionali del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico di tutte le informazioni utili all’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza o alle procedure di insolvenza e di una lista di controllo particolareggiata – c.d. “check-list” – per la redazione dei piani di risanamento adatta alle micro, piccole e medie imprese, dà attuazione, con il comma 1, all'articolo 3, paragrafo 3 della direttiva e, con il comma 2, all'articolo 8, paragrafo 2 della direttiva.
Su suggerimento del Consiglio di Stato, la rubrica dell’articolo è stata allineata al testo della norma, che riguarda le informazioni che devono essere rese disponibili agli imprenditori e la lista di controllo, sostituendo il riferimento all’ “Accesso” alle informazioni con la “Pubblicazione” delle informazioni così da sottolineare la disponibilità di quanto indicato nel comma 1 sui siti istituzionali.
Non si ritiene necessaria invece l’esplicita menzione della composizione negoziata proposta dal Consiglio di Stato, in quanto le trattative condotte con l’affiancamento dell’esperto ben rientrano nella dicitura utilizzata, volutamente molto ampia, di “strumenti per la anticipata emersione della crisi”. E’ invece condivisibile la proposta di fare riferimento, nel comma 2, dell’articolo 5-bis, al decreto dirigenziale dell’articolo 13, comma 2, riferimento che consentirà di aggiornare il provvedimento già emanato nel settembre 2021 per l’operatività della composizione negoziata;
- il comma 3 interviene sull’articolo 6 del Codice della crisi, sulla prededucibilità dei crediti, sostituendolo, e introduce così disposizioni modificate rispetto al testo attuale in ragione dell'abrogazione degli OCRI e della composizione assistita della crisi di cui si è detto (previsti nei precedenti commi 1 e 3) e dell’introduzione del nuovo strumento del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione previsto dall’articolo 64-bis del Codice (comma 1, lettera b), attuativo, come si dirà di seguito, degli articoli 9, 10 e 11, paragrafo 1, della direttiva. Nel parere del 1° aprile 2022 il Consiglio di Stato, ancora nell'ottica del collegamento tra principi generali e disposizioni del Titolo II, suggerisce di inserire nell'articolo in esame la menzione espressa delle ipotesi di prededucibilità previste dalla disciplina della composizione negoziata, come i finanziamenti autorizzati dal giudice e il compenso dell'esperto. Il richiamo richiesto non sembra tuttavia necessario in ragione del fatto che le ipotesi disciplinate dall'articolo 22, comma 1, lettere a), b) e c) e dall'articolo 25-ter risultano già coordinate con il principio generale dettato dal primo periodo del comma 1, che riconosce la prededucibilità a tutti i crediti espressamente qualificati prededucibili dalla legge. Le ipotesi elencate dall’articolo in questione si giustificano in quanto riguardano, invero, fattispecie che in passato hanno creato dubbi interpretativi ed applicativi; inoltre inserirvi le ipotesi della composizione negoziata creerebbe una differenziazione non giustificabile rispetto agli altri casi di prededuzione stabiliti dal Codice della crisi non menzionati nella stessa norma (si consideri, ad esempio, nella disciplina del concordato preventivo, i finanziamenti prededucibili di cui agli articoli 99, 101 e 102 e la prededucibilità dei crediti di terzi sorti da atti legalmente compiuti prevista dall’articolo 46).
L’articolo 4 riguarda la Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sezione III apportando al Codice le seguenti modifiche:
- con il comma 1 si sostituisce l'articolo 7, contenente i principi generali sulla trattazione unitaria dei procedimenti per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alle procedure di insolvenza. Le modifiche apportate rispetto alla norma attuale sono dovute a esigenze di razionalizzazione della disciplina processuale e conseguenza del recepimento dei principi contenuti negli articoli 9, 10 e 11 della direttiva nella procedura di concordato preventivo, ed in particolare nel concordato in continuità aziendale come già detto, recepimento che ha riguardato, come si dirà di seguito, le diverse tipologie di piano, i requisiti di ammissibilità, le classi, il diritto di voto, le maggioranze per l'approvazione della proposta e, infine, il giudizio di omologazione. Nel comma 3, secondo periodo, è stata recepita l’osservazione del Consiglio di Stato sulla opportunità di mantenere, per maggiore completezza e chiarezza della disposizione che disciplina l’esito negativo delle procedure di regolazione della crisi in caso di accertamento dello stato di insolvenza, il riferimento all’articolo 49, comma 2, contenente la disciplina completa dei presupposti di apertura della liquidazione giudiziale. Non è invece accolto il suggerimento di aggiungere un comma che faccia riferimento all’ordine di trattazione nel procedimento unitario rispetto alle parentesi giurisdizionali che si possono aprire nella composizione negoziata (in particolare, il procedimento per la concessione delle misure protettive e cautelari). Tale richiamo non pare pertinente posto che il procedimento unitario riguarda le procedure giudiziali di regolazione della crisi e di gestione dell’insolvenza mentre quelli disciplinati dall’articolo 19 sono procedimenti giudiziali ordinari, di tipo cautelare, funzionali alla protezione del patrimonio del debitore e/o al buon esito delle trattative e soggetti alle norme del codice di rito e che possono essere instaurati solo dall’imprenditore che, nel corso delle trattative appunto, ben potrebbe voler chiedere misure selettive con procedimenti distinti per gestire in separati giudizi iniziative di singoli creditori;
- il comma 2 sostituisce l’articolo 8 sulle misure protettive, che già contiene una disposizione in linea con quella sancita dall’articolo 6, paragrafo 8, della direttiva, sul termine massimo di dodici mesi per la durata delle misure stesse. La modifica ha inserito nella norma la previsione che precisa il momento ultimo di durata delle misure al fine di circoscrivere con maggiore chiarezza la portata della disposizione. E’ stato inoltre recepito il condivisibile suggerimento del Consiglio di Stato, e della II Commissione Giustizia della Camera, volto a chiarire che nel periodo massimo di dodici mesi rientrano anche le misure protettive richieste durante la composizione negoziata. Tale modifica inserisce nella norma una precisazione che elimina ogni possibile dubbio interpretativo sui rapporti tra le misure concesse nell’ambito del percorso negoziale disciplinato dal Titolo II e quelle richieste nell’ambito di procedure giudiziali.
Con l’articolo 5 viene modificata la Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sezione IV.
Il comma 1 interviene, sostituendolo, sull’articolo 11 e modifica la dizione “procedura di regolazione della crisi”, presente nei commi 1 e 2, con quella di “strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza” di cui alla definizione introdotta nell’articolo 2, comma 1, lettera m-bis.
Non è stato inserito nell’articolo 11 il comma aggiuntivo suggerito dal Consiglio di Stato con il quale si prevede che alle domande di concessione di misure protettive e cautelari si applica una particolare disposizione dell’articolo 19, suggerita dal medesimo organo consultivo, che rinvia, a sua volta, ai principi dettati dagli articoli 11 e 26 ed al procedimento cautelare uniforme richiamato dal medesimo articolo 19.
Sul punto si ritiene che una norma sulla giurisdizione quale l’articolo 11 , necessaria per le procedure concorsuali che, per la complessità e per la natura degli interessi che tutelano, richiedono norme volte ad individuare il giudice competente a gestire la crisi o l’insolvenza dell’impresa che opera in più Stati, possa creare dubbi interpretativi e applicativi rispetto alla composizione negoziata che, va ribadito, non rappresenta una procedura e non determina alcuno spossessamento dell’imprenditore. Le parentesi giurisdizionali delle misure protettive e cautelari della composizione negoziata rappresentano, come già detto, procedimenti contenziosi aventi natura cautelare retti dagli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile e, in quanto tali, soggetti alle norme generali dettate dalla disciplina generale di diritto internazionale privato e processuale.
L’articolo 6, comma 1, sostituisce il Titolo II della Parte Prima, trasponendo al suo interno, con gli articoli da 12 a 25-undecies, la composizione negoziata introdotta con il decreto-legge n. 118 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, e le disposizioni introdotte dagli articoli 30-ter, 30-quater, 30-quinquies e 30-sexies del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, sulle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati, sulla interoperabilità delle banche dati, sullo scambio di documenti nella fase delle trattative e sulla predisposizione di piani di rateizzazione per esposizioni debitorie di ammontare ridotto.
Non è stato dato seguito al suggerimento di riorganizzazione delle norme del Titolo II contenuto nel parere del Consiglio di Stato per le seguenti ragioni.
L’ordine contenuto nello schema, che riproduce in gran parte l’ordine del decreto-legge n. 118 del 2021, appare sufficientemente razionale e risponde alla logica dell’immediata introduzione nel Codice, invece delle segnalazioni (che riportano, anche solo idealmente, agli strumenti di allerta abrogati), del nuovo strumento di ausilio alle imprese rappresentato dalla disciplina della composizione negoziata della crisi.
Così nel Capo I è stata inserita tale disciplina che si sostanzia innanzitutto nelle norme che istituiscono la composizione negoziata e la piattaforma telematica e individuano le modalità di scelta dell’esperto. Successivamente sono state inserite, con gli articoli 14 e 15, le disposizioni che implementano le funzionalità della piattaforma telematica (disposizioni che, logicamente, attengono al suo funzionamento e, quindi, al celere ed efficiente avvio e svolgimento delle trattative). Seguono, sempre secondo l’ordine seguito nel decreto-legge n.118 del 2021: i requisiti dell’esperto ed i doveri delle parti, le disposizioni sulle modalità di avvio e di svolgimento della composizione negoziata, gli incidenti giurisdizionali per la protezione del patrimonio dell’impresa, la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione, le norme sulla gestione durante le trattative, le autorizzazioni del tribunale funzionali alle soluzioni di risanamento eventualmente concordate con i creditori e, come conclusione della disciplina generale, i possibili esiti della composizione e le disposizioni che tengono fermi gli effetti degli atti compiuti rafforzando il valore delle e le potenzialità delle trattative. Alle norme conclusive del percorso di composizione negoziata seguono: la disciplina della composizione in caso di gruppi di imprese, le misure premiali, i criteri di liquidazione del compenso dell’esperto e la disciplina pensata per le imprese sotto-soglia, commerciali e agricole. Il Capo I si chiude con la norma sui limiti di accesso alla composizione negoziata.
Il Capo II disciplina la procedura che può essere attivata solo come esito della composizione: il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Infine il Capo III contiene le ulteriori misure di “early warning” e di ulteriore ausilio alle imprese e cioè le segnalazioni degli organi di controllo, dei creditori pubblici qualificati e delle banche e l’istituzione del programma informatico che, per gli indebitamenti di minima entità, consente di perseguire il risanamento a costo zero.
Rispetto a tale ordine logico, la proposta del Consiglio di Stato, seppur razionale e astrattamente condivisibile, non appare decisiva per la migliore comprensione e applicazione delle norme e, anzi, può essere foriera di problemi applicativi e interpretativi soprattutto in considerazione del fatto che si tratta di disposizioni entrate in vigore da circa un anno, conosciute e applicate dagli operatori.
Tanto chiarito, va anche precisato che, nell’operare la trasposizione dalle disposizioni del decreto-legge n. 118 del 2021, sono state apportate alcune modifiche volte a razionalizzare gli istituti, anche tenendo conto del dibattito sviluppatosi nei primi mesi di applicazione dei nuovi istituti, e altre modifiche suggerite nei pareri degli organi consultivi.
Il Titolo II attua l’articolo 3 della direttiva (in stretta correlazione con il considerando 17) in quanto fornisce all’impresa risanabile strumenti accessibili e poco costosi, di tipo stragiudiziale, per consentirle di verificare la propria situazione patrimoniale e finanziaria (test pratico di perseguibilità del risanamento e incontro con l’esperto indipendente prodromico alla negoziazione), di aprire le trattative con i creditori con l’ausilio dell’esperto e, infine, di cercare soluzioni negoziate della crisi (lista di controllo e possibili sbocchi con misure premiali). Esso fornisce, inoltre, meccanismi di allerta prevedendo l’invio di segnalazioni all’imprenditore da parte dei creditori pubblici qualificati, organi societari di controllo e istituti bancari.
Il nuovo Titolo II, che recita “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, contiene, innanzitutto, il Capo I sulla “Composizione negoziata della crisi”, nel quale sono inserite le seguenti disposizioni.
L’articolo 12, contenente le previsioni dell’articolo 2 del decreto-legge n. 118 del 2021, disciplina la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa.
Il suo comma 1 dispone che l’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza può chiedere al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa, la nomina di un esperto, quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa, con le modalità di cui all’articolo 13, commi 6, 7 e 8. Il comma 2 dell’articolo 12 disciplina il ruolo dell’esperto, prevedendo che lo stesso agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati. L’attività dell’esperto è finalizzata ad individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza dell’imprenditore. La norma precisa che tale soluzione può essere perseguita anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa.
Nel riportare il testo dell’articolo 2 del decreto-legge n. 118 del 2021, è stato aggiunto il comma 3 che chiarisce e precisa, l’inapplicabilità dell’articolo 38 del Codice alla composizione negoziata, in coerenza con la sua natura negoziale e stragiudiziale.
La norma è stata modificata a seguito dei suggerimenti contenuti nel parere del Consiglio di Stato come di seguito indicato:
- il comma 1 è stato riformulato come da proposta al fine di sottolineare che la modalità di accesso alla composizione negoziata è data dall’istanza di nomina dell’esperto ed eliminando l’aggettivo “indipendente” riferito all’esperto sia in ragione della definizione inserita nell’articolo 2, comma 1, lettera o-bis), sia per non creare confusione con la figura del “professionista indipendente” prevista nelle procedure disciplinate dal Codice, del tutto distinta per natura e funzioni;
- il comma 2 non è stato integrato come suggerito (si chiedeva di inserire, alla fine del comma, il riferimento alle autorizzazioni del tribunale alla cessione di azienda di cui all’articolo 22, comma 1, lettera d). Si ritiene infatti, da un lato, che la disposizione risultante da tale aggiunta non sia necessaria in una norma, quale quella in esame, che definisce la composizione negoziata in via generale; inoltre una tale previsione potrebbe ingenerare dubbi sulla natura della composizione negoziata, soprattutto tra i suoi potenziali fruitori che potrebbero essere indotti a pensare che anche solo per avviare le trattative sia necessario un qualche intervento autorizzativo del tribunale;
- l’intervento sul comma 3 è volto a meglio chiarire la funzione della disposizione in esso contenuta, con la quale si è voluta rimarcare l’estraneità della composizione negoziata - e cioè del percorso di negoziazione che si apre con la nomina dell’esperto quale soggetto professionale che affianca l’imprenditore per l’individuazione di una soluzione di risanamento - rispetto alle procedure concorsuali di gestione della crisi e dell’insolvenza. Tale impostazione non intende tuttavia incidere sui poteri di segnalazione al Pubblico Ministero che l’articolo 38 attribuisce, in generale, ad ogni autorità giudiziaria - e quindi anche quella adita ai sensi degli articoli 19 e 22 - che nel corso di un procedimento rileva l’insolvenza dell’impresa. La modifica in esame, dunque, con la quale si è recepito anche il suggerimento contenuto nel parere della II Commissione Giustizia della Camera, chiarisce che per composizione negoziata si intendono le trattative e che le parentesi giurisdizionali che possono innestarsi al suo interno non sono qualificabili come “incidenti” di una procedura ma come strumenti giurisdizionali che, pur essendo utilizzabili in funzione del buon esito delle trattative, mantengono la propria natura e autonomia.
L’articolo 13 riproduce in massima parte le disposizioni dell’articolo 3 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, che istituisce la piattaforma telematica nazionale e disciplina la nomina dell’esperto. Le modifiche apportate sono quelle ritenute necessarie, a seguito dell’esperienza maturata dagli operatori e dagli interpreti nei primi mesi di operatività della norma, per il miglior funzionamento dei passaggi da essa disciplinati,
Esso prevede, in particolare:
- al comma 1, che la piattaforma telematica, unica per tutto il territorio nazionale, sia accessibile agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese, attraverso il sito istituzionale di ciascuna camera di commercio. E’ stata eliminata la parola “internet” in coerenza con il rilievo sollevato dal Consiglio di Stato in relazione all’articolo 5-bis del Codice;
- al comma 2, il contenuto della piattaforma e l’esistenza di una lista di controllo particolareggiata per la redazione dei piani di risanamento, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, oltre ad un test, che può essere eseguito dall’imprenditore e dai professionisti dallo stesso incaricati e che consente di verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento[2]. La disposizione è stata modificata secondo la riformulazione formale suggerita dal Consiglio di Stato;
- al comma 3, che presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di ciascun capoluogo di regione e delle province autonome di Trento e Bolzano è formato un elenco di esperti stabilendo le categorie dei soggetti che possono farne parte ed i relativi requisiti. Il parere del Consiglio di Stato suggerisce sul punto una modifica che categorizzi nella norma primaria le esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale. Va tuttavia osservato che, se è vero che la definizione delle precedenti esperienze ha richiesto un intervento del Ministero della giustizia chiarificatore indirizzato agli Ordini professionali (v. circolare del 29 dicembre 2021 menzionata nel parere), sembra tuttavia preferibile mantenere un sistema che affida la puntuale individuazione di tale requisito non alla norma primaria ma a disposizioni di dettaglio aventi natura amministrativa, maggiormente flessibili e adattabili alle concrete applicazioni di un istituto di recente introduzione come la composizione negoziata. Rispetto alle osservazioni contenute nel parere della 2° Commissione Giustizia del Senato sulla opportunità di intervenire con una graduale riorganizzazione degli esperti e delle competenze necessarie per la materia della crisi di impresa (per ricomprendere altre figure professionali), va ribadito che la peculiarità delle funzioni che svolge l’esperto, di facilitazione di trattative che devono condurre al risanamento aziendale, non rende opportuna l’apertura ad altre professionalità che non abbiano una formazione aziendale, acquisita nell’ambito del percorso di studio seguito e/o della specifica esperienza acquisita nella materia della ristrutturazione, come dispone l’attuale formulazione della norma;
- al comma 4, che l’iscrizione all’elenco è subordinata anche al possesso di specifica formazione che assicuri le competenze necessarie per perseguire il risanamento attraverso la negoziazione con le parti interessate;
- al comma 5, le modalità di presentazione della domanda di iscrizione all’elenco e la documentazione che deve essere ad essa allegata, con disposizione che riproduce sostanzialmente le disposizioni dell’articolo 3 del decreto-legge, come modificate dalla legge di conversione n. 147 del 2021 (con alcune ulteriori modifiche e precisazioni volte a migliorare e rendere più efficiente il meccanismo di selezione degli iscritti da parte degli ordini professionali e la procedura di nomina da parte della commissioni istituite presso le camere regionali); Rispetto al meccanismo delineato nel comma in esame va chiarito, come richiesto nel parere del Consiglio di Stato, che la norma delinea un procedimento di formazione degli elenchi regionali affidato agli ordini professionali per i rispettivi iscritti ed alle camere di commercio per i c.d. manager. Il quarto periodo del comma 5 infatti affida agli ordini professionali il compito di ricevere le domande, esaminarle unitamente alla documentazione prodotta, valutare il possesso dei requisiti e comunicare i nominativi selezionati alla camera di commercio competente “per l’iscrizione”. L’ultimo periodo del comma 5 inoltre chiarisce che le camere di commercio, ricevute le comunicazioni, procedono senza indugio all’aggiornamento degli elenchi, e non affida loro alcun compito di verifica dei requisiti. Trattasi dunque di un sistema che attribuisce l’onere di valutazione dei requisiti ai soggetti istituzionali maggiormente in grado di adempiervi - e non grava le camere di commercio di verifiche onerose e non rientranti nelle competenze ad esse attribuite - e che, in definitiva, conferisce il potere di iscrizione agli ordini professionali affidando alle camere di commercio il compito di ricevere tali comunicazioni e di curare, periodicamente, l’aggiornamento degli elenchi. Non pare dunque necessario integrare la disposizione del comma 5, quarto periodo, appena descritta. Ancora in relazione al comma in esame, il Consiglio di Stato suggerisce di prevedere una “vigilanza sull’elenco” in capo al segretario generale della camera di commercio precisando che si tratta della vigilanza richiesta dall’articolo 27 della direttiva, di quella cioè volta a garantire l’efficacia e la competenza dei servizi prestati dagli esperti. Rispetto a tale suggerimento si osserva la necessità di attribuire un tale potere di controllo ad un soggetto istituzionale munito delle competenze necessarie per poter verificare l’operato dell’esperto e quindi comprendere la situazione patrimoniale ed economico-finanziaria della singola impresa affiancata dall’esperto, l’andamento delle trattative, l’atteggiamento collaborativo o meno dei creditori, le difficoltà incontrate e l’esito della negoziazione. A tal fine pare dunque idoneo meccanismo di vigilanza, sia pure ex post, per la verifica delle competenze e della professionalità dell’esperto, la disposizione inserita nel comma 7, ultimo periodo, su suggerimento dello stesso organo consultivo, che include tra i criteri di nomina da parte della commissione regionale anche l’attività svolta dal singolo iscritto in precedenti composizioni negoziate. Per una maggiore completezza della disciplina sul punto, è stato attribuito un potere di verifica e sostituzione dell’esperto alla stessa commissione di nomina, con la disposizione aggiunta all’articolo 17, comma 6. Un ulteriore modifica apportata al comma in esame riguarda i tempi di primo popolamento dell’elenco rispetto ai quali il Consiglio di Stato sottolinea l’esigenza di differire la data del 16.5.2022 a seguito della posticipata entrata in vigore del Codice della crisi e, con esso, delle disposizioni del presente schema di decreto legislativo. L’attenta riflessione sul suggerimento in esame ha portato ad eliminare la disposizione sul primo popolamento, che riproduceva quella dell’articolo 3 del decreto-legge n. 118 del 2021, in quanto disposizione che alla data di entrata in vigore del Codice della crisi avrà già esaurito i suoi effetti (la composizione negoziata è divenuta operativa dal 15.11.2021 e il termine del 16 maggio per il primo popolamento è, ad oggi, decorso). La disposizione modificata contiene dunque unicamente la disposizione necessaria per la gestione a regime degli elenchi regionali, che disciplina la trasmissione annuale dei nominativi alle camere di commercio, a partire dalla data di entrata in vigore della riforma, per garantire la stabilità degli elenchi costituiti e per razionalizzare l’attività a carico dei soggetti coinvolti nel processo di tenuta e formazione. Va infine evidenziata la modifica del quinto periodo del comma 5 per precisare che il contenuto della scheda sintetica è stabilito dallo stesso decreto dirigenziale al quale fa ora riferimento l’articolo 5-bis che, a seguito del suggerimento del Consiglio di Stato, rimanda al decreto previsto dal comma 2 dello stesso articolo 13;
- al comma 6 il procedimento di nomina dell’esperto, affidato ad una commissione che resta in carica per due anni, costituita presso le camere di commercio del capoluogo della?regione?e?delle province autonome di Trento e Bolzano, e composta da due magistrati, uno effettivo e uno supplente (designati dal presidente della sezione specializzata in materia di impresa indicata nella disposizione), due membri, uno effettivo e uno supplente, designati dal presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura presso cui è costituita la commissione e da due membri, uno effettivo e uno supplente, designati dal Prefetto. La modifica apportata alla lettera a) corregge un errore nel testo che dovrebbe fare riferimento all’istanza di nomina dell’esperto e che, come da suggerimento del Consiglio di Stato, va individuata facendo riferimento all’articolo 17, che disciplina le modalità di presentazione dell’istanza, più che all’articolo 12;
- al comma 7 che il segretario generale della?camera?di commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede dell’impresa ricevuta l’istanza di nomina dell’esperto,?la comunica nei successivi due giorni lavorativi alla commissione unitamente ad una nota informativa sintetica sull’impresa istante e, nei casi di incompletezza della documentazione, sospende l’istanza invitando l’impresa ad integrare le informazioni o la documentazione mancante entro trenta giorni, termine decorso il quale l’istanza non viene esaminata ma può essere riproposta (la disposizione, non presente nel decreto-legge n. 118, intende evitare che la commissione che nomina sia chiamata a verificare anche la completezza di quanto trasmesso dall’imprenditore). La stessa disposizione prosegue precisando che la commissione, nei successivi 5 giorni lavorativi, nomina l’esperto nel?campo della ristrutturazione tra gli iscritti nell’elenco di cui al?comma?3, utilizzando criteri?che assicurano la?rotazione e?la?trasparenza?e?avendo cura che ciascun esperto non riceva più di due incarichi contemporaneamente, e che la nomina può avvenire anche al di fuori dell’ambito regionale, onde assicurare, nel caso in cui ciò appaia opportuno, la competenza e la terzietà dell’esperto rispetto al contesto nel quale opera l’impresa ed alle sue specifiche esigenze. Come anticipato, in accoglimento del suggerimento formulato nel parere del Consiglio di Stato, è stato aggiunto, tra i parametri rilevanti per la nomina, anche quello dell’attività svolta in precedenti composizioni negoziate dal singolo esperto. Sull’inserimento degli esiti dei pregressi incarichi nella scheda sintetica menzionata nello stesso punto del parere si osserva invece che tale scheda, prevista dal comma 5, quarto periodo, è quella che gli ordini professionali inviano alle camere di commercio per l’iscrizione nell’elenco e quindi riguarda la valutazione compiuta sulla domanda di iscrizione che è di regola (tranne eventuali casi di cancellazione e re-iscrizione) antecedente rispetto alle esperienze maturate a seguito degli incarichi ricevuti dalle commissioni regionali. Per tale ragione il suggerimento non è stato accolto. La norma in esame è stata inoltre modificata al fine di consentire alla commissione di nomina, prima dell’individuazione dell’esperto o prima della comunicazione della nomina all’esperto designato, l’acquisizione del parere non vincolante di un’associazione di categoria sul territorio. Tale modifica viene incontro alle esigenze esposte nel parere della 2° Commissione giustizia del Senato e della II Commissione Giustizia della Camera sul coinvolgimento di tali associazioni imprenditoriali, coinvolgimento che però può essere concepito e realizzato rispetto alla nomina dell’esperto e non rispetto ai soggetti dei quali l’esperto può avvalersi ai sensi dell’articolo 16, comma 2, quarto periodo. Questa seconda soluzione, suggerita nei pareri citati, non è configurabile in quanto non solo allungherebbe i tempi di nomina e quindi di inizio delle trattative, frustrando l’esigenza di celerità di cui si è detto rispetto alla la composizione negoziata, ma andrebbe contro la stessa ratio della disposizione che consente l’utilizzo di altre professionalità. I soggetti che possono collaborare con l’esperto devono infatti essere soggetti, di sua fiducia, da lui stesso individuati in ragione delle caratteristiche dell’impresa che ha richiesto l’accesso alla composizione e delle peculiari esigenze della stessa o delle trattative da avviare. Si tratta peraltro di soggetti i cui costi sono a carico dello stesso esperto e non dell’impresa, come prevede l’articolo 25-ter, comma 10 del Codice. La scelta di chi collabora con l’esperto non può essere, in definitiva, una valutazione lasciata a terzi sia per ragioni di celerità del percorso di composizione negoziata sia per ragioni di efficienza e opportunità. In definitiva, alla luce di quanto sin qui detto, il richiesto coinvolgimento delle associazioni rappresentative sul territorio è stato perseguito prevendendo la facoltà di consultazione delle stesse associazioni al momento della nomina dell’esperto;
- nel comma 8, che la commissione decide a maggioranza e che ai suoi componenti non sono dovuti compensi né rimborsi spese. E’ stato eliminato il riferimento all’onere di regolare deposito dell’istanza ai sensi dell’articolo 17 a seguito del rilievo sollevato, sul punto, nel parere del Consiglio di Stato (che ha evidenziato la necessità di chiarire il contenuto del controllo attribuito alla commissione rispetto a quello conferito al segretario generale). Considerato dunque che la regolarità formale dell’istanza, e cioè il suo deposito unitamente alla documentazione prevista dall’articolo 17, è una verifica affidata al segretario generale della camera di commercio del luogo di iscrizione dell’impresa (v. comma 7, secondo periodo, articolo 13), non è necessario attribuire il medesimo controllo anche alle commissioni regionali. Va ribadito, per chiarire ulteriormente il meccanismo di attivazione della composizione negoziata, che, in coerenza con la sua natura non procedurale e non concorsuale, non vi è una fase di “ammissione” che precede la nomina dell’esperto volta a verificare la sussistenza dei presupposti per accedere al percorso negoziale in cui essa si sostanzi. In tale ottica, l’unica verifica compiuta prima della nomina – da parte appunto del segretario generale della camera di commercio competente – è formale e consiste nel deposito, da parte dell’imprenditore, di tutto quanto richiesto dalla legge, e cioè della documentazione necessaria per consentire alla commissione di procedere con la nomina dell’esperto ed a quest’ultimo di valutare le condizioni dell’impresa, le strategie prospettate per il suo risanamento e, quindi, l’effettiva perseguibilità del risanamento stesso. In altre parole, è solo l’esperto, esaminata la documentazione allegata all’istanza e la sua coerenza complessiva, a dover valutare se vi sono le condizioni per aprire le trattative al fine di tentare il risanamento dell’impresa o se provocare l’archiviazione dell’istanza, come previsto dall’articolo 17, comma 5, secondo periodo, in presenza di condizioni che non consentono di perseguire la ristrutturazione dell’impresa. Anche tale controllo, per le modalità con le quali viene esercitato, si svolge sulla base di quanto dichiarato e documentato dall’impresa, senza una verifica di veridicità dei dati contabili, che non compete all’esperto. La peculiarità del nuovo strumento non consente dunque di operare parallelismi tra l’esperto e le altre figure professionali nominate nell’ambito delle procedure concorsuali che hanno precisi poteri di vigilanza e verifica giustificati dagli effetti che l’apertura del concorso produce sul patrimonio dell’impresa e sui diritti dei creditori. Nel caso della composizione negoziata ciò che l’esperto può fare è verificare, grazie alle sue competenze aziendalistiche, la coerenza dei dati inseriti nella piattaforma dall’impresa e la perseguibilità del risanamento, sia al momento dell’avvio delle trattative sia durante il loro svolgimento.
- al comma 9, al fine di assicurare la trasparenza dell’attività di nomina, che gli incarichi conferiti e il curriculum vitae dell’esperto nominato siano pubblicati senza indugio in apposita sezione del sito istituzionale della camera di commercio, del luogo di nomina e del luogo dove è tenuto l’elenco presso il quale l’esperto è iscritto, nel rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali, e che anche gli elenchi degli esperti siano resi pubblici presso il sito di ciascuna camera di commercio. Come da suggerimento del Consiglio di Stato in relazione all’articolo 5-bis, la dizione sito internet è stata sostituita nel comma con quella sito istituzionale.
In ossequio alla condizione contenuta nel parere della Commissione V della Camera, è stata inserita, quale comma 10, la disposizione finanziaria originariamente inserita nel comma 1 dell’articolo 50, sul finanziamento della piattaforma telematica.
L’articolo 14 contiene le disposizioni dell’articolo 30-ter del decreto-legge n. 152 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n 233 del 2021, sulla interoperabilità tra la piattaforma telematica nazionale della composizione negoziata e le banche di dati di Agenzia delle entrate, INPS, agente della riscossione e Banca d’Italia, al fine di agevolare la raccolta di informazioni sull’impresa che accede alla composizione da parte dell’esperto indipendente e dunque l’efficace inizio del procedimento di risanamento. Le modifiche apportate al comma 2 di tale norma rispetto al testo vigente riguardano l’inserimento dell’INAIL tra gli istituti rispetto ai quali è garantito il collegamento e affidano agli enti ed alle istituzioni che devono assicurare l’interoperabilità, la disciplina delle modalità di collegamento e quindi l’individuazione dei dati rilevanti ai fini delle verifiche che competono all’esperto.
Nell’articolo 15 sono inserite le disposizioni dell’articolo 30-quater del decreto-legge n. 152 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n 233 del 2021, che, nell’ottica di garantire l’efficace e rapido svolgimento della composizione negoziata, migliora e ottimizza le funzionalità della piattaforma prevista dall’articolo 13 prevedendo lo scambio di documenti e dati tra l'imprenditore ed i creditori. Rispetto alla previsione dell’articolo 30-quater del decreto-legge n. 152 del 2021, la formulazione dell’articolo 14 chiarisce che l’accesso alla piattaforma da parte dei creditori, e l’inserimento delle informazioni, hanno carattere facoltativo in quanto consentono una più rapida ed efficiente gestione delle trattative anche nell’interesse dei creditori, che possono quindi utilizzare tale funzionalità a loro discrezione. Come da suggerimento del Consiglio di Stato, il riferimento all’istanza di nomina dell’esperto è stato sostituito con il rinvio all’articolo 17.
L’articolo 16 riproduce le disposizioni dell’articolo 4 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, con le quali disciplina:
- al comma 1, i requisiti dell’esperto indipendente e le condizioni di incompatibilità rispetto all’impresa che accede alla composizione negoziata;
- al comma 2 le modalità di espletamento dell’incarico da parte dell’esperto. Il Consiglio di Stato suggerisce di espungere la precisazione, inserita nel comma 2, secondo periodo, che sottolinea la non equiparabilità tra l’esperto ed il professionista indipendente definito nell’articolo 2, comma 1, lettera o), ritenendola inutile. Si ritiene tuttavia necessario mantenere tale precisazione in ragione dei dubbi che sono stati sollevati sulla natura dell’esperto da interpreti e operatori subito dopo l’entrata in vigore del decreto-legge n. 118 del 2021. In particolare, la possibilità che al termine delle trattative l’esperto sottoscriva, insieme all’imprenditore ed ai creditori, un accordo che produce i medesimi effetti di un piano attestato di risanamento (v. art. 23, comma 1, lettera c), ha creato dubbi sulla natura delle sue funzioni e, di conseguenza, sulle responsabilità, anche penali, in cui può incorrere, giungendo ad interpretazioni che hanno equiparato appunto l’esperto al professionista attestatore. La precisazione in esame, dunque, unitamente alla modifica apportata alla disposizione citata dell’articolo 23, è necessaria ad evitare una tale equiparazione e tutti gli effetti che ne conseguono (anche alla luce di quanto si è detto in precedenza, in relazione al comma 8 dell’articolo 15, sul contenuto delle verifiche attribuite all’esperto in relazione alla sola documentazione prodotta dall’imprenditore);
- al comma 3, l’esonero, per l’esperto, dagli obblighi di deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità, e l’applicabilità dell’articolo 200 del codice di procedura penale e delle garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del codice di procedura penale, in quanto compatibili. Anche su tale disposizione non pare opportuno accogliere il suggerimento del Consiglio di Stato sull’eliminazione dell’inciso iniziale che fa salvo quanto previsto dall’articolo 19, comma 4. Detta previsione intende eliminare possibili dubbi interpretativi su ciò che l’esperto può e deve riferire al giudice adito per la concessione delle misure protettive e cautelari e sul ruolo, certamente decisivo, che lo stesso riveste nell’istruttoria da condurre in tale sede. Eliminando la precisazione in esame, pertanto, la disposizione per cui “l’esperto non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni” potrebbe essere utilizzata nel giudizio di cui all’articolo 19 per limitare o circoscrivere le informazioni che il giudice eventualmente ritiene utile ottenere dall’esperto (oltre al mero parere sulla funzionalità delle misure rispetto alle trattative);
- a seguito dell’eliminazione del comma 4 del testo approvato il 17.3.2022, in ragione del suggerimento formulato dal Consiglio di Stato sull’inserimento dei doveri di correttezza e buona fede tra i principi generali, ai commi da 4 a 6, disciplina le modalità di applicazione, alle trattative agevolate dall’esperto, dei canoni di correttezza e buona fede previsti dagli articoli 1175 e 1137 del codice civile e richiamati nell’articolo 4, comma 1. Le disposizioni in esame prevedono, in particolare, che il debitore ha il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente e di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori (comma 4), che le banche, gli intermediari finanziari e, in linea generale, i soggetti titolari o responsabili della gestione dei loro crediti, devono partecipare alle trattative in modo attivo e informato e che nell’ambito delle trattative non possono revocare gli affidamenti bancari concessi all’imprenditore se non sulla base di una motivazione che dia conto dello stato delle trattative e della concreta impossibilità di risanamento dell’impresa (comma 5), che tutte le parti hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con il debitore e con l’esperto, rispettando l'obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative (comma 6). Sulla previsione del comma 5 è stato recepito il suggerimento del Consiglio di Stato che ha ritenuto necessario rafforzare e dettagliare la previsione che impedisce la revoca degli affidamenti bancari per il solo accesso alla composizione negoziata. In tale direzione, pur avendo mantenuto la disposizione che impedisce la revoca per il solo fatto dell’accesso alla composizione negoziata, con la quale si evita che la semplice apertura delle trattative possa innescare reazioni volte a far venir meno la liquidità necessaria per il processo di risanamento, la norma è stata modificata:
- indicando anche l’impossibilità di sospensione degli affidamenti, e non solo la revoca;
- facendo salva la possibilità per la banca di adottare le decisioni imposte dalla normativa prudenziale, decisioni che non possono fondarsi sul solo accesso alla composizione (per quanto detto al secondo periodo del medesimo comma, e che devono essere motivate).
L’accoglimento della proposta formulata dal Consiglio di Stato sull’articolo 4, comma 3, e dunque l’inserimento in tale norma della disposizione generale sulle consultazioni con le organizzazioni rappresentative dei lavoratori, ha portato all’eliminazione dell’analoga disposizione contenuta nel comma 8 del testo approvato il 17.3.2022.
L’articolo 17 contiene le disposizioni dell’articolo 5 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021 e disciplina le modalità di accesso alla composizione negoziata e il suo funzionamento. L’unica modifica apportata riguarda il comma 3, lettera b), che richiede all’impresa di depositare anche un progetto di piano e cioè un’ipotesi di come intende perseguire il proprio risanamento. Si tratta di precisazione coerente con la celerità che deve caratterizzare la composizione negoziata e con la sua natura (non di procedura ma di percorso di negoziazione aperto solo se vi è una reale e concreta ipotesi di risanamento) oltre che con la funzione dell’esperto (che affianca il debitore e lo consiglia ma non si sostituisce a lui nella ideazione delle ipotesi di risanamento). A seguito del parere reso dal Consiglio di Stato sono state inoltre modificate le seguenti previsioni:
- il comma 3, lettera d), con la precisazione che la dichiarazione dell’imprenditore ivi prevista va resa ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000;
- il comma 4, nel quale è stato previsto che anche la dichiarazione dell’esperto sul possesso dei requisiti di indipendenza richiesti dall’articolo 16, comma 1, sia autocertificata secondo le disposizioni del d.P.R. n. 445 del 2000. Non è stato invece seguito il suggerimento per l’inserimento della previsione in esame all’interno dell’articolo 16 sui requisiti di indipendenza e sui doveri dell’esperto e delle parti in quanto la disposizione, pur essendo pertinente rispetto alle previsioni dell’articolo 16, disciplina un adempimento di tipo operativo, vale a dire l’accettazione dell’esperto, che inerisce alle modalità di funzionamento e di avvio della composizione negoziata e che rileva anche nell’ambito dei procedimenti giurisdizionali disciplinati dagli articoli 18 e 19;
- il comma 5, con inserimento del termine dei cinque giorni per l’archiviazione dell’istanza da parte del segretario generale, al fine di procedimentalizzare l’iter di chiusura delle trattative con maggiore puntualità e con aggiunta di due periodi che riproducono il comma 2 dell’articolo 22 dello schema di decreto trasmesso per i pareri. Rispetto alla prima modifica, la precisazione che si tratta di giorni lavorativi è necessaria per coerenza rispetto ad ogni altro termine indicato nei diversi passaggi della composizione, nei quali è sempre presente tale indicazione. Non è stata invece accolta la proposta di semplificazione dell’intero comma contenuta nel parere del Consiglio di Stato in ragione del fatto che si tratta di norma in vigore contenente disposizioni particolarmente rilevanti sulle modalità di avvio della composizione, sulla partecipazione dell’imprenditore e sul ruolo dell’esperto. La modifica proposta, sia pure nella apprezzabile ottica della razionalizzazione della norma, potrebbe creare negli operatori ed interpreti problemi e dubbi applicativi (come, ad esempio, sulla necessità di accettazione dell’incarico prima di ogni ulteriore attività da parte dell’esperto, sulle ragioni dell’eliminazione al riferimento della partecipazione personale dell’imprenditore alla convocazione, sulle parti interessate rispetto al processo di risanamento, etc.). Gli ultimi due periodi aggiunti contengono, come anticipato, la disposizione sulla rinegoziazione dei contratti, originariamente inserita nell’articolo 22, comma 2, in virtù della quale l’esperto può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa o se è alterato l‘equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute. Lo spostamento nella norma sull’accesso alla composizione negoziata e sul suo funzionamento è condivisibile essendo venuto meno, come si dirà di seguito, l’intervento del tribunale nella analoga disposizione sulla rinegoziazione inserita nel decreto-legge n. 118 del 2021 quale articolo 10, comma 2;
- il comma 6 è stato integrato con i suggerimenti formulati per accelerare la procedura di eventuale sostituzione dell’esperto su istanza delle parti interessate. E’ stato inoltre inserito un secondo periodo che disciplina la sostituzione dell’esperto anche durante le trattative al fine di consentire l’opportuna vigilanza sulla correttezza del suo operato, come auspicato nelle indicazioni date dal Consiglio di Stato sull’articolo 13, comma 5;
- nel comma 9 è stato inserito un termine entro il quale la richiesta di archiviazione della composizione negoziata presentata dall’imprenditore consente di abbreviare a quattro mesi il periodo entro il quale non è consentito un nuovo accesso alla composizione. La decorrenza di tale termine è fissata in tre mesi dall’accettazione dell’esperto e non, come suggerito dal Consiglio di Stato, prima che la commissione di nomina sia investita dell’esame dell’istanza in quanto la ratio della disposizione è quella di consentire all’imprenditore di chiudere la composizione senza essere eccessivamente penalizzato nei casi in cui rileva che l’esperto nominato non sia adeguato o sufficientemente preparato o che sia poco sollecito nella conduzione delle negoziazioni, rispetto alla sua situazione e/o alle trattative da avviare o avviate. Nel caso di esperto non idoneo o ritenuto non munito della professionalità necessaria per gestire le difficoltà dell’impresa, deve infatti essere consentito all’impresa di tentare nuovamente il ricorso al percorso di negoziazione in un periodo che non pregiudichi la perseguibilità del risanamento. Per evitare strumentalizzazioni da parte di chi potrebbe depositare più volte l’istanza al solo fine di tentare di essere affiancato da un esperto più compiacente o di avviare la composizione per usufruirne degli effetti favorevoli che da essa derivano, è precisato che l’abbreviazione opera una sola volta.
L’articolo 18 riproduce, con alcune modifiche frutto della riflessione scaturita dalle sue prime applicazioni, l’articolo 6 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, che prevede che l’imprenditore può richiedere al tribunale competente l’applicazione delle misure cautelari o delle misure protettive del patrimonio necessarie per non pregiudicare la ricerca di una soluzione che consenta il risanamento aziendale. La 2° Commissione Giustizia del Senato osserva che il comma 5 della norma in esame dovrebbe precisare che i creditori colpiti dalle misure protettive sono solo quelli in concreto destinatari del provvedimento delle misure e dovrebbe consentire la sospensione delle prestazioni da parte dei creditori nel periodo che va dalla pubblicazione dell’istanza alla conferma delle misure da parte del tribunale.
Su tali osservazioni si evidenzia che:
- il primo rilievo consente di precisare in questa sede che la norma, in cui si parla di “creditori nei cui confronti operano le misure protettive", riguarda effettivamente i creditori le cui azioni individuali sono state colpite (se la sospensione non è stata richiesta in via generale) e non tutti quelli potenzialmente destinatari dalle stesse;
- è stata inserita la facoltà di sospensione delle prestazioni fino al provvedimento giudiziale di conferma al fine di contemperare l’interesse dei creditori a non subire un eccessivo pregiudizio nelle more della decisione del tribunale.
Rispetto al parere reso dalla II Commissione Giustizia della Camera sul punto, si osserva che la disposizione deve poter riguardare tutti i contratti, e non solo quelli essenziali, trattandosi di impresa che accede ad un percorso in un momento in cui è pienamente operativa e l’imprenditore non viene in alcun modo spossessato. Va pertanto garantita la sua piena operatività eliminando il rischio che l’apertura delle trattative danneggi l’attività da risanare invece che consentirne la ristrutturazione. Anche la previsione, richiesta nel parere, di stabilire che sia l‘imprenditore a richiederla non pare opportuna posto che ciò determinerebbe il necessario intervento del tribunale snaturando del tutto il percorso di composizione e frustrando le esigenze di celerità delle trattative più volte sottolineate.
L’articolo 19 corrisponde, in gran parte, all’articolo 7 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, contenente le disposizioni strettamente processuali della concessione, conferma o revoca delle misure cautelari e protettive di cui all’articolo 18. Rispetto alla norma vigente, che già contiene il richiamo espresso alle norme del procedimento cautelare uniforme, per evidenziare la natura di tali misure, è stata inserita un’ulteriore previsione per evidenziarne anche la funzione temporanea e anticipatoria che non richiede l’instaurazione del successivo giudizio di merito (v. comma 7, secondo periodo). Le proposte contenute nel parere del Consiglio di Stato su tale disposizione sono state accolte come di seguito indicato:
- rispetto al comma 1, è stato spostato il termine per il deposito del ricorso presso il tribunale, al fine di rendere più ragionevole il termine per l’esercizio di tale diritto, come evidenziato nel parere. La norma prevede ora il deposito – stabilito a pena di inefficacia delle misure protettive scattate con la pubblicazione dell’istanza – entro il giorno successivo rispetto alla pubblicazione medesima. Sul punto si osserva che uno spostamento ulteriore del termine per adire il tribunale non è in grado di contemperare le esigenze, di protezione del patrimonio da un lato e quelle di tutela dei creditori dall’altro, che sono alla base della norma in esame; tale conclusione è ancor più vera se si considera che si tratta di procedure telematiche, e quindi senza dubbio rapide e agevoli, e che la previsione di un temine molto breve responsabilizza l’imprenditore il quale, nel momento in cui chiede le misure protettive, inevitabilmente incidendo sui diritti dei creditori, deve aver valutato le ragioni per le quali ritiene tali misure necessarie per le trattative (e di conseguenza deve aver predisposto la richiesta di conferma da depositare in tribunale). Non pare invece necessaria la disposizione richiesta nel parere per disciplinare l’ipotesi di non imputabilità dell’omesso o ritardato deposito nel termine concesso essendo sul punto sufficiente l’istituto della rimessione in termini disciplinato dall’articolo 153, secondo comma, del codice di procedura civile (rimessione in termini valutata dal giudice chiamato a pronunciarsi sul ricorso tardivo su istanza dell’imprenditore). Sulla pubblicazione dell’istanza di concessione delle misure nel registro delle imprese la 2° Commissione Giustizia del Senato ha chiesto, nel parere reso, di monitorare costantemente quanto questa porti a contemperare le esigenze del debitore, esposto agli effetti negativi che tale pubblicazione produce sulla reputazione dell’impresa, e le esigenze dei creditori, molti dei quali piccoli imprenditori, che devono comunque essere posti nelle condizioni di essere informati in maniera adeguata. La novità dell’istituto della composizione negoziata richiederà senza dubbio un monitoraggio sull’efficacia dei suoi meccanismi, tra i quali quelli delle misure protettive, monitoraggio che verrà attuato mediante la sottoscrizione di una convenzione tra il Ministero della Giustizia e Unioncamere, allo stato in fase di perfezionamento, istitutiva di un tavolo tecnico chiamato a svolgere anche tale funzione di verifica;
- il comma 3 è stato integrato accogliendo il suggerimento di prevedere la convocazione dell’esperto sin dalla prima udienza e quindi attribuendo al ricorrente l’onere di notificargli il ricorso ed il decreto (precisando che la tale convocazione, se proveniente dalla parte di un giudizio, è necessariamente eseguita non con la comunicazione, come richiesto, ma con la forma della notificazione, alla quale occorre far riferimento anche per richiamare tutta la disciplina che consente al giudice di verificarne la regolarità). La modifica in esame ha consentito di correggere l’inesattezza della precedente formulazione della norma che prevedeva la notifica del solo decreto e non anche del ricorso. E’ stata inoltre inserita la forma del decreto motivato rispetto alla pronuncia prevista dal terzo periodo, secondo quanto richiesto dal parere e, alla fine del comma, è stata aggiunta la precisazione che, sia nell’ipotesi di tardivo deposito del ricorso sia nell’ipotesi di tardiva fissazione dell’udienza da parte del giudice, la domanda può essere riproposta. Tale soluzione appare preferibile rispetto alla previsione di apposito reclamo avverso il decreto di inefficacia sia perché più rapida - e quindi maggiormente rispondente alla celerità che deve caratterizzare la composizione negoziata ed i suoi incidenti giurisdizionali - se paragonata alla previsione di un ulteriore procedimento di cui all’articolo 669-terdecies del codice di procedura civile, sia per la natura del provvedimento assunto, che non statuisce nel merito e che è quindi paragonabile al decreto adottato ai sensi dell’articolo 640, secondo comma, del codice civile nell’ipotesi di rigetto della domanda monitoria. Una disposizione che chiarisce che la domanda può essere riproposta appare, in definitiva, lo strumento processuale migliore per garantire appieno il diritto dell’imprenditore di ottenere la protezione del suo patrimonio ai fini del risanamento dell’impresa. Le considerazioni appena svolte paiono idonee anche rispetto all’analogo rilievo presente nel parere della 2° Commissione Giustizia del Senato;
- sul comma 4 il Consiglio di Stato ha suggerito una riformulazione che, al fine di ottimizzare i tempi dell’istruttoria da svolgere, prevede che, nell’ambito del giudizio disciplinato dall’articolo 19, il parere dell’esperto è sempre acquisito. Tale modifica non pare tuttavia di per sé idonea a velocizzare l’istruttoria perché suggerisce l’acquisizione di un parere scritto che potrebbe non essere necessario in alcune circostanze o che potrebbe non contenere tutti gli elementi utili per la decisione. E’ dunque preferibile mantenere la disposizione contenuta nello schema approvato che rende esplicita la necessità della presenza dell’esperto all’udienza chiarendo, nel contempo, che, all’udienza, lo stesso esperto è chiamato ad esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative. In tal modo al giudice è assicurata la necessaria flessibilità nell’apprendere le informazioni che ritiene rilevanti acquisendo una nota scritta da parte dell’esperto o chiedendo chiarimenti su fatti che ritiene rilevanti ma anche eventualmente, nelle situazioni meno complesse, verbalizzando il parere nel corso dell’udienza. Non sono state inoltre inserite le disposizioni di raccordo suggerite rispetto alle misure eventualmente disposte ai sensi dell’articolo 54, comma 1 prima di quelle richieste nell’ambito della composizione negoziata. Trattandosi infatti di provvedimenti assunti da un giudice diverso rispetto a quello adito ai sensi dell’articolo 19, e cioè il giudice innanzi al quale pende una delle procedure concorsuali indicate dalla stessa norma o la domanda di apertura della liquidazione giudiziale, si è ritenuto necessario prevedere che l’accesso alla composizione negoziata non le pregiudichi. Tale impostazione non appare distonica rispetto al sistema considerato che l’adozione delle misure da parte di autorità diverse rende non applicabile, nell’ambito del procedimento in esame, l’articolo 669-decies del codice di procedura civile richiamato nel parere. Va anche considerato che le misure adottate ai sensi dell’articolo 54, comma 1, possono avere funzioni diverse da quelle delle misure richieste dall’imprenditore nella composizione negoziata. Le prime, infatti, che in parte coincidono con quelle previste dall’attuale articolo 15, ottavo comma, della legge fallimentare, possono essere misure adottate nell’interesse dei creditori e non su richiesta dell’imprenditore ed è quindi evidente che deve essere il giudice che le ha adottate, su specifica istanza in tal senso del debitore e tenendo conto delle misure richieste dall’imprenditore ai sensi dell’articolo 19, a doverne valutare l’utilità e l’opportunità in caso di attivazione della composizione negoziata. E’, in definitiva, il giudice di cui all’articolo 19 che deve decidere considerando l’esistenza e il contenuto delle misure già concesse in altri procedimenti, ferma la possibilità, per il giudice delle misure di cui all’articolo 54, di compiere le più opportune valutazioni sulla sussistenza di elementi nuovi o ulteriori sulla cui base rivedere le determinazioni già assunta. Tali valutazioni vanno necessariamente compiute caso per caso, su impulso dello stesso debitore e sentite le altre parti interessate, ed è questo lo scopo perseguito dalla disposizione in esame che non intende costringere in procedimenti predefiniti, peraltro difficili da concepire trattandosi di misure di competenza di autorità giurisdizionali diverse e nel contraddittorio con parti potenzialmente distinte, i complessi rapporti tra misure adottate in giudizi distinti che interessano la medesima impresa.
In relazione alle ulteriori osservazioni formulate dal Consiglio di Stato sull'articolo 19, commi 4 e 5, va chiarito che il termine di durata delle misure protettive indicato nell’ultimo periodo del comma 5 si riferisce alla durata iniziale ed alla successiva proroga, come emerge dall’espressione utilizzata, che fa riferimento alla “durata complessiva”. Tale termine va inoltre tenuto distinto da quello di durata massima dell'incarico dell'esperto, e dunque delle trattative.
Nello stabilire tali termini si è tenuto conto infatti, da un lato, della durata di 12 mesi consentita dalla direttiva per le misure protettive, che, nell’ottica di favorire il risanamento delle imprese in difficoltà, impone di far salva la possibilità per l’impresa di chiedere ulteriori misure protettive ai sensi dell'articolo 54 nel caso di accesso a una procedura concorsuale aperta dopo le trattative (posto che gli sforzi compiuti durante la negoziazione possono concretizzarsi in uno degli sbocchi giurisdizionali disciplinati dal Codice).
Va in secondo luogo tenuto presente che l’esigenza di ottenere delle misure protettive non necessariamente sorge al momento dell’accesso alla composizione negoziata ben potendo emergere durante le trattative e per un periodo di tempo limitato. Alla luce di quanto esposto e chiarito, si ritiene di non dover modificare la disposizione non dovendo esservi necessaria coincidenza fra i termini di durata massima delle misure protettive e della composizione negoziata.
Il comma 6 dell’articolo 19 è stato modificato seguendo il suggerimento del Consiglio di Stato volto a precisare che l’archiviazione che determina sempre la revoca delle misure concesse è quella relativa al percorso di composizione negoziata. La formulazione della precisazione aggiunta si discosta in parte, solo nella forma, da quella suggerita in considerazione del fatto che nelle norme in esame, e quindi anche nel richiamato articolo 17, commi 5 e 8, fa sempre riferimento all’archiviazione dell’istanza di nomina dell’esperto e non all’archiviazione della composizione negoziata.
In relazione al comma 7 nel parere del Consiglio di Stato si suggerisce, nell’ottica di accelerazione del procedimento, di prevedere che la comunicazione dell’ordinanza al registro delle imprese avvenga, a cura della cancelleria, lo stesso giorno del suo deposito invece che, come previsto nello schema, il giorno successivo. Pur condividendo l’esigenza che sta alla base del suggerimento, esigenza che ha informato di sé l’intera disciplina del procedimento di cui all’articolo 19, come chiarito in precedenza, esso non può essere accolto per ragioni pratiche collegate all’operatività ed al funzionamento del PCT – processo civile telematico. La possibilità, infatti, che il giudice depositi l’ordinanza in via telematica impone di considerare che tale deposito può avvenire oltre l’orario di operatività della cancelleria, con la conseguenza che la previsione richiesta potrebbe restare inapplicata o spingere l’autorità giudiziaria a regolare il deposito rispetto a tali orari, con il rischio peraltro di ritardare la decisione già assunta.
In relazione, infine, ai suggerimenti del Consiglio di Stato relativi all’inserimento di due commi aggiuntivi, di rinvio all’articolo 7 ed alle disposizioni di cui agli articoli 11 e 26, si rimanda a quanto esposto rispetto a tali disposizioni e, in particolare, alle considerazioni svolte sulla natura non procedurale della composizione negoziata, sull’estraneità del procedimento di cui agli articoli 18 e 19 rispetto al procedimento unitario e sull’applicabilità della disciplina generale e della disciplina di diritto internazionale privato e processuale che regola i procedimenti contenziosi di natura cautelare.
E’ stato invece inserito un ultimo comma per completare la disciplina delle misure protettive rendendola chiara e pienamente coerente con la funzione di protezione del patrimonio del debitore che esse svolgono. Tale disposizione, analogamente a quanto avviene per le misure disciplinate dall’articolo 55, intende disciplinare espressamente la sorte dei diritti di prelazione acquisiti nel periodo di efficacia delle misure.
L’articolo 20 contiene le disposizioni dell’articolo 8 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, nel quale è prevista la possibilità per l’imprenditore di ottenere durante la composizione negoziata, la sospensione degli obblighi di cui agli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma e 2482-ter del codice civile e la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, n. 4), e 2545-duodecies del codice civile. Alla norma vigente è stato aggiunto un ulteriore comma volto a chiarire che, in caso di richiesta di misure protettive, la sospensione degli obblighi di cui si è detto, strettamente correlata alle trattative ed al tentativo di ristrutturazione, cessa al momento dell’eventuale provvedimento di inefficacia o di revoca delle misure stesse.
L’articolo 21 riproduce le disposizioni dell’articolo 9 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, disponendo: al comma 1, che l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata e che, quando sussiste probabilità di insolvenza, lo stesso gestisce l’impresa in modo da garantire la sostenibilità economico-finanziaria dell’attività, mentre quando l’insolvenza si è già manifestata, la gestione deve avvenire nel prevalente interesse dei creditori; al comma 2, che l’imprenditore informa preventivamente l’esperto del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell’esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento; al comma 3, che l’esperto, quando ritiene che l’atto possa arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, lo segnala all’imprenditore e all’organo di controllo; al comma 4, che, se, nonostante la segnalazione, l’atto viene compiuto, l’esperto può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese nei successivi dieci giorni, e che l’iscrizione è obbligatoria quando l’atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori. Le possibili conseguenze della segnalazione e dell’iscrizione da parte dell’esperto, che ha la funzione di notiziare i creditori del compimento di atti potenzialmente dannosi, sono regolate dal successivo articolo 24, comma 3. Da ultimo, il comma 5 prevede che nel caso di concessione delle misure protettive o cautelari, l’esperto, una volta iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, invia al tribunale la segnalazione prevista dall’articolo 19 comma 6.
L’articolo 22 riprende gran parte delle disposizioni dell’articolo 10 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, ad eccezione della previsione sull’intervento del giudice sul contenuto dei contratti per squilibri negoziali determinati dalla pandemia da Covid 19, i cui effetti sono destinati ad esaurirsi nel tempo, essendo collegata appunto all’emergenza sanitaria in corso.
La norma disciplina, nel comma 1, le autorizzazioni che il tribunale può concedere all’imprenditore nel corso della composizione negoziata ed in particolare stabilisce che su richiesta dell’imprenditore il tribunale può autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti prededucibili, autorizzare la società a contrarre finanziamenti dai soci prededucibili, autorizzare una o più società appartenenti ad un gruppo di cui all’articolo 25 a contrarre finanziamenti prededucibili, autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda, oppure uno o più suoi rami, senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del codice civile e con applicazione dell’articolo 2112 del codice civile a tutela dei lavoratori. In ciascuna ipotesi il tribunale è chiamato a verificare che si tratti di atti funzionali ad assicurare la continuità aziendale e la migliore soddisfazione dei creditori. Sull’indicazione, contenuta nel parere reso il Consiglio di Stato, funzionale al raccordo tra la norma in esame e l’articolo 6 che, nell’ambito dei principi generali, non contiene un riferimento alla composizione negoziata, si rimanda a quanto già detto in precedenza, trattandosi di crediti prededucibili per espressa disposizione di legge.
E’ stata invece accolta l’indicazione volta a spostare il comma 2 dell’articolo 22, sulla rinegoziazione volontaria dei contratti, nell’ambito dell’articolo 17. L’eliminazione dell’intervento del tribunale da tale previsione, resa necessaria, come detto, dalla natura temporanea delle disposizioni dettate dal comma 2 dell’articolo 10 del decreto-legge n. 118 del 2021, rende la negoziazione proposta dall’esperto del tutto scollegata dal procedimento disciplinato dall’articolo 22.
L’attuale comma 2 individua il tribunale competente e disciplina il procedimento applicabile alle istanze formulate dall’imprenditore ai sensi del comma 1 richiamando, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile analogamente a quanto previsto in relazione al procedimento disciplinato dall’articolo 19. Come per l’articolo 19, il tribunale è individuato ai sensi dell’articolo 27 ed è dunque il tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa. Il giudice, sentite le parti interessate, assunte le informazioni necessarie e provvedendo, ove occorre, ai sensi dell’articolo 68 del codice di procedura civile, decide in composizione monocratica
L’articolo 23 contiene sostanzialmente le disposizioni dell’articolo 11 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, sui possibili esiti della composizione negoziata. Sulla norma in esame sono state recepite le indicazioni del Consiglio di Stato che ha evidenziato come la precedente suddivisione della norma in tre commi non coincideva con la distinzione tra esiti favorevoli e esiti negativi della composizione negoziata e, in particolare, con la distinzione tra esiti negoziali stragiudiziali e esiti con ricorso alle tradizionali procedure concorsuali disciplinate dal Codice. Tali considerazioni hanno portato alla modifica dell’articolo con risistemazione delle sue previsioni in due commi. Il comma 1 riguarda le soluzioni negoziali stragiudiziali e prevede che quando?è?individuata una soluzione idonea al superamento?della situazione di cui all’articolo 12, comma?1,?le parti possono, alternativamente:
a)? concludere un contratto,?con uno o più creditori che produce gli effetti di cui all'articolo 25-bis, comma 1, se, secondo la relazione dell’esperto?di cui all’articolo?17, comma 8, è idoneo ad assicurare?la continuità?aziendale per un periodo non inferiore a 2 anni. L’eliminazione del riferimento agli effetti dell’articolo 25-bis, comma 1, suggerita nel parere del Consiglio di Stato, non può essere accolta in quanto indispensabile per chiarire che tale misura premiale può essere riconosciuta solo se secondo l’esperto si tratta di accordo idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni. In altre parole, all’esito della composizione possono essere evidentemente concepite soluzioni negoziali tra l’imprenditore e le parti interessate per il superamento della situazione in cui si trova l’impresa ma solo quelle che garantiscono una continuità aziendale sufficientemente stabile potranno avvalersi della misura contenuta nell'articolo 25-bis, comma 1;
b)?concludere una convenzione di moratoria ai sensi 62 (la previsione è stata modificata per eliminare i dubbi paventati dal parere del Consiglio di Stato e per rendere più esplicito l’esito al quale si intende fare riferimento);?
c)?concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce?gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lettera d) e 324 (vale a dire quelli del piano attestato di risanamento di cui all’articolo 56). Sulla lettera c) la modifica dell’incipit del comma 2 (nel quale è confluito anche il comma 3) rende evidente che la soluzione ivi disciplinata non coincide con il piano attestato ma ne produce gli effetti a seguito della sottoscrizione dell’accordo da parte anche dell’esperto. La norma, anche in risposta a quanto osservato nel parere della II Commissione Giustizia della Camera, chiarisce ulteriormente che, nonostante non sia richiesta l’attestazione prevista dall’articolo 56, l’esperto che sottoscrive l’accordo non si sostituisce all’attestatore in ragione della diversità del suo ruolo e delle sue funzioni, secondo quanto già detto in precedenza, ma dà atto della coerenza del piano ai fini della regolazione della crisi o dell’insolvenza dell’impresa.
Nella riorganizzazione della norma di cui si è già detto, il comma 2 contiene le disposizioni dei precedenti commi 2 e 3 in quanto racchiude al suo interno gli esiti tradizionali e cioè il ricorso alle misure o procedure disciplinate dal Codice, secondo quanto suggerito nel parere del Consiglio di Stato. Esso prevede, in particolare, che se all’esito delle trattative non è individuata una delle soluzioni negoziali di cui al comma 1, l’imprenditore può:?a) predisporre il piano attestato di risanamento di cui all’articolo 56; b) domandare l’omologazione?di un accordo di ristrutturazione dei debiti?ai sensi degli articoli 57, 60 e 61, con possibilità di ridurre al sessanta per cento la percentuale di cui?all’articolo 61,?comma 2, lettera c), se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto; c) proporre?la?domanda?di?concordato?semplificato per la liquidazione del patrimonio?di cui all’articolo 25-sexies;? d) accedere ad ogni altro strumento disciplinato dal Codice o?dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270?o, infine,?dal?decreto-legge?23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni,?dalla?legge 18 febbraio 2004, n. 39. La lettera c) è stata integrata a fine di evitare equivoci o dubbi interpretativi che la precedente formulazione poteva ingenerare rispetto alle imprese agricole che, oltre agli accordi di ristrutturazione, possono accedere solo alle procedure di regolazione della crisi da sovraindebitamento. Tale risultato è stato perseguito facendo riferimento, per tali imprese, all’articolo 25-quater, comma 4 (secondo la nuova formulazione della norma derivante dalle modifiche suggerite dal Consiglio di Stato).
E’ stato infine accolto il suggerimento del Consiglio di Stato volto a raccordare la possibilità di accesso agli strumenti giudiziali e il termine di decadenza previsto dall’articolo 40, comma 10, mediante l’introduzione di una previsione espressa di deroga rispetto a tale termine inserita nel medesimo comma 10, di cui si dirà di seguito.
L’articolo 24 riporta le disposizioni dell’articolo 12 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, sulla conservazione degli effetti degli atti compiuti durante le trattative stabilendo:
- al comma 1, che gli atti autorizzati dal tribunale?ai sensi dell’articolo 22?conservano?i propri effetti anche nel caso?in cui successivamente intervengano un?accordo di ristrutturazione dei debiti?omologato,?un?concordato preventivo omologato, un piano di ristrutturazione proposto ai sensi dell’articolo 64-bis omologato, la liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio?di cui all’articolo 25-sexies omologato (la precisazione che anche il concordato semplificato debba essere omologato è stata inserita per allineare tale esito agli altri previsti dalla stessa disposizione);
- al comma 2, che non sono soggetti all’azione revocatoria di cui all’articolo 166, comma 2,?gli atti, i pagamenti?e le garanzie posti in essere?dall’imprenditore?nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, purché?coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti. Va sul punto precisato, in riferimento al rilievo sollevato sul punto dal parere del Consiglio di Stato, che la protezione da revocatoria è stata concepita per i soli atti di cui al comma 2 dell’articolo 166 con esclusione degli atti elencati nel comma 1 quali atti che, per le modalità e/o per i tempi di esecuzione, sono caratterizzati da un’intrinseca dannosità rispetto agli interessi dei creditori in caso di successiva apertura della liquidazione giudiziale;
- al comma 3, che gli atti di straordinaria amministrazione?ed i pagamenti?effettuati nel periodo?successivo all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto sono?in ogni caso?soggetti alle azioni di cui agli articoli 165 e 166?se, in relazione ad essi, l’esperto?ha?iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 21, comma 4, o?se il?tribunale ha rigettato?la richiesta di autorizzazione presentata ai sensi dell’articolo 22. Non emergono dal parere del Consiglio di Stato le ragioni per le quali si chiede di limitare, nel comma 3, il riferimento all’articolo 165 circoscrivendolo al solo comma 2. Tale norma, infatti, che nella rubrica recita “Azione revocatoria ordinaria” e che, con il primo comma, consente al curatore di esercitare le azioni revocatorie disciplinate dal codice civile e, con il secondo comma, individua il tribunale competente e i soggetti che possono essere convenuti in giudizio, disciplina l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria nell’interesse della massa dei creditori dopo l’apertura del concorso sul patrimonio del debitore. Limitare il riferimento al comma 2 potrebbe dunque ingenerare dubbi interpretativi e applicativi sulla portata del rinvio, ragion per cui non è stata apportata la modifica suggerita;
- al comma 4, chiarisce infine che nelle ipotesi disciplinate dai commi 1, 2 e 3 resta ferma la responsabilità dell’imprenditore per gli atti compiuti, in coerenza con la permanenza dei poteri di gestione in capo all’imprenditore prevista dall’articolo 21 e in applicazione del principio generale contenuto nell’articolo 2086 del codice civile. Anche sul punto si ritiene non necessario cogliere il suggerimento del Consiglio di Stato, che chiede a questa amministrazione di valutare se integrare il comma 4 specificando che si tratta di responsabilità civile. Tale precisazione non pare opportuna in quanto limitare la responsabilità dell'imprenditore per gli atti compiuti alla sola sede civile ingenera il dubbio che per i medesimi atti disciplinati dai commi 1 2 e tre lo stesso possa andare esente da responsabilità di tipo penale;
- al comma 5, che le disposizioni di cui agli articoli 322, comma 3 e 323 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti nel periodo successivo all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto?in coerenza con l’andamento delle trattative?e?nella prospettiva di risanamento?dell’impresa, nonché ai pagamenti e alle operazioni autorizzati dal?tribunale?a norma dell'articolo?22. In accoglimento del suggerimento del Consiglio di Stato è stata aggiunta, quale condizione di non applicabilità delle disposizioni penali appena citate, anche l'assenza delle iscrizioni del dissenso dell'esperto sugli atti di gestione compiuti in pendenza delle trattative, previste dell'articolo 21 comma 4, primo e secondo periodo.
L’articolo 25 riproduce l’articolo 13 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, che regola la conduzione delle trattative in caso di gruppo di imprese, nella quale si prevedere anche la possibilità che la composizione negoziata si svolga in forma unitaria. Le modifiche apportate rispetto al testo del decreto-legge si sostanziano nella eliminazione del comma 1, non necessario per la definizione di “gruppi di imprese” inserita nell’articolo 2, nella sostituzione della sede legale con il COMI, laddove pertinente e necessario - lasciando la sede legale quale criterio che individua la camera di commercio di deposito dell’istanza di cui all’articolo 12 – e coordinando il comma 9 con la possibilità, prevista dal Codice della crisi, di accesso ad una soluzione concordata della crisi come gruppo di imprese. La modifica del riferimento all’istanza di nomina rispetto all’articolo 17 invece che all’articolo 12 segue, come già detto, il suggerimento formulato dal Consiglio di Stato.
Nell’articolo 25-bis sono inserite le disposizioni dell’articolo 14 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, che contiene le misure premiali di natura fiscale collegate all’attivazione, da parte dell’imprenditore, della composizione negoziata, al fine di incentivarne l’utilizzo, analogamente a quanto avviene nelle procedure alternative alla liquidazione giudiziale. I primi 3 commi della disposizione in esame riprendono l’originario disposto dell’articolo 25 del Codice mentre il comma 4 dispone che in caso di pubblicazione nel registro delle imprese?del?contratto di cui all’articolo 23, comma 1, lettera a), e dell’accordo di cui all’articolo?23,?comma?1,?lettera c), l’Agenzia delle entrate concede all’imprenditore che lo richiede, con istanza sottoscritta anche dall’esperto, un piano di rateazione fino ad un massimo di settantadue rate mensili delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive non ancora iscritte a ruolo, e relativi accessori con richiamo, secondo la clausola di compatibilità, delle disposizioni dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, disposizioni rispetto alle quali si chiarisce che la sottoscrizione dell’esperto costituisce prova dell’esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà. La ratio del comma 4 è quella di consentire la rateazione dei debiti tributari maturati in capo all’impresa prima dell’inizio dell’attività di riscossione per evitare gli ostacoli alla negoziazione della crisi e alla redazione dei piani normalmente collegati alla necessità di attendere l’iscrizione a ruolo degli importi dovuti dall’imprenditore all’Erario. Il comma 5 prevede che dalla?pubblicazione nel registro delle imprese?del?contratto e dell’accordo di cui all’articolo 11, comma 1, lettere a) e c) o degli accordi di cui all’articolo?11,?comma?2, si applicano?gli articoli?88, comma?4-ter, e 101,?comma?5,?del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.? Da ultimo, il comma 6 prevede che nel caso di successiva dichiarazione di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza, gli interessi e le sanzioni sono dovuti senza le riduzioni di cui?ai commi 1 e 2. I riferimenti contenuti nell’articolo in esame all’articolo 23, sugli esiti della composizione negoziata sono stati adattati alla nuova struttura della norma, secondo i suggerimenti del Consiglio di Stato. Inoltre, come già detto in precedenza, il riferimento all’istanza di cui all’articolo 12, comma 1, è stato modificato con il riferimento all’articolo 17.
L’articolo 25-ter riproduce l’articolo 16 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, che disciplina nel dettaglio i criteri di calcolo del compenso dell’esperto con disposizione identica a quella dell’articolo 16. La disposizione è conforme a quanto richiesto dall’articolo 27, paragrafo 4 della direttiva sul collegamento tra remunerazione e esito della ristrutturazione (cfr. commi 6 e 7 della norma in esame). A seguito dei rilievi formulati dal Consiglio di Stato il comma 1 è stato modificato al fine di consentire alla commissione di commisurare il compenso alla diligenza ed all'impegno utilizzati dall'esperto nell'ambito delle trattative. In tale ottica il primo periodo del comma indica quali criteri di valutazione l'opera prestata, la sua complessità, il contributo dato nella negoziazione e la sollecitudine con cui sono state condotte le trattative; inoltre gli scaglioni sono stati rimodulati prevedendo, come richiesto, una percentuale minima e una massima, così da consentire una quantificazione del compenso che possa essere graduata rispetto alla complessità dell'incarico, alle modalità con le quali è stato svolto ed ai risultati ottenuti.
La norma è stata inoltre modificata per: sostituire il riferimento all’articolo 12 con quello all’articolo 17, come nel resto del testo; sostituire, nel comma 5, il riferimento corretto dopo lo spostamento nell’articolo 4 della norma sulla consultazione dei lavoratori suggerito dal Consiglio di Stato; precisare, nel comma 6, il riferimento agli accordi contenuti nel modificato articolo 23; correggere un errore contenuto all'interno del comma 9 che la renderebbe inapplicabile alle imprese individuali ed alle società di persone in regime fiscale semplificato. La disposizione contenuta nello schema approvato il 17.3.2022 dispone che le percentuali indicate nel comma 1 vanno calcolate sulla media dell'attivo dell’impresa risultante dagli ultimi tre bilanci oppure, in mancanza, sulla media dell'attivo risultata dalle ultime tre dichiarazioni dei redditi. Tale seconda indicazione, tuttavia, non consente di individuare l'attivo di riferimento per le società che non depositano bilanci in quanto le dichiarazioni dei redditi non contengono una tale voce. Per garantire la piena operatività della norma è stato quindi necessario modificarla prevedendo, quale criterio alternativo ai bilanci, quello dell'attivo risultante dalla situazione patrimoniale e finanziaria depositata dall'impresa ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera a) al momento dell'accesso alla composizione negoziata.
Le disposizioni contenute nell’articolo 25-quater corrispondono sostanzialmente a quelle dell’articolo 17 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, che regolamenta il ricorso alla procedura di composizione negoziata da parte delle imprese di minori dimensioni. Rispetto al testo del decreto-legge, l’articolo 25-quater contiene una più razionale e completa previsione sugli esiti della composizione negoziata, distinguendo tra gli esiti negoziali e quelli giudiziali, per tali imprese e per le imprese agricole. Nel parere n. 832/2022 il Consiglio di Stato ha dato le seguenti indicazioni:
Sul punto di cui alla lettera a) va preliminarmente osservato, che la norma si riferisce alle imprese minori ma anche alle imprese agricole di dimensioni ridotte (mentre le imprese agricole in possesso dei requisiti dimensionali per la sottoposizione a liquidazione giudiziale accedono alla composizione secondo la disciplina generale). Inoltre, le imprese minori definite dal Codice sono solo le imprese commerciali di dimensioni ridotte. Se si modificasse la rubrica, dunque, non si avrebbe corrispondenza tra il suo contenuto e i destinatari della norma. Tuttavia, per meglio chiarire la portata della norma appare necessario, innanzitutto, mantenere le parole “sotto soglia” che rendono immediatamente comprensibile il fatto che i destinatari della norma sono gli imprenditori di dimensioni ridotte. In secondo luogo, il primo comma viene modificato chiarendo che la norma riguarda le imprese, commerciali ed agricole, che possiedono i requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d) e che si trovano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza.
In relazione a quanto esposto nella lettera b) sono condivisibili le osservazioni formulate sulla scelta di utilizzare il doppio binario di accesso alla composizione negoziata. La possibilità di rivolgersi agli OCC, attualmente prevista dalla norma vigente, non solo non pare adeguatamente disciplinata (non essendovi disposizioni puntuali e chiare sulla scelta dell’esperto, sull’eccesso alla piattaforma né disposizioni di raccordo rispetto alla disciplina generale sul funzionamento della composizione negoziata), ma sta creando rilevanti problemi interpretativi e applicativi. In accoglimento del suggerimento del Consiglio di stato dunque, anche per le imprese sotto soglia, si prevede un meccanismo unico di accesso, sia pure più semplificato, che passa per le Camere di commercio competenti.
Sulla lettera c) si osserva che l’esigenza di concentrare le disposizioni dell’articolo in esame in un’unica norma contenente disposizioni da applicare alle imprese in sovraindebitamento di piccole dimensioni hanno originariamente imposto di inserire in un solo comma quello che l’articolo 23 disciplina in tre commi, elemento che ha probabilmente ingenerato i paventati problemi di raccordo tra le due disposizioni. Tuttavia, in accoglimento del suggerimento di raccordo con il citato articolo 23, l’originario comma 4, divenuto comma 3 dopo la riorganizzazione delle disposizioni di cui si dirà di seguito, è stato suddiviso in due commi contenenti rispettivamente, come per l’articolo 23, gli esiti negoziali e gli esiti più strettamente procedurali
Infine, rispetto a quanto esposto alla lettera d), la disciplina dettata nella norma è stata modificata tenendo conto delle criticità evidenziate nel parere del Consiglio di Stato. In tale ottica, le disposizioni dell’articolo 25-quater sono state riviste e razionalizzate con un rinvio più puntuale alle norme dettate per la composizione negoziata delle imprese di maggiori dimensioni e con una disciplina più chiara degli aspetti peculiari della composizione alla quale accede un’impresa sotto soglia. Nel rinviare alla disciplina generale è stata tuttavia mantenuta la clausola di compatibilità sia perché si tratta di strumento che evita interpretazioni rigide e poco efficienti in relazione all’applicazione delle norme richiamate sia perché, trattandosi di norma vigente, eliminare tale riferimento potrebbe creare nell’interprete e negli operatori rilevanti dubbi applicativi per il solo fatto della eliminazione della clausola nel nuovo testo.
Nel valutare i richiami operati, è stata aggiunta, nel comma 6, una specifica previsione sulla conservazione degli effetti degli atti compiuti dall’impresa che non poteva essere agevolmente inserita con il mero richiamo, originariamente operato, all’intero articolo 24. Dall’attento esame delle disposizioni di tale ultima norma - concepita per le imprese sopra soglia, alle quali sono applicabili le disposizioni penali ed è esperibile l’azione revocatoria di cui all’articolo 166 del Codice - rispetto alle imprese in sovraindebitamento, è emersa l’applicabilità dei soli commi 3 (sulla revocatoria ordinaria degli atti per i quali l’esperto ha iscritto il dissenso o il tribunale non ha concesso le autorizzazioni di cui all’articolo 22) e 4 (sulla responsabilità dell’imprenditore per gli atti di gestione che compie nel corso della composizione negoziata). Il comma 6 dunque riproduce la previsione del comma 1 dell’articolo 24 adattandola agli strumenti di regolazione della crisi utilizzabili dalle imprese in sovraindebitamento sotto soglia.
All’interno del comma 2 è stata inoltre inserita la precisazione per cui “La dichiarazione di cui all’articolo 17, comma 3, lettera d), riguarda la pendenza di una procedura di liquidazione controllata e contiene l’attestazione di non avere depositato ricorso ai sensi dell’articolo 74 e, per le imprese agricole, anche ai sensi dell’articolo 57” per colmare il difetto di coordinamento esistente rispetto alla disciplina contenuta nell’articolo 17, evidenziato dal Consiglio di Stato in relazione all’articolo 25-quinquies (che non consente di accedere alla composizione negoziata in caso di deposito di domanda di concordato minore).
L’articolo 25-quinquies riproduce il comma 2 dell’articolo 23 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, che non consente l’accesso alla composizione negoziata in pendenza del procedimento per l’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a) e 54, comma 3, o dell’articolo 74. A tale disposizione è stata aggiunta la previsione del secondo periodo con la quale i medesimi limiti di accesso sussistono anche in caso di rinuncia dell’imprenditore alle domande indicate nel medesimo periodo, intervenuta nei quattro mesi precedenti la presentazione dell’istanza. Si tratta di integrazione con la quale si intende scoraggiare l’abbandono di una procedura di ristrutturazione giudiziale al solo fine di entrare nel percorso stragiudiziale della composizione per evitare eventuali abusi e possibili danni ai creditori. La norma riguarda la pendenza di procedure giudiziali già avviate per la composizione della crisi o dell’insolvenza, quindi, non è accolto il rilievo formulato dalla 2° Commissione Giustizia del Senato sull’inserimento, al suo interno, della liquidazione controllata, che ha appunto natura liquidatoria.
Nel comma 1 è stato sostituito il riferimento all’articolo 12 con quello all’articolo 17, come nel resto del testo, secondo il suggerimento in tal senso del Consiglio di Stato.
La problematica di coordinamento rispetto alla disciplina di accesso alla composizione negoziata per le imprese minori (che, in pendenza di domanda di concordato minore, non possono chiedere la nomina dell’esperto) è stata invece risolta modificando, nel senso in precedenza esposto, non l’articolo 17 ma l’articolo 25-quater, norma che detta appunto tutte le regole di accesso alla composizione negoziata per le imprese minori.
Nel nuovo Titolo II, il Capo II contiene la disciplina del “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito della composizione negoziata” con le seguenti norme:
- l’articolo 25-sexies, nel quale sono inserite le disposizioni dell’articolo 18 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, che ha introdotto, quale possibile sbocco della composizione negoziata, una nuova procedura di concordato semplificato avente finalità liquidatorie, alternativa rispetto agli altri strumenti e procedure disciplinate dal Codice. Il comma 1 della norma in esame stabilisce che quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni di cui all’articolo 23 commi 1 e 2 lettera b), non sono praticabili, l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all’articolo 17, comma 8, una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’articolo 39. Il comma 2 dispone che l’imprenditore chiede l’omologazione del concordato con ricorso depositato al tribunale del luogo in cui si trova la sede principale dell’impresa, comunicato al pubblico ministero e pubblicato, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria. La norma specifica che dalla data della pubblicazione del ricorso si producono gli effetti di cui agli articoli 6, 46, 94 e 96. Il comma 3 prevede che il tribunale, valutata la ritualità della proposta, acquisiti la relazione finale di cui al comma 1 e il parere dell’esperto con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte, nomina un ausiliario ai sensi dell’articolo 68 del codice di procedura civile. All’ausiliario, che deve comunicare al tribunale l’accettazione dell’incarico entro tre giorni dalla ricezione del provvedimento di nomina, si applicano, al pari degli altri professionisti nominati nell’ambito della gestione delle procedure concorsuali, le disposizioni di cui agli articoli 35, comma 4-bis, e 35.1 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”. Sono inoltre richiamate le disposizioni dettate dall’articolo 35.2 dello stesso decreto per assicurare la vigilanza sul rispetto delle cause di incompatibilità sancite dagli articoli 35, comma 4-bis, e 35.1 del Codice antimafia. Il comma 4 dispone che, con il decreto del comma precedente, il tribunale ordina che la proposta, unitamente al parere dell’ausiliario e alla relazione finale dell’esperto, venga comunicata a cura del debitore ai creditori risultanti dall’elenco depositato unitamente al ricorso, ove possibile a mezzo posta elettronica certificata, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione e fissa la data dell’udienza per l’omologazione. E’ previsto che tra il giorno della comunicazione del provvedimento e quello dell’udienza di omologazione debbano decorrere non meno di quarantacinque giorni e che i creditori e qualsiasi interessato possano proporre opposizione all’omologazione, costituendosi nel termine perentorio di 10 giorni prima dell’udienza fissata. Al comma 5 è previsto che il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, omologa il concordato quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, rileva che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e che comunque assicura un’utilità a ciascun creditore. Il comma 6 specifica che il tribunale provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo e che il decreto, pubblicato a norma dell’articolo 45, è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre reclamo alla corte di appello ai sensi dell’articolo 247. Il comma 7 dispone che il decreto della corte d’appello è ricorribile per cassazione entro trenta giorni dalla comunicazione. Il comma 8 prevede che si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 106, 117, 118, 119, 324 e 341, sostituita la figura del commissario giudiziale con quella dell’ausiliario e che, ai fini di cui all’articolo 106, il decreto di cui al comma 4 equivale all’ammissione al concordato;
- l’articolo 25-septies, nel quale sono inserite le disposizioni dell’articolo 19 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, che regolano il procedimento del concordato semplificato.
Il Capo III del Titolo II infine, contiene le seguenti disposizioni sulle “Segnalazioni per la anticipata emersione della crisi e programma informatico di verifica della sostenibilità del debito e di elaborazione di piani di rateizzazione”.
L’articolo 25-octies riproduce le previsioni dell’articolo 15 del decreto-legge n. 118 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, sulle segnalazioni dell’organo di controllo all’organo amministrativo, necessarie per completare e rafforzare quanto richiesto dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva. Non pare opportuno inserire, nella norma in esame, quanto richiesto dalla II Commissione Giustizia della Camera nel parere espresso, nel quale si sottolinea l’esigenza di introdurre una migliore delimitazione della responsabilità degli organi di controllo. Da un lato, infatti, si osserva che la segnalazione in esame è connessa alla composizione negoziata e quindi può essere inviata anche in una fase di iniziale emersione della crisi, nell’ottica di tempestiva adozione delle misure necessarie richiesta dalla direttiva. In secondo luogo, l’intervento dell’organo di controllo non può essere delimitato e irrigidito in norme primarie che ne stabiliscono i principi generali di esercizio posto che la sua tempestività e opportunità risentono di numerosi fattori correlati al caso concreto e alle condizioni in cui si trova l’impresa.
E’ stato modificato infine, nel comma 1, il riferimento all’istanza di cui all’articolo 12 con quello all’articolo 17, secondo il suggerimento del Consiglio di Stato.
L’articolo 25-novies contiene le disposizioni dell’articolo 30-sexies del decreto-legge n. 152 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n 233 del 2021, che, in attuazione dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, disciplina le segnalazioni che i creditori pubblici qualificati inviano all’imprenditore in presenza di determinati livelli di esposizione debitoria dallo stesso maturata nei loro confronti. Rispetto alla norma vigente è stato aggiunto, tra gli enti segnalanti, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Tale disposizione è stata oggetto di osservazioni formulate dal Consiglio di Stato e dalle Camere (v. pareri Commissioni 2° Giustizia del Senato e II Commissione Giustizia della Camera) con le quali è stato rilevato che gli importi che danno luogo alle segnalazioni non perseguono in modo efficace l’obiettivo dell’allerta dello stato di crisi essendo troppo bassi e del tutto sganciati dalle dimensioni dell’impresa. Sul punto si rileva, in via preliminare, che la norma in esame, vigente e attuativa degli obiettivi del PNRR al 31.12.2021, non intende creare un sistema di allerta assimilabile a quello delineato nel Titolo II del Codice che si sta modificando e quindi non intende segnalare all’impresa una situazione di difficoltà rilevante e potenzialmente già corrispondente ad uno stato di crisi o di insolvenza. La ratio perseguita è invece in linea con quella indicata nella direttiva 2019/1023 che, all’articolo 3, paragrafo 1, richiede meccanismi di allerta tramite i quali è segnalata al debitore la necessità di attivarsi prontamente. Il considerando 22 precisa anche che “quanto prima un debitore è in grado di individuare le proprie difficoltà finanziarie e prendere le misure opportune, tanto maggiore è la probabilità che eviti un'insolvenza imminente o, nel caso di un'impresa la cui sostenibilità economica è definitivamente compromessa, tanto più ordinato ed efficace sarà il processo di liquidazione”. In tale ottica, le segnalazioni previste nella norma non intendono evidenziare all’imprenditore una situazione di evidente squilibrio, ma hanno la funzione di notiziarlo tempestivamente dell’esistenza di determinati inadempimenti che potrebbero anche non essere significativi ma che l’impresa deve valutare per verificare se sono frutto di una fisiologica carenza di liquidità o se sono segnali di una situazione di difficoltà rispetto alla quale occorre intervenire. La mancata previsione di passaggi ulteriori a carico dei creditori pubblici qualificati e di conseguenze rispetto all’eventuale omessa attivazione da parte dell’impresa rendono chiaro l’intento della norma che, va ribadito, serve a segnalare, in uno stadio molto anticipato, l’esistenza di inadempimenti che potrebbero anche non richiedere, all’esito dell’analisi della complessiva situazione dell’impresa rimessa al debitore, l’attivazione di strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza. Se da un lato dunque non vengono riviste le soglie debitorie stabilite nell’articolo in esame, va tuttavia colto il suggerimento dell’adeguamento dei tempi di applicazione della segnalazione rispetto rispetto all’INAIL, non contemplata tra i creditori segnalanti nella norma in vigore.
L’articolo 25-decies, anch’esso in attuazione dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, riprende quanto previsto nella previsione originale dell’articolo 14, comma 4, del Codice e stabilisce che le banche e gli altri intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico bancario, nel momento in cui comunicano al cliente variazioni o revisioni o revoche degli affidamenti, ne danno notizia anche agli organi di controllo societari, se esistenti.
L’articolo 25-undecies, che riproduce l’articolo 30-quinquies del decreto-legge n. 152 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n 233 del 2021. Trattasi della norma che ha previsto l’inserimento nella piattaforma unica nazionale della composizione negoziata di un programma informatico per la verifica della sostenibilità del debito maturato e per la condizione del test pratico di cui all’articolo 13, comma 2. Il comma 2 dell’articolo 25-undecies prevede anche che, per indebitamenti fino a trentamila euro, lo stesso programma informatico di cui al comma 1 predispone piani di rateizzazione del debito da sottoporre ai creditori per l’approvazione affinché il debitore possa, in tempi rapidi e senza sopportare ulteriori costi, risolvere la situazione di difficoltà in cui si trova ristrutturando il debito accumulato. La creazione del programma informatico e dunque l’individuazione delle sue caratteristiche e specifiche tecniche è affidata al decreto già previsto dall’articolo 30-quinquies, comma 3, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233 per il quale è indicato un ulteriore termine di adozione in ragione dell’abrogazione dello stesso articolo 30-quinquies disposta dall’articolo 44 dello schema di decreto legislativo.
L’articolo 7 modifica il Titolo III della Parte Pima per inserire la dizione “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” in luogo della attuale.
L’articolo 8 interviene sulla Parte Prima, Titolo III, Capo I, del Codice apportando ai commi 1 e 2 dell’articolo 26 le modifiche rese necessarie per l’introduzione della dizione “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”.
L’articolo 9 modifica il Capo II del Titolo III della Parte Prima per apportarvi le stesse modifiche contenute nell’articolo 8 e, in particolare, con il comma 1, modifica l’articolo 27 (nel quale corregge anche un refuso presente nel comma 3, lettere a e c), con il comma 2 sostituisce l’articolo 28 e, con il comma 3, interviene sul comma 1 dell’articolo 30.
L’articolo 10 interviene sul Capo IV del Titolo III della Parte Prima, con le stesse modifiche descritte con riferimento agli articoli 8 e 9, che riguardano la rubrica del Capo IV.
L’articolo 11 riguarda la Sezione I del Capo IV, Titolo III, Parte Prima del Codice, modificando, come già visto negli articoli 8, 9 e 10, con il comma 1, la rubrica della Sezione I, con il comma 2, l’articolo 37, con il comma 3, l’articolo 38, con il comma 4, l’articolo 39. La modifica degli articoli 38 e 39 riguarda il testo già modificato con il decreto legislativo 26 ottobre 2020, n. 147. Nel verificare le modifiche apportate all’articolo 37, è stato rilevato un errore all’interno del comma 1, dove stata inserita, nel testo approvato il 17.3.2022, anche la procedura di insolvenza le cui modalità di instaurazione sono tuttavia compiutamente disciplinate dal comma 2. E’ stato quindi mantenuto il solo riferimento agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza.
Nel comma 4 dell’articolo in esame è stato recepito il suggerimento del Consiglio di Stato sull’articolo 39, comma 3, secondo il quale, considerata la modifica dell’articolo 44 operata con il presente schema di decreto e la perfetta coincidenza realizzata rispetto al medesimo comma 3 dell’articolo 39, l’incipit del comma è stato semplificato facendo riferimento alla domanda presentata ai sensi dell’articolo 44 invece che alla domanda avente ad oggetto la concessione dei termini previsti dall’articolo 44.
Con l’articolo 12 sono modificati:
- con il comma 1, la rubrica della Sezione II del Capo IV, Titolo III, Parte Prima, secondo quanto descritto all’articolo 11;
- con il comma 2 l’articolo 40 del Codice, integralmente sostituito, che disciplina il cosiddetto procedimento unitario, vale a dire la procedura unica da seguire per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale.
Le ragioni della riscrittura dell'articolo 40 risiedono, da un lato, nell'esigenza di armonizzarne le disposizioni processuali con la disciplina del concordato preventivo in continuità aziendale, modificata a seguito del recepimento dei principi contenuti negli articoli 9, 10 e 11 e, dall'altro, dal principio di efficienza di cui al Titolo IV della direttiva, che permea di sé tutti i procedimenti di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza ed alle procedure di insolvenza. In particolare, la norma, come modificata:
- contiene disposizioni sulla presentazione della domanda di accesso, precisando quale sia la disciplina applicabile al ricorso depositato da società (comma 2);
- chiarisce che nel caso di domanda di accesso ad un giudizio di omologazione di accordi di ristrutturazione la nomina del commissario giudiziale è valutata caso per caso, come richiesto dall'articolo 5 paragrafo 2 della direttiva (comma 4). Sul punto è stato accolto il suggerimento del Consiglio di Stato ed è stato inserito un inciso finale che anche in caso di pendenza dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale consente al tribunale di valutare la necessità della nomina del commissario attuando così in pieno, per la domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione, il divieto di nomina automatica del professionista. La norma in esame recepisce altresì l’ulteriore suggerimento, formulato ancora nel parere del 1° aprile 2022, di indicazione del provvedimento con il quale avviene la nomina. Tale provvedimento è individuato nel decreto di cui all’articolo 48, comma 4, e cioè nel provvedimento con il quale il tribunale, a seguito del deposito di opposizioni all’omologazione degli accordi, fissa l’udienza innanzi a sé;
- dopo aver riprodotto i commi 4, 5, 6 e 7 attualmente previsti dal Codice (commi 5, 6, 7 e 8), detta disposizioni puntuali sul rapporto tra domande di accesso a diversi strumenti e procedure pendenti nei confronti del medesimo debitore e sulle concrete possibilità di instaurazione di procedimenti liquidatori nell’ambito di quelli di composizione della crisi e viceversa (commi 9 e 10). Sulle ragioni che giustificano la diversità dei termini stabiliti per la proposizione di domande di apertura della liquidazione giudiziale in pendenza di una procedura di regolazione della crisi rispetto ai termini, più stringenti, concessi al debitore per proporre una soluzione di regolazione della crisi nell’ambito del procedimento pendente per l’apertura della liquidazione giudiziale, va esplicitato l’intento perseguito, come richiesto dal Consiglio di Stato. Le ragioni del diverso trattamento sono rinvenibili, in primo luogo, nella volontà, sottolineata nello stesso parere 832/2022, di limitare possibili condotte abusive e dilatorie del debitore per paralizzare il procedimento di apertura della liquidazione giudiziale instaurato nei suoi confronti dii creditori. La previsione in esame inoltre ha la funzione di stimolare l’impresa ad attivarsi tempestivamente per la risoluzione della propria situazione di crisi o di insolvenza e quindi ad immaginare soluzioni prima che i creditori siano indotti ad adire le vie giudiziali in ragione della sua inerzia. Il tutto in coerenza con l’obiettivo della rapida emersione della crisi o dell’insolvenza e della efficiente gestione di tali situazioni di difficoltà dell’impresa, perseguiti dalla direttiva. In accoglimento dei suggerimenti formulati dal Consiglio di Stato su tali commi si è provveduto a inserire nei commi 9 e 10 la precisazione sul fatto che le domande proposte nell’ambito dei procedimenti pendenti sono formulate, con ricorso ai sensi dell’articolo 37, comma 1, e nel rispetto degli obblighi di cui all’articolo 39; rispetto al comma 10, è stata inserita, in coerenza con il principio dettato dall’articolo 7, la possibilità di proposizione separata della domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi, con riunione d’ufficio al procedimento pendente, purché depositata nello stesso termine indicato nel caso di domanda proposta nel giudizio pendente. Altra modifica apportata riguarda la precisazione, necessaria in quanto processualmente più corretta, che il termine ultimo è fissato a pena di decadenza e non di inammissibilità. Il comma 10 è stato infine integrato in ragione dei suggerimenti, già anticipati, formulati nell’ambito dell’articolo 25-quater, prevedendo che in caso di pendenza di procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale introdotto da uno o più creditori, l’imprenditore che ha avuto accesso alla composizione negoziata può fare ricorso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza anche oltre la prima udienza del procedimento pendente. Coerentemente con le finalità della direttiva, tale deroga è volta a consentire il risanamento se e quando dalle trattative siano emerse possibili soluzioni per la ristrutturazione dell’attività. Tuttavia, al fine di evitare un utilizzo strumentale della composizione negoziata, che potrebbe essere attivata e portata avanti al solo fine di boccare la definizione del procedimento di apertura della liquidazione giudiziale e di evitare il termine di decadenza di cui si è detto, è previsto che le domande di accesso devono essere depositate entro sessanta giorni dalla comunicazione che l’esperto invia all’imprenditore al termine delle trattative ai sensi dell’articolo 17, comma 8. Non sarà quindi sufficiente l’accesso alla composizione negoziata essendo richiesta la conclusione delle trattative. La disposizione, in definitiva, intende contemperare l’esigenza di favorire la risoluzione della crisi o dell’insolvenza mediante procedure di ristrutturazione o comunque mediante procedure di tipo negoziale con l’esigenza di evitare comportamenti dilatori, dannosi per i creditori e per il mercato di riferimento.
Il comma 3 dell’articolo 12 interviene sull'articolo 43 del Codice, che disciplina l'ipotesi della rinuncia alla domanda presentata ai sensi dell'articolo 40, chiarendo innanzitutto, alla lettera a), che, nel caso di rinuncia da parte del ricorrente, è fatta salva la possibilità per le altre parti intervenute e per il pubblico ministero di proseguire, e sancendo il principio in virtù del quale anche il pubblico ministero può rinunciare alla domanda di apertura della liquidazione giudiziale se ritiene non sussistenti i relativi presupposti. Le modifiche apportate al comma 1, secondo quanto indicato nel parere del Consiglio di Stato, sono volte a precisare l’intenzione perseguita con le modifiche contenute nello schema e quindi a chiarire che la facoltà di proseguire il procedimento per le altre parti, nonostante la rinuncia del debitore, sussiste per la sola procedura per l’apertura della liquidazione giudiziale. E’ stata inoltre tenuta ferma la facoltà per il solo debitore di presentare domande di accesso a strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza e rispetto a tale scelta, che preserva il sistema attuale, nella tabella di concordanza è eliminato il riferimento alle offerte concorrenti, e quindi all’articolo 90, indicato come parziale esercizio dell’opzione di cui all’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma della direttiva, posto che anche tali offerte vengono meno se debitore rinuncia alla domanda di regolazione della crisi. Ancora in accoglimento del suggerimento contenuto nel parere del Consiglio di Stato, e dunque per maggiore chiarezza della disposizione inserita in attuazione dei principi di efficienza delle procedure, nel comma 1, secondo periodo, dell’articolo 43 si precisa che anche la facoltà di rinuncia concessa al pubblico ministero riguarda la sola domanda di apertura della liquidazione giudiziale.
Con la lettera b) dell’articolo 12, comma 3 dello schema di decreto, si modifica il comma 2 della stessa norma, come modificata dal decreto legislativo 26 ottobre 2020, n. 147, ancora nell’ottica della semplificazione e chiarezza del procedimento unitario. La disposizione è stata corretta rispetto allo schema approvato il 17 marzo 2022 sostituendo la parola “quella” con le parole “la parte”, per eliminare un difetto di coordinamento del testo ed in particolare della seconda parte della proposizione rispetto alla prima parte, modificata con l’eliminazione dell’iniziativa di parte per la condanna alle spese in caso di estinzione.
Il comma 4 dell’articolo 12 dello schema di decreto legislativo sostituisce l'articolo 44 del Codice modificandone la rubrica e, in parte, il contenuto. La disposizione introdotta, in particolare: precisa, rispetto alle disposizioni originarie, che si tratta di norme applicabili ai casi in cui il debitore deposita la domanda di accesso al procedimento unitario con riserva di presentare la proposta, il piano o gli accordi da omologare (c.d. concordato con riserva o in bianco); precisa la sua applicabilità anche nell’ipotesi di successivo deposito di domanda di omologazione del piano di cui all’articolo 64-bis; riprende e riproduce, in gran parte, il contenuto dell’articolo 161, sesto comma, della legge fallimentare, dettando le disposizioni applicabili durante i termini concessi all'imprenditore per il deposito della documentazione inerente allo strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza prescelto . La norma è stata modificata, sia nella rubrica sia nel comma 1, a seguito delle indicazioni del Consiglio di Stato, volte a chiarire la natura dell’attuale articolo 44 quale disposizione che disciplina la domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza con riserva. Nella rubrica è parso tuttavia preferibile utilizzare la parola “Accesso a..” invece di quella suggerita “Domanda di accesso a…” per sottolineare che la norma non disciplina una domanda distinta rispetto a quella di cui all’articolo 40 ma si occupa del medesimo procedimento attivato anche se con riserva della produzione dei documenti necessari.
A seguito dei rilievi del Consiglio di Stato sono state inserite, modificando il comma 5, le proposte di coordinamento necessarie in relazione all’articolo 45 per includere, nel suo comma 1, la menzione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione e, nel comma 2, l’eliminazione del riferimento alla eventuale nomina del commissario prevista dall’originaria versione dell’articolo 44, comma 1, lettera b) che la stabiliva non in ogni caso di domanda con riserva ma solo se si trattava di domanda di concordato preventivo.
Con il comma 6, che corrisponde al comma 5 dello schema approvato il 17 marzo 2022, si persegue l'efficienza del procedimento unitario e la sua coerenza interna. Esso modifica l'articolo 46 del Codice chiarendo che le disposizioni dallo stesso dettate si riferiscono agli effetti derivanti dal deposito della domanda di accesso “al concordato preventivo, anche ai sensi dell’articolo 44” - quando cioè il debitore accede con riserva di produzione documentale -, e eliminando un refuso esistente nel comma 2 della norma attuale.
Il comma 7 sostituisce l'articolo 47 del Codice per introdurre una disciplina funzionale, in primo luogo, ad assicurare procedure di ristrutturazione in continuità aziendale rapide e snelle nelle quali l'intervento dell'autorità giudiziaria al momento dell’apertura della procedura, è limitato e circoscritto. In tale ottica, il comma 1 dell’articolo 47 chiarisce l’ambito del giudizio di ammissibilità che il tribunale compie al momento del deposito del piano e della proposta di concordato, introducendo limiti più stringenti rispetto al concordato in continuità aziendale. Il comma 2 contiene i provvedimenti che il tribunale adotta se ritiene la proposta ammissibile, con previsioni del tutto analoghe a quelle dell'attuale Codice, ed i commi successivi riproducono a loro volta disposizioni sostanzialmente analoghe a quelle attuali ma riviste alla luce della diversa portata del giudizio di ammissibilità delineata nel comma 1. La modifica del termine per proporre reclamo contenuta nel comma 5, portato a trenta giorni rispetto ai quindici dell’attuale comma 4, allinea tale termine agli ordinari termini di impugnazione, ancora una volta nell'ottica della razionalizzazione e semplificazione del procedimento unitario. L’intervento è complessivamente attuativo del procedimento delineato dagli articoli 9, 10 e 11 della direttiva che richiede una procedura più rapida, affidata al consenso del creditore e con poteri di intervento del tribunale limitati e circoscritti.
Il comma 8 dell’articolo 12 interviene sull'articolo 48 introducendo una norma che contiene le disposizioni processuali del giudizio di omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione. Come anche suggerito dal Consiglio di Stato in ragione della natura procedurale della norma, la rubrica è stata integrata. Tuttavia, per renderla maggiormente rispondente al contenuto della norma e per non creare confusione rispetto alla rubrica dell’articolo 112, è stata modificata con l’indicazione di “procedimento” di omologazione e non di “giudizio”. Le previsioni della norma in esame sono state razionalizzate e riviste alla luce delle modifiche apportate alla disciplina del concordato in continuità aziendale per l’attuazione degli articoli 9, 10 e 11 della direttiva, in termini di contenuto della proposta, formazione delle classi, diritto di voto, ristrutturazione trasversale e giudizio di convenienza. E’ stata inoltre inserita, al comma 6, la previsione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione tra gli esiti del giudizio. Con la modifica in esame, le disposizioni contenute nell’attuale comma 5 dell’articolo 48, che consente l'omologazione degli ADR e del concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza assistenza obbligatoria, sono state eliminate dall’articolo 48 per essere trasposte in due separate disposizioni: nell'articolo 63, comma 2-bis, per gli accordi di ristrutturazione e nell'articolo 88, 2-bis, per il concordato preventivo. L’articolo 48 è stato ulteriormente modificato secondo quanto indicato dal Consiglio di Stato chiarendo che il tribunale definisce con sentenza il procedimento anche quando rigetta la domanda di omologazione e non è stata proposta domanda di apertura della liquidazione giudiziale e coordinando la norma con le disposizioni dell’articolo 49.
Il comma 9 interviene sull’articolo 49, comma 1 per inserire al suo interno la dizione “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”. Su tale norma il Consiglio di Stato ha suggerito di aggiungere, nel comma 1, il riferimento ad un’apposita statuizione al fine di formulare più esplicitamente l’inciso iniziale. Sul punto è tuttavia preferibile non aggiungere ulteriori precisazioni dopo la parola “definite” posto che, trattandosi di procedimento unitario, la sentenza menzionata nello stesso comma è necessariamente il provvedimento che definisce ogni domanda e pronuncia sulla liquidazione giudiziale contenendo in sé tutti gli esiti che può avere il procedimento.
L’attento esame della norma ha consentito inoltre di rilevare un difetto di coordinamento del comma 2 dell’articolo 49 rispetto all’ipotesi di mancata ammissione alla procedura di concordato preventivo, in ragione del quale è stato aggiunto il riferimento all’articolo 47, comma 4, tra le ipotesi di apertura della liquidazione giudiziale.
Il comma 10 modifica l’articolo 50, comma 4, per coordinare i richiami in esso contenuti con le nuove disposizioni dell’articolo 40.
Con il comma 11 si modifica l'articolo 51, contenente la disciplina delle impugnazioni nell'ambito del procedimento unitario, per inserire l'ipotesi del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione di nuova introduzione (articolo 64-bis).
Con la lettera b) del comma 11, è altresì modificato il comma 14 dell’articolo 51 per chiarire i dubbi interpretativi sorti sulla sua attuale formulazione e dunque per prevedere espressamente le disposizioni sulla sospensione della liquidazione e dell'esecuzione del piano o degli accordi di cui all'articolo 152 si applicano in caso di ricorso per cassazione promosso contro la sentenza che ha rigettato il reclamo.
Con il comma 12 si modifica l’articolo 52, comma 1, per inserirvi la menzione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, secondo quanto osservato e suggerito nel parere del Consiglio di Stato.
Il comma 13 modifica l’articolo 53 inserendo il comma 5-bis con il quale si prevede, in attuazione dell’articolo 16, paragrafo 4, della direttiva, che in caso di accoglimento del reclamo proposto avverso la sentenza di omologazione del concordato preventivo in continuità aziendale, la corte d’appello, su richiesta delle parti, può confermare la sentenza di omologazione se l’interesse generale dei creditori e dei lavoratori prevale rispetto al pregiudizio subito dal reclamante. E’ previsto, in tale ipotesi, il diritto del reclamante ad ottenere il risarcimento del conseguente danno patito, risarcimento che sarà posto a carico del debitore in concordato preventivo. Sul punto il Consiglio di Stato chiede di valutare l’opportunità di individuare nella norma i parametri di liquidazione del danno e le modalità di liquidazione del risarcimento. Tale integrazione della disposizione non pare tuttavia necessaria posto che nel richiedere il risarcimento del danno è il creditore opponente a doverlo allegare e dimostrare, secondo i principi generali in tema di risarcimento del danno, così come è il tribunale a valutare, accertato e liquidato il danno, se esso sia compatibile con l’omologazione del piano o se determini uno squilibrio del fabbisogno concordatario rispetto alle risorse disponibili ed al contenuto della proposta votata dai creditori. Va peraltro considerato che, a fronte di una norma quale quella in esame, sarà eventualmente onere del debitore quello di predisporre piani muniti di accantonamenti per eventuali danni da riconoscere ai creditori opponenti al fine di poter richiedere comunque l’omologazione in caso di opposizioni quale quella in esame. In definitiva, appare preferibile lasciare che le questioni evidenziate nel parere non vengano irrigidite in disposizioni normative, peraltro di difficile costruzione, ma che siano risolte nella pratica; solo in tal modo è infatti possibile tenere conto delle circostanze del caso concreto (che includono, ad esempio, le peculiarità della singola operazione di ristrutturazione, il contenuto delle opposizioni proposte, i danni concretamente patiti dai creditori, la loro incidenza sulla possibilità di esecuzione del piano etc.).
L’articolo 13 interviene sulla Parte Prima, Titolo III, Capo IV, Sezione III, sostituendo, con il comma 1, l'articolo 54 del Codice, contenente la disciplina delle misure cautelari e protettive.
Le modifiche apportate sono funzionali:
- al coordinamento con la disciplina delle misure protettive e cautelari previste dall'articolo 18, comma 1, nell'ambito della composizione negoziata ed a chiarire la natura dei provvedimenti adottati rispetto alla disciplina del procedimento cautelare uniforme (comma 1). Rispetto al primo punto, i suggerimenti contenuti nel parere del Consiglio di Stato sui rapporti tra le misure dell’articolo 54 e la composizione negoziata sono stati accolti (tenendo conto della diversa natura e provenienza dei procedimenti, come esposto in relazione all’articolo 19) chiedendo al giudice delle misure cautelari adito dopo la pubblicazione dell’istanza di cui all’articolo 18 di tenere conto anche dello stato delle trattative;
- alla correzione di un difetto di coordinamento rilevato tra la definizione delle misure protettive di cui all’articolo 2, comma 1, lettera p), nel quale si menziona la protezione da “determinate azioni dei creditori”, e la disciplina dell’articolo 54. Sul punto va quindi corretto quanto in precedenza esp0sto in relazione a tale disposizione (collegata all’esercizio dell'opzione prevista dall'articolo 6, paragrafo 3, della direttiva). In relazione a quanto rilevato dal Consiglio di Stato sulla previsione in esame, si evidenzia che si tratta delle misure protettive selettive già previste nella richiamata definizione del Codice e quindi inserita in coerenza con l’impianto adottato dal Codice. La non rispondenza alla opzione contenuta nella direttiva ha portato all’eliminazione della previsione contenuta nel suo articolo 6, paragrafo 3, sull’onere per il debitore di dimostrare di avere informato i creditori interessati;
- alla possibilità di richiedere le misure protettive previste dal comma 2 anche prima dell’accesso al procedimento unitario di cui all’articolo 40 (comma 4). La norma è stata modificata a seguito della richiesta di chiarimenti contenuta, sul punto, nel parere del Consiglio di Stato il quale ha sottolineato che la precedente formulazione sembrava stabilire che le misure protettive prima del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione potevano essere richieste solo durante la composizione negoziata. La modifica apportata contiene una più chiara formulazione, di portata generale, volta a puntualizzare quali sono le modalità di concessione delle misure protettive al di fuori del procedimento unitario di cui all’articolo 40 e non solo per il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione ma anche per gli altri percorsi di regolazione della crisi (prevedendo la possibilità di farvi ricorso nell’ambito della composizione negoziata ma anche di chiederle con la domanda con riserva depositata ai sensi dell’articolo 44);
- all'eliminazione delle disposizioni contenute nell'attuale comma 4 del Codice, che detta norme di raccordo rispetto alle misure protettive richieste nell'ambito della abrogata composizione assistita della crisi;
- alla sostituzione, nel comma 5, delle parole “quadri di ristrutturazione preventiva”, come detto in precedenza.
Il comma 7 della nuova formulazione dell’articolo 54 esclude i diritti dei lavoratori dalle misure protettive richieste nell'ambito delle trattative che precedono il deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione, in parziale attuazione dell'articolo 6, paragrafo 5 della direttiva, come già detto in premessa.
Rispetto alla procedura di concordato preventivo è stata invece esercitata la facoltà di derogare al principio di esclusione dei lavoratori dagli effetti delle misure protettive, prevista dal comma 2 del citato paragrafo 5, della direttiva in considerazione del fatto che tale procedura assicura ai crediti dei lavoratori il livello di tutela analogo richiesto dalla medesima norma. Vanno sul punto sottolineati: l'elevato grado di privilegio da cui tali crediti sono assistiti (privilegio generale mobiliare di cui all'articolo 2751-bis, n. 1, del codice civile), l’intervento del fondo di garanzia per il pagamento del TFR e delle ultime tre mensilità, la disposizione inserita nell'articolo 109, comma 5, sui tempi (trenta giorni) e sulle modalità di pagamento prescritti per poter escludere i lavoratori dal voto, la modifica apportata all’articolo 86, di cui si dirà di seguito, che non consente una moratoria nel pagamento dei crediti di lavoro superiore a sei mesi in caso di concordato in continuità aziendale, e, infine, la possibilità del pagamento di tali crediti, anche dopo l’accesso alla procedura, riconosciuta dal modificato articolo 100, comma 1.
Il comma 2 interviene sul procedimento per la concessione delle misure protettive e cautelari disciplinato dall'articolo 55 con modifiche volte a: chiarire i dubbi interpretativi e applicativi emersi in relazione all'efficacia delle misure al momento dell'emissione della sentenza di omologazione degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza o di apertura delle procedure di insolvenza (comma 2, ultimo periodo); integrare la disciplina rispetto all'ipotesi, prevista con la modifica dell'articolo 54, comma 2, terzo periodo, dell’istanza di misure selettive proposta dopo il deposito della domanda di cui all'articolo 40 e inserire una disposizione sulla durata massima iniziale delle misure conforme ai quattro mesi previsti dall'articolo 6, paragrafo 6 della direttiva, salvo la successiva proroga (comma 3); inserire disposizioni espresse appunto sul potere di proroga previsto dall'articolo 6, paragrafo 7, della direttiva (comma 4); recepire le previsioni sulla revoca contenute nell'articolo 6, paragrafo 9 (comma 5). Sulle osservazioni formulate in relazione all’articolo 55 nel parere del Consiglio di Stato si rileva quanto segue:
Infine l’articolo 55 è stato modificato per completare la disciplina delle misure protettive e renderla chiara e pienamente coerente con la funzione di protezione del patrimonio del debitore che esse svolgono, inserendo il comma 7. Tale disposizione, analogamente a quanto avviene per le misure di cui all’articolo 19, disciplina la sorte dei diritti di prelazione acquisiti durante il periodo di efficacia delle misure.
L’articolo 14 modifica la rubrica della Sezione I del Capo I, che contiene il solo articolo 56 sugli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento, sostituendo l'attuale “Strumenti negoziali stragiudiziali” con quella di “Piano attestato di risanamento” al fine di uniformare il suo contenuto a quello delle disposizioni in essa previste.
L’articolo 15 apporta le seguenti modifiche alla Sezione II, Capo I, del Titolo IV della Parte Prima del Codice:
- il comma 1 modifica la rubrica della Sezione II sostituendo l'attuale “strumenti negoziali stragiudiziali soggetti a omologazione” con quella, più aderente al contenuto della sezione, di “accordi di ristrutturazione, convenzione di moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi”;
- il comma 2 modifica i commi 1 e 4 dell'articolo 57, nel testo già modificato con il decreto legislativo n. 147 del 2020, sostituendo, nel comma 1, il riferimento all’articolo 48 (reso necessario dalla riscrittura degli articoli 44 e 48 appunto) e espungendo, nel comma 4, la parola “economica” riferita alla fattibilità del piano, in coerenza con quanto previsto nel modificato articolo 47 sull’apertura del concordato preventivo;
- il comma 3 modifica l'articolo 63, nel testo modificato con il decreto legislativo n. 147 del 2020, inserendo nella sua rubrica, in coerenza con il contenuto della norma, che concerne anche i crediti fiscali, la parola tributari prima delle parole “e contributivi” e inserendo al suo interno il comma 2-bis contenente la previsione dell'attuale articolo 48, comma 5, come in precedenza esposto. Sulla previsione del comma 2-bis il Consiglio di Stato e la Commissione XIV della Camera evidenziano possibili criticità del test di convenienza che il tribunale compie d’ufficio rispetto alla disciplina della ristrutturazione trasversale contenuta nella direttiva. Sul punto è sufficiente ribadire che l’articolo 11 della direttiva è stato attuato solo in relazione al concordato preventivo in continuità aziendale, e non rispetto agli accordi di ristrutturazione. Peraltro dubbio sollevato nel parere non pare fondato nemmeno nell’ambito della disciplina dell’articolo 88 per la quale, come si dirà meglio di seguito, la previsione sul test di convenienza d’ufficio è limitata alle ipotesi di concordato liquidatorio;
- il comma 4 modifica l’articolo 64 a seguito del suggerimento del Consiglio di Stato formulato in relazione all’attuazione dell’articolo 7, paragrafi 4 e 5 della direttiva. Nell’esame dell’articolo 55 del Codice si evidenzia infatti che il diritto del debitore a non vedere risolti i contratti ed i contratti essenziali se accede alle misure protettive è stato attuato, con l’articolo 94-bis, per il solo concordato preventivo in continuità aziendale e non per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, che pure si avvalgono delle misure protettive. L’articolo 64 è stato dunque modificato nella rubrica, inserendo la menzione degli effetti anche sui contratti pendenti in caso di richiesta di misure protettive, e, nel contenuto, aggiungendo i commi 3 e 4 che riproducono le disposizioni dell’articolo 94-bis adattandole alla peculiarità degli ADR.
L’articolo 16 inserisce nel Titolo IV della Parte Prima del Codice il Capo I-bis dedicato al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione.
Si tratta di un nuovo strumento con il quale si intende dare attuazione alle previsioni degli articoli 9, 10 e 11, paragrafo 1, della direttiva. Dalla lettura complessiva di tali norme si evince che, in presenza del consenso sul piano espresso da tutte le classi all’unanimità, non dovrebbe esservi alcun accertamento svolto d’ufficio dal tribunale sulle condizioni del piano, e quindi neanche sul rispetto della par condicio creditorum. Ciò che chiede la direttiva è, in particolare, che il tribunale controlli la ritualità della procedura, la regolarità delle operazioni di voto e la corretta formazione delle classi. In altre parole, il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione rappresenta uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza che può prescindere dalle regole distributive delle procedure concorsuali ma che può essere omologato solo se approvato da tutte le parti interessate in ciascuna classe di voto.
Nel parere del Consiglio di Stato, esaminata la nota integrativa dell'11.4.2022, con la quale questo ufficio ha chiarito che la nuova procedura attua le disposizioni degli articoli 9 10 e 11 della direttiva, si rappresenta che:
Alla luce di tali osservazioni, viene sollecitata una riflessione sui profili di discontinuità rispetto ai principi della direttiva e sulla possibile illegittimità costituzionale delle norme in relazione all'articolo 76 della costituzione per eccesso di delega. E infine prospettata la violazione del divieto di superamento dei livelli minimi di regolazione esposto nelle parti generali sugli strumenti di ristrutturazione preventiva.
Rispetto ai rilievi sollevati si chiarisce ulteriormente quanto segue.
E’ vero che la regola dell’unanimità, posta dall’articolo 9, paragrafo 6, è collegata non tanto al contenuto del piano (e in particolare all’assenza o meno di vincoli distributivi), quanto alla possibilità che, in caso di mancanza di classi dissenzienti, si possa prescindere dalla omologazione giudiziale a meno che non ricorra l’ipotesi di cui all’articolo 10, paragrafo 2, che prevede il test sul rispetto del miglior soddisfacimento dei creditori.
Va tuttavia considerato che:
- mentre è logico che la direttiva guardi al contenuto del piano dal punto di vista del giudizio di omologazione, e perciò detti prescrizioni direttamente in una logica ex post, le norme di recepimento, per consentire al debitore di superare quel giudizio in caso di dissenso delle classi, debbono prevedere innanzitutto le indicazioni necessarie alla redazione del piano, e rivolgersi perciò in primo luogo al debitore che, coi suoi professionisti, predispone la domanda di accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, e non direttamente al tribunale, in sede di omologa (come peraltro esse fanno in seconda battuta, nell’articolo 112, secondo comma), e dunque debbono essere scritte anche in una logica ex ante;
- è in questa prospettiva che è stato scritto l’articolo 84, comma 6, che prevede le “istruzioni per l’uso” per il debitore che propone domanda di concordato in continuità, confermando la regola dell’absolute priority rule sul valore di liquidazione e la relative priority rule sul valore eccedente quello di liquidazione.
Si è ritenuto dunque necessario che le norme di diritto interno, che attuano la direttiva, disciplinino non solo i criteri del giudizio di omologazione ma regolino anche il contenuto del piano, perché un sistema che, in attuazione di quanto previsto all’articolo 11, paragrafo 1, si limitasse a prevedere quel che accade quando la proposta non venga approvata, stabilendo la regola della ristrutturazione trasversale, mancherebbe della norma che chiarisce al debitore cosa fare nel predisporre il piano per affrontare il giudizio di omologazione, in una logica che è tradizionale del nostro sistema della legge fallimentare, il quale agli articoli 160 e 161 della legge fallimentare si preoccupa del contenuto del piano, e non va direttamente a disciplinare le regole di giudizio da applicare in sede di omologazione.
Una volta chiarito in che modo il combinato disposto degli articoli 9, 10 e 11 della direttiva condiziona la disciplina del contenuto del piano, è proprio il fatto che il contenuto del piano, in vista della regola di omologazione stabilita all’articolo 11 della direttiva per il caso di classi dissenzienti, debba rispettare certe regole distributive, che giustifica l’introduzione degli articoli 64-bis, ter e quater, i quali, sempre nella logica ex ante di cui si è detto, si fanno carico di disciplinare la diversa alternativa di quale è il contenuto del piano quando il debitore sia convinto (perché ciò è emerso durante la composizione negoziata, o comunque nei contatti coi creditori avuti durante la predisposizione del piano, o in ogni caso per la particolare composizione del ceto creditorio) di poter ottenere l’unanimità delle classi e non già di dover contare sulla ristrutturazione trasversale.
In assenza di una norma ad hoc non ci sarebbe risposta all’interrogativo di quale debba essere il contenuto del piano che il debitore propone ai creditori quando ipotizza di poter ottenere l’unanimità delle classi: se lo stesso contenuto che si ha in caso di maggioranza delle classi oppure – come sembra più logico, dato che altrimenti l’unanimità non avrebbe senso - un contenuto diverso, in cui il debitore non incontra alcun vincolo di distribuzione.
L’articolo 64-bis risponde a questo interrogativo, sul presupposto, di tutta evidenza che l’unanimità delle classi non possa che portare al debitore vantaggi aggiuntivi: il debitore che incontri il consenso di tutte le classi, sia pure con le regole di maggioranza ad esse interne, non deve rispettare i vincoli distributivi dell’articolo 84, sesto comma, ma è libero di distribuire il valore in deroga non solo agli articoli 2740 e 2741 ma anche, più in generale – e da qui una correzione che si è ritenuto di apportare al solo riferimento a queste due norme – alle disposizioni che regolano la graduazione delle cause legittime di prelazione, perché, diversamente da quanto accade in qualunque forma di esecuzione forzata, individuale o concorsuale, in caso di unanimità non deve rispettare il principio della parità di trattamento e dell’ordine delle prelazioni. In altre parole, l’articolo 64-bis è norma di disciplina, più che non di fattispecie: disciplina cioè quel che accade quando la proposta aspiri a incontrare il consenso unanime delle classi in cui è stato suddiviso il ceto creditorio.
All’ulteriore interrogativo circa il se fosse davvero necessario dare un nome a questa disciplina, denominando il piano “piano di ristrutturazione soggetto a omologazione” e non “concordato preventivo”, la risposta è di sistema: proprio perché nel concordato in continuità aziendale, pur con tutte le novità che vi sono state apportate, la regola del rispetto delle cause di prelazione è stata mantenuta (nei termini di cui all’art. 84, sesto comma), si è voluto evitare che un piano privo di vincoli di distribuzione rappresentasse la base di un concordato, sì da non rinunciare a coniugare la tradizione giuridica italiana con le indicazioni provenienti dalla Direttiva. Al tempo stesso si è doverosamente escluso che si trattasse di un accordo di ristrutturazione, dato che, diversamente da questo, il piano in questione non è basato sulla volontà negoziale vera e propria, ma su una volontà comunque raggiunta in base a regole di maggioranza. E ciò lo differenzia dagli accordi ad efficacia estesa.
Per queste ragioni il piano di ristrutturazione è stato tenuto separato dal concordato e dagli accordi, dando però, nella logica della fluidità tra strumenti impressa dalla Direttiva, la possibilità di conversione dal piano al concordato contemplata dall’art. 64-ter, che consente la modifica della domanda se il piano di ristrutturazione non è approvato da tutte le classi o se un creditore contesta il difetto di convenienza nelle osservazioni formulate ai sensi dell’articolo 107, comma 4, ma la permette anche al di fuori di questi casi, qualora il debitore, inizialmente convinto di poter ottenere l’unanimità, ci ripensi e voglia, più prudentemente, costruire un piano più tradizionale. La possibilità di conversione è data anche nel caso inverso, quando il debitore che ha presentato la domanda di concordato preventivo, finché non siano iniziate le operazioni di voto, chieda l’omologazione del piano di ristrutturazione.
In tale ottica, l'articolo 64-bis predispone una procedura per il debitore che si trova in stato di crisi o di insolvenza, che prevede l’obbligatoria suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei, e che consente di distribuire il ricavato del piano senza vincoli di distribuzione, facendo salvi i diritti dei lavoratori, per i quali il pagamento è sempre assicurato entro 30 giorni dall'omologazione al fine di non ridurre la portata dei diritti di cui godono con gli strumenti attuali. Si tratta quindi di uno strumento che riduce al minimo la fase dell'ammissibilità, fornisce al debitore una maggiore libertà di azione – tranne che per i lavoratori, che non sono mai considerate parti interessate e non votano - ma per poter essere omologata richiede l’approvazione di tutte le classi. La norma richiama le disposizioni del concordato preventivo sul contenuto del ricorso e sulla documentazione da depositare, sugli effetti del deposito della domanda (comma 2) e sulla necessità del deposito dell'attestazione sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità del piano (comma 3); stabilisce che il tribunale verifica la sola ritualità della proposta e la corretta formazione delle classi prima di aprire le operazioni di voto (comma 4). Chiarisce l'assenza di spossessamento in capo all'imprenditore, chiamato comunque a gestire l'impresa nel prevalente interesse dei creditori, affidando al commissario giudiziale il potere di controllo degli atti di gestione compiuti (comma 5) e dettando disposizioni specifiche nel caso di compimento di atti di straordinaria amministrazione (comma 6). Sono richiamate o riprodotte inoltre le disposizioni del concordato che disciplinano le operazioni di voto ed è affermata la regola della maggioranza nella singola classe introdotta nell'articolo 112 con riferimento al concordato in continuità aziendale al fine di agevolare il raggiungimento dell'accordo (comma 7). L'articolo prosegue dettando disposizioni sul giudizio di omologazione - possibile, come già detto, solo in caso di approvazione da parte di tutte le classi - e disciplinando l'ipotesi dell'opposizione del creditore dissenziente con la quale viene eccepito il difetto di convenienza (comma 8). Sul comma 8 viene accolto il suggerimento del Consiglio di Stato che, come per il giudizio di omologazione del concordato preventivo, ha proposto l’eliminazione del periodo che stabilisce a carico del creditore che non ha contestato la convenienza del piano nelle osservazioni di cui all’articolo 107, comma 4, una decadenza ritenuta troppo breve. pregiudizievole per le ragioni dei creditori e lesiva del loro diritto di difesa.
Analoga osservazione è stata svolta dalle Commissioni Giustizia di Camera e Senato.
L’ultimo comma contiene un ulteriore richiamo a tutte le disposizioni del concordato preventivo applicabili al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione al fine di completarne la disciplina.
L'articolo 64-ter, inserito anch’esso nel Capo I-bis dall’articolo 9, modificato a seguito dei suggerimenti del Consiglio di Stato, disciplina la mancata approvazione del piano da parte di tutte le classi e consente al debitore di insistere per l’omologazione previa richiesta di accertamento sull’esito del voto da parte del tribunale (ipotesi in cui l’imprenditore crede che vi sia stato un errore nel computo dei voti e delle maggioranze ed è quindi convinto di avere ottenuto l’unanimità necessaria per l’omologazione del piano). Il comma 2 elenca i possibili esiti in caso di mancata richiesta di accertamento dell’unanimità e di omologazione.
Sempre seguendo il suggerimento del Consiglio di Stato, volto a razionalizzare la disciplina dettata, è stato introdotto un articolo 64-quater che disciplina le ipotesi di conversione del piano in concordato preventivo sia nel caso in cui l’omologazione è impedita dalla mancata approvazione da parte di tutte le classi - e non vi è la richiesta di cui all’articolo 64-ter, comma 1 - sia nel caso in cui sia stato contestato da un creditore il difetto di convenienza della proposta (comma 1). Il comma 2 disciplina invece l’ipotesi in cui il debitore spontaneamente decide di modificare la domanda formulando una proposta di concordato preventivo. Il comma 3 si occupa dei tempi di ristrutturazione per evitare che il passaggio da un procedimento all’altro porti ad un loro eccessivo allungamento e quindi dispone la riduzione alla metà dei termini per l'approvazione del concordato. Il comma 4 detta le disposizioni necessarie per assicurare la pubblicità della domanda di conversione ed i suoi effetti secondo la disciplina del concordato preventivo e l'ultimo comma disciplina il passaggio inverso, consentendo al debitore di abbandonare la procedura di concordato preventivo per proporre una domanda di omologazione del piano di ristrutturazione fino all'inizio delle operazioni di voto disposte al momento dell'apertura della procedura di concordato.
L'articolo 17 modifica il comma 7 dell’articolo 70 del Codice, dettato in tema di omologazione del piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore, sopprimendo la parola “economica”, in coerenza con quanto previsto nel modificato articolo 47 sull’apertura del concordato preventivo, oltre che agli articoli 57, in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti, e 80, in materia di omologazione del concordato minore.
L'articolo 18 modifica, al comma 1, l’articolo 78 del Codice, dettando disposizioni volte ad agevolare le comunicazioni e lo scambio di istanze e provvedimenti rispetto ai creditori residenti in altri Stati membri, in attuazione dell’articolo 28 della direttiva (già attuato, per le altre procedure, dalla disciplina generale dettata dall’articolo 10 del Codice e con la modifica dell’articolo 114, di cui si dirà di seguito). Seguendo il suggerimento del Consiglio di Stato sul punto al comma 2, lettera c dell’articolo 78 sono state inserite le parole “servizio elettronico di” per assicurare la corrispondenza della disposizione medesima all’espressione utilizzata nel Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Identica modifica è stata apportata, per ragioni di coerenza e completezza del testo, nel comma 4.
I rilievi sollevati dal Consiglio di Stato sull’ambito di applicazione soggettivo della direttiva, con particolare riferimento alle imprese agricole, hanno stimolato una riflessione sulla necessità di una completa attuazione delle disposizioni europee anche per le imprese minori. In tale ottica è stata inserita nell’articolo 78 il comma 2-bis contenente le previsioni dell’articolo 5, paragrafo 3 della direttiva sulla nomina del Commissario giudiziale. La disciplina del concordato minore infatti affida le funzioni tipiche del commissario giudiziale all’OCC e cioè ad un organismo non di nomina giudiziale che è interessato dal debitore prima di presentare la domanda di concordato. Tale peculiarità rendeva carente, per le imprese minori, l’attuazione della predetta disposizione della direttiva che impone, in presenza di determinate circostanze, riportate nella norma (ad eccezione della previsione di nomina su richiesta dei creditori che non è attuabile in quanto, secondo il diritto interno, le domande di accesso a strumenti di regolazione concordata della crisi, sono presentate esclusivamente dal debitore) la nomina di un professionista da parte dell’autorità giudiziaria.
Il comma 2 modifica l’articolo 80, comma 1, del Codice, dettato in tema di omologazione del concordato minore, sopprimendo la parola “economica”, in coerenza con quanto previsto nel modificato articolo 47 sull’apertura del concordato preventivo, oltre che agli articoli 57, in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti, e 70, in materia di omologazione del piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore.
L’articolo 19 interviene ancora sulla disciplina del concordato preventivo al fine di armonizzarla alle disposizioni degli articoli 9, 10 e 11 della direttiva come segue.
Il comma 1 modifica la rubrica della Sezione I del Capo III del Titolo IV, sostituendo la attuale “Presupposti e inizio della procedura” con: “Finalità e contenuti del concordato preventivo”.
Il comma 2 sostituisce l'articolo 84, modificandone rubrica e contenuto.
La norma modificata contiene al suo interno, innanzitutto, la descrizione della funzione del concordato preventivo, riproponendo anche il raccordo con la disciplina della liquidazione coatta amministrativa attualmente contenuto nell’articolo 85 (comma 1) e descrive, nei successivi tre commi: le diverse forme di concordato utilizzabili partendo dal concordato in continuità aziendale (comma 2); le condizioni di soddisfazione dei creditori nel concordato in continuità, con eliminazione del criterio della prevalenza contenuto nell’attuale disciplina (comma 3); le condizioni del concordato con liquidazione del patrimonio (comma 4). Il comma 5 riprende la disposizione vigente sulla possibilità di pagamento non integrale dei creditori privilegiati e sul declassamento al chirografo della parte incapiente ed il comma 6 recepisce, ancora per il concordato in continuità aziendale, la regola della priorità relativa sulla parte di valore del patrimonio generata dalla prosecuzione dell’attività con la quale è stato attuato l’articolo 11, paragrafo 1, lettera c) della direttiva.
Più precisamente, la regola di distribuzione contenuta nel comma 6 dell’articolo 84 detta due principi distinti da osservare nella ripartizione dell’attivo concordatario e che dipendono dalla natura delle risorse distribuite. Essa prevede, in particolare, che il valore di liquidazione dell’impresa sia distribuito nel pieno rispetto delle cause legittime di prelazione e cioè secondo la regola della priorità assoluta (che impedisce la soddisfazione del creditore di rango inferiore se non vi è stata la piena soddisfazione del credito di grado superiore) mentre il valore ricavato dalla prosecuzione dell’impresa, il c.d. plusvalore da continuità, può essere distribuito osservando il criterio della priorità relativa (secondo il quale è sufficiente che i crediti di una classe siano pagati in ugual misura rispetto alle classi di pari grado e in misura maggiore rispetto alla classe di rango inferiore). Nel recepire la regola della priorità relativa (c.d. RPR) non ci si è avvalsi della deroga consentita dal paragrafo 2 dell’articolo 11 della direttiva.
Il comma 7 dell’articolo 84 detta disposizioni a tutela dei lavoratori in attuazione dell’articolo 13 della direttiva e della più generale “clausola di non regresso”, di matrice comunitaria, secondo la quale ogni intervento normativo che incide sui diritti dei lavoratori non può determinare una riduzione delle garanzie e dei diritti già garantiti dal singolo ordinamento nazionale e dal diritto europeo. La norma in questione, dunque, impone di applicare ai lavoratori la regola della priorità assoluta sia sul valore di liquidazione che sul valore di continuità e fa salvi i diritti pensionistici garantiti dall’articolo 2116 del codice civile, in attuazione dell’articolo 1, paragrafo 6 della direttiva. Gli ultimi due commi dettano disposizioni applicabili al concordato con liquidazione del patrimonio secondo i principi di efficienza, celerità delle operazioni di liquidazione ed i principi di pubblicità e trasparenza sia nel caso in cui alla liquidazione si debba dare esecuzione dopo l’omologazione (comma 8) sia nel caso in cui il piano contenga l’offerta di acquisto di un soggetto individuato dal debitore (comma 9). Sulle modifiche dell’articolo 84 il Consiglio di Stato ha formulato le seguenti osservazioni:
- rispetto al comma 4 sono state sollevate criticità rispetto alla regola distributiva delle risorse esterne, dettate dall’assenza di disposizione comunitaria da attuare sul punto e dal contrasto della disposizione rispetto all’articolo 76 della Costituzione per essere contraria ai principi dettati dalla legge delega n. 155 del 2017. Sul punto si osserva che la norma, che intende agevolare e riorganizzare la disciplina della ristrutturazione dell’impresa in continuità, sulla scia degli scopi perseguiti, in generale, dalla direttiva. Essa, dunque, è in linea con quanto consentito dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012, rispetto alla quale va valutato il rispetto dell’articolo 76 della Costituzione. Si tratta peraltro di regola che concerne la ripartizione di risorse che non fanno parte del patrimonio dell’impresa e quindi non sono necessariamente soggette ai principi sulla responsabilità patrimoniale del debitore;
- rispetto al comma 9 è stato segnalato un difetto di coordinamento con l’articolo 91, comma 1 che disciplina la medesima fattispecie. Tale problematica, segnalata anche nei pareri della 2° Commissione Giustizia del Senato e della II Commissione Giustizia della Camera, è stata risolta allineando le due disposizioni con il rinvio all’articolo 91, comma 1.
Con il comma 3 viene sostituito l’articolo 85 che svolge una funzione diversa rispetto a quella del testo del 2019 (contenente i presupposti di accesso al concordato) in quanto detta i seguenti principi generali sulla formazione delle classi: sancisce il principio generale della facoltatività della suddivisione in classi e del trattamento differenziato tra creditori appartenenti a classi diverse (comma 1, in linea con l’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva che consente il trattamento differenziato solo tra creditori inseriti in classi diverse); ribadisce l’obbligatorietà delle classi in caso di pagamento non integrale dei creditori titolari di crediti tributari o previdenziali, obbligatorietà prevista nel comma 5 dell’attuale articolo 85 (comma 2); istituisce, per il concordato in continuità aziendale, l’obbligatoria suddivisione in classi dei creditori privilegiati quando il loro pagamento è previsto oltre i termini previsti dall’articolo 109, comma 5, ipotesi in cui essi sono considerati sempre parti interessate, anche per la parte privilegiata (comma 3).
La qualificazione dei creditori muniti di diritto di prelazione non integralmente soddisfatti quali parti interessate dal piano, con conseguente diritto di voto, rappresenta una regola innovativa per il nostro ordinamento, nel quale il creditore privilegiato non vota se non per la parte incapiente degradata al chirografo o alle condizioni previste in caso di moratoria dall’attuale articolo 86. Si tratta di previsione introdotta in quanto strettamente funzionale alla piena attuazione delle regole della ristrutturazione trasversale previste nell’articolo 11 della direttiva e, in particolare, rispettosa della definizione di “parti interessate” di cui all’articolo 2, paragrafo 1 n. 2, e di quanto disposto dall’articolo 11, paragrafo 1, lettera a).
Sul punto va tuttavia sottolineato che il considerare sempre i creditori privilegiati quali parti interessate aventi diritto di voto imporrebbe, nel concordato in continuità, in cui la formazione delle classi è obbligatoria, la predisposizione di classi distinte per ciascun grado di privilegio. Ciò significa che, considerato l’ingente numero delle cause legittime di prelazione esistenti nell’ordinamento nazionale, le proposte di concordato in continuità diverrebbero ancor più complesse da predisporre (per il debitore, o per i creditori ed i soci in caso di proposte concorrenti) e da verificare (per il commissario giudiziale e per il tribunale), rendendo la procedura più lunga e farraginosa rispetto a quella tradizionale. La disposizione in esame, dunque, propone una soluzione di compromesso che da un lato fa salvo il sistema attuale e dall’altro persegue gli obiettivi di agevolazione della ristrutturazione delle imprese risanabili che ispirano e permeano di sé la direttiva.
L’ultimo comma dell’articolo 85 riproduce il disposto dell’attuale comma 6 dello stesso articolo con l’ulteriore previsione che fa salve le disposizioni dell’articolo 84 sulla regola di distribuzione della priorità assoluta e relativa.
Il comma 4 modifica l’articolo 86, che disciplina la moratoria dei creditori privilegiati nel concordato in continuità aziendale, per dettare una regola generale per il pagamento differito dei creditori privilegiati in caso di liquidazione dei beni che li garantiscono che sia, nel contempo, in sintonia con le regole di distribuzione dettate nell’articolo 84 ai fini della ristrutturazione trasversale. Anche la modifica in esame contiene una previsione a tutela dei crediti di lavoro che limita a sei mesi la possibilità di dilazionarne il pagamento. Nel parere della II Commissione Giustizia della Camera si chiede di valutare il ripristino del termine dei due anni previsto dall’originaria formulazione dell’articolo 86. Tale suggerimento non può essere accolto in quanto contrastante con gli scopi perseguiti dalla direttiva, e quindi dall’intervento attuativo, volti ad agevolare la ristrutturazione e la redazione di piani in continuità.
Con il comma 5 è sostituito l’articolo 87, dedicato al contenuto del piano di concordato, con una formulazione che recepisce le disposizioni dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva e riprende le previsioni contenute nell’attuale articolo 87, sottolineando altresì l’esigenza che i costi della ristrutturazione tengano conto della necessità di assicurare il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela dell’ambiente.
Il comma 6 modifica l’articolo 88 sul “Trattamento dei crediti tributari e contributivi” per circoscriverne la portata in ragione della nuova disciplina del concordato in continuità e per recepire al suo interno, come fatto per l’articolo 63 sugli accordi di ristrutturazione, la disposizione dell’attuale articolo 48, comma 5, sull’omologazione anche in assenza di adesione dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie (comma 2-bis). Sul punto va ribadita la compatibilità del comma 2-bis rispetto alla direttiva, come anticipato in relazione all’articolo 63. Il dubbio sollevato dal Consiglio di Stato e dalla Commissione XIV della Camera riguarda il giudizio di convenienza che, secondo tale norma, il tribunale può compiere d’ufficio e che, secondo i predetti organi consultivi, sarebbe in contrasto con le disposizioni della direttiva sulla ristrutturazione trasversale che consentono l’opposizione solo per difetto di convenienza a determinate condizioni non consentendo il sindacato del giudice in assenza di domanda del creditore interessato.
Il possibile contrasto sottolineato non sussiste in quanto l’incipit del comma 1 dell’articolo 88 chiarisce che la norma in questione contiene disposizioni applicabili ai concordati diversi da quello in continuità aziendale, per il quale valgono le regole di voto e, di omologazione che possono sfociare nella ristrutturazione trasversale e nel giudizio di convenienza su domanda del creditore;
- il comma 7 interviene sull’articolo 90, commi 4 e 5, per raccordare i riferimenti all’articolo 87 modificato e, ancora sul comma 5, per sostituire il riferimento ivi esistente al procedimento di allerta e di composizione assistita della crisi, abrogati con la sostituzione del Titolo II, con la composizione negoziata disciplinata dall’articolo 13. La previsione della riduzione al 20% della percentuale di soddisfo della proposta del debitore rispetto alle offerte concorrenti è ora infatti collegata, con la modifica in esame, all’utile avvio della composizione negoziata.
L’articolo 20, comma 1, apporta modifiche all’articolo 92 del Codice, recante disposizioni sul commissario giudiziale. La modifica inserisce, in primo luogo, nell’articolo 92 il richiamo anche alle regole dell’articolo 135 sulla sostituzione del curatore, in attuazione dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera d) della direttiva, e, in secondo luogo, affida al commissario nominato a seguito di istanza di concessione dei termini ai sensi dell’articolo 44, anche il ruolo di affiancamento a debitore e creditori per la fase delle trattative prodromiche alla predisposizione del piano, richiesto dall’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva.
L’articolo 21 interviene sulla Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione III del Codice inserendo al suo interno, con il comma 1, l’articolo 94-bis. Tale disposizione dà attuazione all’articolo 7, paragrafi 4 e 5 della direttiva per limitare, nel concordato in continuità aziendale, la facoltà dei creditori di incidere sui rapporti negoziali esistenti con il debitore per il solo fatto dell’accesso alla procedura di ristrutturazione o, per i contratti essenziali ed in caso di concessione di misure protettive, per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori.
Con il comma 2 si modifica l’articolo 100, comma 1, terzo periodo del Codice per attuare la clausola di non regresso nella tutela dei diritti dei lavoratori subordinati e per garantire ulteriormente il riconoscimento del livello di tutela analogo richiesto dall’articolo 6, paragrafo 5, comma 2, di cui si è detto rispetto alle modifiche apportate agli articoli 54 e 55 sulle misure protettive. La disposizione consente il pagamento delle retribuzioni pregresse maturate e non corrisposte anche dopo l’accesso alla procedura di concordato, come già previsto dall’articolo 182-quinquies, quinto comma, della legge fallimentare, modificato dall’articolo 20, comma 1, del decreto-legge n. 118 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021. L’attuale formulazione del Codice, che consente il pagamento solo dell’ultima mensilità dovuta, va modificata nell’ottica del riassetto e del riordino della disciplina in quanto porterebbe con sé un trattamento deteriore rispetto a quello vigente.
Nel parere del Consiglio di Stato si evidenzia come la sanzione dell’inefficacia, prevista per le clausole contrattuali che violino le disposizioni di cui al comma 1 e 2, sia sganciata dalle categorie codicistiche sui contratti e sulle cause di invalidità. Nel prendere atto delle ragioni della disposizione, di natura sistematica rispetto all’analogo rimedio presente nell’articolo 95 del Codice, lo stesso organo consultivo affida alle valutazioni del Ministero proponente, nei limiti della delega a disposizione se modificare la norma.
Sul punto si osserva che la previsione dell’inefficacia, pur se prevista negli istituti di reintegrazione del patrimonio in caso di liquidazione giudiziale (azioni revocatorie), è coerente con lo scopo perseguito che non è quello di stabilire l’invalidità della clausola ma solo l’impossibilità di farla valere in presenza dei presupposti indicati nella norma. Si tratta dunque di un meccanismo che, solo temporaneamente, agisce sul valore vincolante di alcune clausole contrattuali, sospendendolo (come del resto già previsto nelle disposizioni dell’articolo 95 del Codice, non modificate dal presente schema di decreto).
Per tale ragione il suggerimento sollevato sul punto non può essere accolto.
Con l’articolo 22, comma 1 si inserisce nell’articolo 104, comma 2, del codice, anche il piano di concordato tra i documenti da comunicare ai creditori prima delle operazioni di voto, in attuazione dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera c) della direttiva e vengono integrate le modalità di comunicazione con i creditori tenendo conto anche di quelli residenti in altro Stato membro, in attuazione dell’articolo 28 della direttiva, come già esposto nel descrivere le modifiche apportate all’articolo 78. Pur in assenza di rilievo sul punto, la modifica suggerita dal Consiglio di Stato sull’articolo 78, volta ad uniformarne le definizioni con quelle del Codice dell’amministrazione digitale, impone di precisare anche nell’articolo 104, comma 1, che in alternativa alla PEC i creditori possono comunicare un altro “servizio elettronico di” recapito certificato qualificato.
Il comma 2 dell’articolo 22 dello schema di decreto apporta correzioni all’articolo 106, al fine di adeguare la norma alle modifiche dell’articolo 47 (comma 2) e di correggere un errore materiale contenuto al comma 3. Le disposizioni dell’articolo 47, commi 1 e 2 riguardano il testo già modificato dal decreto legislativo n. 147 del 2020. A seguito del rilievo sollevato dal Consiglio di Stato, la lettera a) del comma 2 dell’articolo 106 è stata modificata, al fine di correggere il riferimento al deposito delle somme di cui all’articolo 47, comma 2, lettera d), tenendo conto del testo modificato dal citato decreto legislativo n. 147 del 2020.
L’articolo 23, che riguarda la Sezione V del Capo III, nel Titolo IV della Parte Prima, sostituisce l’articolo 109 del Codice. Tale norma contiene, ai primi quattro commi, le regole generali sul diritto di voto e sulle maggioranze necessarie per l’approvazione della proposta e del piano di concordato riproducendo le attuali disposizioni dei primi commi dell’attuale articolo 109. Il comma 5 introduce disposizioni per il concordato in continuità aziendale, con le quali si stabilisce che quest’ultimo è approvato se tutte le classi votano a favore, si definiscono le regole di approvazione in ciascuna classe e, sempre in attuazione delle norme sulla ristrutturazione trasversale di cui all’articolo 11 e del concetto di parti interessate di cui all’articolo 2, paragrafo 1, n. 2, della direttiva, è definito il criterio per considerare i creditori privilegiati quali parti interessate ai fini del voto. La previsione in esame esclude dal voto solo i creditori muniti di privilegio per i quali il piano prevede il pagamento integrale, in denaro, nei limiti ovviamente della capienza della garanzia, entro centottanta giorni dall’omologazione. Se non concorrono queste condizioni i creditori, anche se pagati integralmente vanno inseriti in classi separate (come dispone l’articolo 112 di cui si dirà di seguito) e voteranno per l’intero credito. In caso di pagamento parziale per incapienza con pagamento della parte coperta dalla garanzia a condizioni diverse da quelle indicate nella norma, essi saranno inseriti in classi distinte (privilegiata e chirografaria) ed eserciteranno il diritto di voto in entrambe. Il comma in questione stabilisce i criteri di raggiungimento della maggioranza in ciascuna classe prevedendo che la classe è consenziente se vota favorevolmente la maggioranza dei crediti nella stessa rappresentati; in mancanza, ritiene consenziente anche la classe nella quale hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti votanti, purché abbia votato almeno la metà dei crediti della classe. Tali maggioranze, che intendono incentivare la ristrutturazione evitando che l’inerzia di una parte dei creditori appartenenti alla stessa classe impedisca l’approvazione della proposta e del piano, sono stabilite – similmente a quanto previsto dalla normativa francese e olandese di recepimento della direttiva – nell’ambito della facoltà attribuita agli Stati membri dall’articolo 9, paragrafo 6, della direttiva (che indica, quali criteri quello della maggioranza dei crediti e, eventualmente, quello per teste) e esplicitata nel considerando 47[3]. Nel rispetto dell’unico limite espresso posto dal secondo comma del citato articolo 9, paragrafo 6, della direttiva, che è quello di non fissare maggioranze superiori al 75%, la disposizione in esame si pone in linea con lo scopo della normativa comunitaria ed è espressione dell’ampia discrezionalità lasciata, sul punto, agli ordinamenti nazionali. Le osservazioni appena esposte rendono non necessario un intervento sulla previsione in esame nonostante le osservazioni formulate nel parere del Consiglio di Stato. Il fine di agevolare la ristrutturazione e l’ampia discrezionalità lasciata agli Stati consente di attribuire rilevanza a solo voto di chi si è espresso (sia pure con il contemperamento del quorum del 50% fissato nella norma), come emerge anche dalle norme attuative adottate da altri Stati membri nello stesso senso.
Infine, i commi 6 e 7 riproducono, quali norme generali, gli attuali commi 5 e 6, conformi all’articolo 9, paragrafo 3, lettera c), della direttiva.
L’articolo 24 modifica la Parte Prima, Titolo IV, Capo III, Sezione Vi del Codice.
Il comma 1, che sostituisce l’articolo 112, detta la disciplina del giudizio di omologazione precisando il contenuto delle verifiche compiute dal tribunale - a seconda che il concordato sia in continuità aziendale o meno - (comma 1) e le regole della omologazione tramite ristrutturazione trasversale prevista dall’articolo 11, paragrafo 1, lettere a) e b) della direttiva (comma 2) e del giudizio di convenienza previsto dalla lettera c) del paragrafo 1 dell’articolo 11 appena citato (comma 3). Il comma 4 dell’articolo 112 attua l’articolo 14 della direttiva, che pone limiti al potere del tribunale di disporre la stima del complesso aziendale nell’ambito del giudizio di omologazione e il comma 5 riproduce, per i concordati diversi da quello in continuità aziendale, l’attuale comma 1 dell’articolo 112 sull’opposizione del creditore dissenziente. Infine, il comma 6 si occupa delle somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili, come l’attuale comma 2 dell’articolo 112.
Sul comma 3 viene accolto il suggerimento del Consiglio di Stato che, come per il piano di cui all’articolo 64-bis, ha proposto l’eliminazione del periodo che stabilisce a carico del creditore che non ha contestato la convenienza del piano nelle osservazioni di cui all’articolo 107, comma 4, una decadenza che viene ritenuto troppo breve, pregiudizievole per le ragioni dei creditori e lesiva del loro diritto di difesa.
Analoga osservazione è stata svolta dalle Commissioni Giustizia di Camera e Senato.
Il comma 2 modifica l’articolo 113, nell’ottica dell’efficienza delle procedure di cui al Titolo IV della direttiva, stabilendo il termine di dodici mesi dalla presentazione della domanda di accesso per la conclusione del giudizio di omologazione.
Il comma 3 interviene sull’articolo 114, comma 2, nel testo modificato dal decreto legislativo n. 147 del 2021, per estendere al liquidatore giudiziale tutte le disposizioni dettate per il curatore ed il commissario giudiziale, in attuazione dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera d), ed in particolare l’articolo 135 sulla revoca e sostituzione dello stesso professionista.
Il comma 5 è stato introdotto a seguito dei rilievi formulati dalla Commissione Giustizia della Camera sulla necessità di riordino delle norme del PCT, contenute nel decreto-legge n. 179 del 2012. L’intervento inserisce nel Codice la previsione sul deposito dei rapporti riepilogativi semestrali da parte del commissario giudiziale e sul deposito del rapporto finale al momento del completamento dell’esecuzione del concordato.
Con il comma 4 si modifica l’articolo 116 nel quale è inserito il comma 5, che limita il diritto di recesso dei soci nel caso in cui il piano preveda il compimento di operazioni di trasformazione, fusione e scissione previste dallo stesso articolo 116. La disposizione è attuativa dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva.
L’articolo 25 introduce nel Capo III, del Titolo IV della Parte Prima la Sezione VI-bis che detta disposizioni specifiche sull’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza da parte delle società introducendo gli articoli da 120-bis a 120-quinquies, che recepiscono i principi dettati dall’articolo 12 della direttiva e che intendono favorire l’utilizzo delle procedure di ristrutturazione da parte della società quale forma più diffusa di impresa interessata dalla ristrutturazione.
Con l’articolo 120-bis si disciplina l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza chiarendo che l’avvio della ristrutturazione, e la determinazione del contenuto del piano, costituiscono esecuzione degli obblighi di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale, previsti dall’articolo 2086, secondo comma, del codice civile. E’ dunque soppressa la possibilità di deroghe statutarie alla competenza degli amministratori e la forma del verbale notarile è, di conseguenza, necessaria per la sola decisione di accedere allo strumento, mentre la determinazione del contenuto del piano, che non di rado segue a distanza di tempo dalla prima, risponderà ai requisiti di forma previsti per lo specifico tipo di società. Il comma 2 chiarisce che, stante l’espressa deroga operata dalla direttiva (UE) 2019/1023 alla direttiva (UE) 2017/1132, la normativa di recepimento della prima può prevedere che, anche in assenza di una deliberazione dei soci, il piano di ristrutturazione vada a modificare la struttura finanziaria della società, e dunque prevedere la cancellazione di azioni e quote, l’emissione di azioni, quote e strumenti finanziari, anche con limitazione o esclusione del diritto d’opzione, operazioni di fusione, scissione e trasformazione. I commi 3 e 4 introducono disposizioni che impediscono ai soci, che potrebbero non avere più un interesse nella società, di ostacolare la ristrutturazione o anche solo una delle sue fasi. Per questa ragione si è previsto che i soci, pur mantenendo un diritto di informativa sull’avvio e sull’andamento della ristrutturazione, non possano revocare gli amministratori senza giusta causa, come accade per i sindaci di società per azioni e che non è considerata giusta causa la presentazione della domanda di accesso allo strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza in presenza delle condizioni di legge. Il comma 5, nell’ottica di agevolazione della ristrutturazione, disciplina la possibilità per i soci di proporre proposte concorrenti e il comma 6 consente di estendere le disposizioni dei commi precedenti anche agli imprenditori collettivi organizzati in forma diversa dalle società
L’articolo 120-ter prevede la possibilità del classamento dei soci, rendendolo obbligatorio nel caso in cui vengono incisi direttamente i loro diritti e in ogni caso per le grandi imprese e per le società a capitale diffuso. In presenza di diritti diversi ed ulteriori riconosciuti ai soci dallo statuto originario o come modificato a seguito della ristrutturazione, il classamento richiede la formazione di una pluralità di classi corrispondenti. La formazione delle classi imposta dal comma 2 consente ai soci di esprimere il diritto di voto sulla proposta, in misura proporzionale alla partecipazione al capitale e indipendentemente dai diritti di voto loro riconosciuti dallo statuto. I soci votano secondo le regole previste per l’espressione del voto da parte dei creditori, con l’unica differenza che, con riguardo ai soci e in relazione al loro possibile e razionale disinteresse, opera un meccanismo di silenzio-assenso (comma 3). Sempre il comma 3 equipara si soci i titolari di strumenti finanziari che non attribuiscono un diritto di credito incondizionato al rimborso dell’apporto, in quanto titolari di una pretesa residuale.
L’articolo 120-quater detta i principi in caso di omologazione del concordato se il piano prevede attribuzioni ai soci. Le previsioni generali in materia di ristrutturazione trasversale vanno infatti integrate per disciplinare il modo in cui le regole sulla distribuzione del plusvalore da ristrutturazione debbano applicarsi rispetto ai soci, per i quali non è agevole individuare cosa costituisca trattamento più o meno favorevole rispetto a classi di creditori, non essendo i soci titolari di un diritto di credito. Occorre dunque “misurare” il trattamento riservato ai soci, tenendo conto che l’obiettivo della normativa è quello di permettere che il tribunale possa omologare lo strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, nonostante il dissenso di una o più classi, se il valore di liquidazione del patrimonio è distribuito tra i creditori secondo la regola di priorità assoluta e il plusvalore da continuità è assegnato, ai creditori ed eventualmente ai soci, in una misura tale che il trattamento riservato a ciascuna delle classi dissenzienti sia almeno pari a quello delle classi di pari rango e più favorevole di quello riservato alle classi inferiori. Tale criterio risulta tuttavia inapplicabile in caso di dissenso dell’unica classe di creditori collocata al rango immediatamente superiore a quello dei soci; per tale ragione, nell’ultimo periodo del primo comma si prevede che, in questo solo caso, al fine di verificare il rispetto delle suddette regole, il valore assoluto destinato a tale classe debba essere superiore a quello riservato ai soci. Il comma 2 sottrae alle regole in materia di distribuzione del valore, e alle conseguenti limitazioni, il mantenimento di una partecipazione dei soci che sia conseguente a nuovi conferimenti e, solo nel caso di imprese minori, anche di nuovi apporti dei soci in forma diversa da quella del conferimento o del versamento a fondo perduto, come previsto dal Considerando 59 della direttiva. Il comma 3 attribuisce ai soci il diritto alla tutela del “diritto di proprietà”, sotto forma di diritto al mantenimento dell’eventuale valore di liquidazione della partecipazione. Il comma 4 dà attuazione all’articolo 2, par. 1, n. 9) della direttiva, che consente l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza a tutti gli “imprenditori”, per tali tuttavia intendendosi tutte le persone fisiche che esercitano “un'attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale”. La norma sulla distribuzione del valore ai soci trova dunque applicazione, seppur parziale e nei limiti della compatibilità, anche al valore riservato al debitore nella ristrutturazione di attività svolta da imprese non societarie.
Con l’articolo 120-quinquies si disciplina la fase di esecuzione del concordato.
Al fine di evitare atteggiamenti ostruzionistici dei soci, come previsto dall’articolo 12 della direttiva, si esclude la necessità di loro deliberazioni al fine dell’attuazione dello strumento omologato, attribuendo i relativi poteri al tribunale, per le modificazioni statutarie che essendo previste in modo specifico dal piano non richiedono alcuna decisione discrezionale, e per tutte le altre, in via generale, agli amministratori. Si prevede altresì un particolare strumento in caso di inerzia di questi ultimi. Il comma 2 disciplina i controlli assegnati dalla legge al notaio e la procedura che lo stesso segue se ritiene non adempiute le condizioni previste dalla legge per la singola operazione chiarendo che, avverso il suo rifiuto, gli amministratori debbano ricorrere allo stesso tribunale che ha omologato. Il comma 3 si occupa dei casi in cui i contratti stipulati dalla società con terzi contengano clausole che prevedono conseguenze sfavorevoli in caso di mutamento degli assetti proprietari e intende evitare che tali contratti, dei quali pure la normativa generale prevede la continuità (mediante disattivazione delle clausole “ipso facto”), in concreto ostacolino il successo della ristrutturazione. Essa sancisce il principio secondo il quale tali clausole non possono essere attivate per il mero fatto del cambiamento di controllo, e l’inefficacia di eventuali patti contrari, ferma restando la rilevanza che quest’ultimo può avere in concreto sulla base dei principi generali.
L’articolo 26 apporta modifiche all’articolo 135, comma 1, del Codice, per recepire la disposizione dettata dall’articolo 26, paragrafo 1, lettera d) della direttiva che consente anche ai creditori di chiedere la sostituzione del professionista. Non è possibile prevedere il meccanismo di opposizione alla nomina menzionato dal medesimo articolo 26 in quanto l’ordinamento nazionale non prevede procedure di preventiva consultazione dei creditori né di informativa prima che l’autorità preposta designi il singolo professionista. L’abrogazione del comma 2 dell’articolo 135 discende dalla modifica del comma 1 che riconosce ad ogni creditore, la facoltà di richiedere la sostituzione del curatore. A seguito del rilievo del Consiglio di Stato e in stretta aderenza a quanto richiede la direttiva, la facoltà di chiedere la sostituzione è stata collegata all’opportunità di evitare l’esistenza di conflitti di interessi in capo al professionista, con l’inserimento dell’incipit suggerito nel parere.
L’articolo 27 è intervenuto sull’articolo 158 a seguito dello specifico rilievo sollevato dal Consiglio di Stato su tale norma, contenente la disciplina dei crediti pecuniari in caso di apertura della liquidazione giudiziale. La disposizione infatti riproduce letteralmente l’articolo 59 della legge fallimentare senza tenere conto delle pronunce di incostituzionalità intervenute che hanno colpito lo stesso articolo in relazione alla rivalutazione dei crediti di lavoro (v. Corte Costituzionale n. 300 del 31.12.1986, n. 204 del 20 aprile 1989 e n. 567 del 22 dicembre 1989). La modifica suggerita elimina quindi i profili di incostituzionalità della norma originaria recependo le indicazioni contenute nelle pronunce della Consulta citate.
L’articolo 28 modifica l’articolo 166, comma 3, lettere e) e g) del Codice al fine di escludere gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del piano di ristrutturazione di cui all’articolo 64-bis dall’azione revocatoria e di sostituire la precedente dizione “procedure di regolazione della crisi” con quella di “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”.
Con gli articoli 29 e 30 si apportano modifiche, rispettivamente, agli articoli 213 e 216 del Codice in attuazione del principio di efficienza delle procedure di insolvenza di cui all’articolo 25, lettera b) della direttiva, modifiche tramite le quali si affida al curatore il ruolo cardine nella programmazione ed esecuzione delle operazioni di liquidazione.
L’attuale formulazione delle norme del Codice della crisi, non ancora in vigore, delinea infatti un sistema nel quale l’inizio delle operazioni di vendita è affidato non solo alla redazione e approvazione del programma di liquidazione ma anche all’emissione di un’ordinanza di vendita da parte del giudice delegato anche nel caso di c.d. vendita competitiva, cioè di vendita effettuata non seguendo le norme del codice di rito. Tale previsione, che modifica il sistema attualmente vigente, è potenzialmente foriera di lungaggini che non si giustificano con esigenze di controllo e verifica dell’operato del curatore posto che la vigilanza sulle operazioni di vendita è esercitata, in via preliminare, con l’approvazione del programma di liquidazione e l’autorizzazione data dal giudice rispetto ai singoli atti conformi di cui all’articolo 213 e, successivamente, con il controllo previsto dall’articolo 216, comma 9. E’ dunque opportuno che il Codice mantenga il sistema esistente, senza dubbio più rapido ed efficiente, nel quale la modalità di vendita principale, quella competitiva, è affidata alla gestione del curatore secondo le modalità indicate nel programma di liquidazione, mantenendo ferma la possibilità di procedere secondo le forme del codice di procedura civile. Le ulteriori modifiche apportate all’articolo 213 sono volte a disciplinare aspetti specifici delle operazioni di vendita, o di rinuncia alla liquidazione di determinati beni, a ridurre i tempi attualmente previsti dal Codice, a precisare quale sia l’inadempimento rilevante del curatore ai fini della sua eventuale revoca ed a chiarire i termini entro i quali può essere invocata la responsabilità disciplinata dalla c.d. Legge Pinto rispetto alla quale i tempi obiettivamente necessari per svolgere le operazioni di liquidazione non possono essere considerati come ritardo imputabile allo Stato. Le modifiche all’articolo 216 sono speculari all’impostazione dell’articolo 213 e tendono a chiarire le modalità di vendita e di informativa al giudice delegato per una più completa vigilanza. Infine, il comma 12 dell’articolo 216 è finalizzato a garantire che i soggetti specializzati dei quali il curatore può avvalersi presentino requisiti di onorabilità e professionalità, in tal modo declinando ulteriormente i principi di trasparenza ed efficienza delle procedure, anche liquidatorie. La previsione costituisce attuazione dell’articolo 27 della direttiva, per quanto attiene alla vigilanza sui professionisti. Il comma 11-bis che intende assicurare la professionalità ed il controllo su tutti i soggetti che operano nell’ambito della gestione delle procedure, concorsuali, è rinumerato come comma 12 in accoglimento del rilievo redazionale del Consiglio di Stato ed è modificato per collegare il termine di adozione del collegamento all’entrata in vigore del presente decreto così modificando la precedente disposizione, non propriamente corretta nella sua formulazione (posto che all’attuazione della direttiva si è provveduto con il presente decreto) .
L’articolo 31 interviene sull’articolo 235, comma 1, con intervento richiesto nel parere della Commissione giustizia della Camera per il riordino delle norme sul PCT e inserisce nel Codice l’obbligo di deposito del rapporto riepilogativo finale per il curatore, già previsto nell’articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012.
L’articolo 32 modifica, con il comma 1, l’articolo 255 del Codice al fine di eliminare la possibilità per il curatore di esercitare separatamente le azioni di responsabilità elencate nella stessa norma, in attuazione del principio di efficienza delle procedure di gestione dell’insolvenza di cui all’articolo 25 lettera b) della direttiva. L’esercizio di azioni separate infatti crea inefficienze nella gestione della procedura (essendo noto che la principale causa della durata eccessiva delle procedure di insolvenza è ravvisabile nelle lungaggini dei giudizi instaurati dal curatore o nei quali lo stesso è subentrato) e si pone contro il principio di economia processuale, incentivando il proliferare di giudizi e di procedimenti (nei quali gli accertamenti da compiere sono spesso sovrapponibili e non è agevole distinguere le conseguenze dannose di una fattispecie rispetto all’altra) e provocando l’aumento dei costi della procedura, a danno dei creditori.
L’articolo 33 modifica l’articolo 268 del Codice, che disciplina la liquidazione controllata delle imprese minori, con una disposizione di semplificazione e coordinamento che elimina l’iniziativa del pubblico ministero per le imprese di piccole dimensioni e che innalza a cinquantamila la soglia debitoria oltre la quale la liquidazione controllata può essere aperta. La modifica in esame rappresenta un intervento di semplificazione e coordinamento che intende privilegiare la soluzione stragiudiziale della crisi delle imprese di minori dimensioni, sul presupposto del minore impatto che l’insolvenza di tali imprese produce sul mercato di riferimento e sul sistema economico in generale. Gli effetti distorsivi sulla concorrenza prodotti dalle imprese in sovraindebitamento sono infatti minori rispetto a quelli delle attività produttive più grandi che, se restano sul mercato in stato di insolvenza, potenzialmente pregiudicano un numero maggiore di soggetti economici che con essi interagiscono oppure operano in concorrenza.
L’articolo 34 modifica, al comma 1, l’articolo 278, comma 1, del Codice al fine di attuare l’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva disponendo che l’esdebitazione fa venir meno anche le cause di ineleggibilità collegate all’apertura della procedura di liquidazione giudiziale.
Il comma 2 interviene sull’articolo 279, contenente norme in tema di condizioni temporali di accesso alla esdebitazione, abrogandone il comma 2 che riguarda la composizione assistita della crisi.
Con l’articolo 35 si modificano le disposizioni dell’articolo 285, che disciplina degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza dei gruppi di imprese, per adeguarle alla disciplina del concordato introdotta con il recepimento della ristrutturazione trasversale. In particolare, nel comma 2, la nozione di miglior soddisfacimento è integrata con la valutazione dei vantaggi compensativi derivanti alle singole imprese, tenute ferme le regole generali dettate dagli articoli 47 e 112. Le modifiche ai commi 3, 4 e 5 sono funzionali a distinguere il giudizio di convenienza disciplinato dalla attuale norma, che resta salvo per il concordato liquidatorio o con assuntore, da quello che, unitamente alla ristrutturazione trasversale, va compiuto in caso di concordato in continuità aziendale.
Non possono trovare accoglimento i rilievi sollevati dal Consiglio di Stato sulla norma, che riguardano la necessità di dare una definizione dei “vantaggi compensativi”.
Tale espressione, già esistente nel testo del 2019 e non definita dal Codice nel momento della sua approvazione, assume significato concreto in relazione al caso specifico e non si presta a una definizione normativa generale ed astratta. Sul piano generale acquista significato in una logica di gruppo visto economicamente come impresa unitaria e riguarda i vantaggi, anche soltanto ragionevolmente attesi, che vanno a compensare il sacrificio chiesto a una o più società per l’interesse del gruppo nel suo complesso, vantaggi che naturalmente si riflettono sulla “quantità e quantità” del soddisfacimento dei creditori delle società sacrificate.
Con riferimento al concordato di gruppo i vantaggi compensativi, quindi, avranno rilievo soltanto di fronte a operazioni che comportino il sacrificio immediato di una o più società del gruppo e influiranno sul soddisfacimento dei creditori della società sacrificata; tale soddisfacimento deve essere il migliore nel senso di pari o maggiore di quanto si otterrebbe in caso di liquidazione giudiziale, ed è in buona sostanza dato da due componenti, una immediata e una futura ragionevolmente attesa.
Si tratta di una prospettiva appare virtuosa in quanto logicamente spingerà i fautori del piano concordatario a cercare ed a dimostrare tali vantaggi, che solo ove trovassero serio e provato fondamento consentirebbero di giungere ad un esito positivo del giudizio di omologazione. Questo ordine di idee non esclude il principio della separazione delle masse attive e passive, cambiando soltanto il concetto di soddisfacimento dei creditori come sopra significato e non rappresenta una deroga al principio dell’art. 2740 c.c. in quanto non altera la par condicio dei creditori, se non nei limiti ammessi dal CCI alla luce della direttiva, né incide sulla disciplina dettata dagli articoli 84 e 85 in quanto i creditori troveranno soddisfacimento nel rispetto di tali norme.
L’articolo 36 modifica, con il comma 1, la rubrica del capo III del Titolo VI della Parte Prima del Codice e, con il comma 2, l’articolo 289, comma 1, al solo fine di sostituire la dizione “procedure di regolazione della crisi” con quella di “Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” alla precedente sulle procedure di regolazione della crisi.
L’articolo 37 interviene sul capo II del Titolo VII della Parte Prima, contenente la disciplina della liquidazione coatta amministrativa. In particolare:
- con il comma 1 modifica il comma 1 dell’articolo 301 al fine di uniformare i criteri di nomina del commissario liquidatore con quelli previsti per i professionisti nominati in sede giudiziaria. Trattasi di intervento attuativo dell’articolo 26, paragrafo 1, della direttiva che riguarda tutti i professionisti nominati nell’ambito di procedure di ristrutturazione dall’autorità giudiziaria o amministrativa (v. articolo 2, paragrafo 2, n. 12);
- con il comma 2 modifica l’articolo 302, comma 3, al fine di richiamare anche per il commissario liquidatore la norma sulla revoca del curatore, la cui applicabilità è stata estesa anche al commissario giudiziale con l’articolo 18 del presente schema di decreto legislativo;
- il comma 3 modifica l’articolo 306, comma 2, primo periodo, in quanto norma contenente il riferimento agli indicatori della crisi, venuti meno con la sostituzione del Titolo II e dunque anche dell’articolo 13 che li prevedeva.
L’articolo 38 apporta all’articolo 316 del Codice le modifiche rese necessarie dalla sostituzione del Titolo II e dunque elimina il riferimento ai creditori pubblici qualificati di cui all’articolo 15 sostituisce e menziona i segnali disciplinati nell’articolo 3 del Codice al posto dei “fondati indizi di crisi secondo le disposizioni del titolo II”.
L’articolo 39 interviene sugli articoli 341 e 342 per modificare i riferimenti in essi contenuti agli articoli 48, comma 5, 87, modificati con il presente schema di decreto legislativo.
L’articolo 40 interviene sul Capo IV del Titolo IX della Parte Prima per abrogare la fattispecie di reato del falso nelle attestazioni dei componenti dell’OCRI, in ragione del venir meno di tali organismi, e, di conseguenza, per modificare la rubrica dello stesso Capo IV.
L’articolo 41 modifica la Parte Prima, Titolo X, Capo I del Codice.
Il comma 1 modifica la rubrica del Capo I per eliminare i riferimenti ivi esistenti agli strumenti di allerta ed alla composizione assistita della crisi collegati al Titolo II revisionato.
Il comma 2 dispone l’abrogazione degli articoli 351 e 352 del Codice, contenenti disposizioni relative agli OCRI e il comma 3 modifica l’articolo 353, comma 1, per sopprimere il riferimento alla composizione assistita e per abbreviare il termine di adozione del regolamento per l’istituzione dell’Osservatorio permanente, secondo le indicazioni date dal Consiglio di Stato.
Il comma 4 abroga l’articolo 354 sulla revisione dei parametri del modificato articolo 15 sugli indicatori della crisi.
L’articolo 42 interviene sulla Parte Prima, Titolo X, Capo II del Codice ed in particolare:
- con il comma 1, sull’articolo 356 eliminando il riferimento agli OCRI;
- con il comma 2, inserisce nell’articolo 358, comma 3, che disciplina i requisiti per la nomina a professionista che gestisce una procedura concorsuale, lo specifico criterio richiesto dall’articolo 26, paragrafo 1, lettera c) della direttiva nel caso di procedura che presenta caratteri transfrontalieri ed elimina un refuso contenuto nella norma del Codice.
L’articolo 43 apporta agli articoli 359 e 361 del Codice le necessarie correzioni ai riferimenti interni, in conseguenza delle modifiche all’articolo 40.
L’articolo 44 modifica l’articolo 368, comma 4, del Codice al fine di sostituire la precedente dizione “procedure di regolazione della crisi”, contenuta alla lettera a), con quella di “degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” e di modificare la lettera d), in coerenza con le modifiche apportate agli articoli 84 e 85 del Codice. Rispetto allo schema approvato il 17.3.2022, è stato corretto l’errore rilevato consistente nel fatto che, a seguito della riscrittura degli articoli 84 e 85, la disposizione richiamata, e cioè l’articolo 85, comma 7, è ora riportata nell’articolo 84, comma. Conseguentemente il richiamo all’intero articolo 84 era erroneo e produttivo di rilevanti problemi applicativi.
L’articolo 45 sopprime il riferimento alla composizione assistita della crisi inserito dall’articolo 381, comma 2, del Codice nell’articolo 2545-sexiesdecies, primo comma, del codice civile.
Rispetto allo schema approvato il 17.3.2022 è stato eliminato l’articolo 46 in quanto contenente una disposizione già entrata in vigore (articolo 42 del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, intervenuto sull’articolo 389 del Codice), con la quale l’entrata in vigore del Codice, e quindi del presente decreto, è stata rinviata al 15.7.2022.
Nel parere n. 832/2022 si ritiene infine opportuna una modifica dell’articolo 390 del Codice, contenente le disposizioni transitorie, anche se si tratta di norma non interessata dal presente schema di decreto. Secondo il Consiglio di Stato, il radicale cambiamento di impostazione del Codice consiglia di prevedere una sorta di sospensione delle procedure fallimentari pendenti che si trovano ad uno stadio iniziale o che non sono state interessate da operazioni irreversibili. Rispetto a tali procedure si chiede di prevedere la possibilità, entro un certo arco temporale, “di superare lo stato di crisi mediante una delle procedure disciplinate dal Codice” (così parere su Titolo X, Art. 390).
Rispetto a tale proposta si rileva che l’apertura della procedura fallimentare presuppone l’accertamento sul fatto che l’impresa versi in stato di insolvenza e non in stato di crisi. Ne discende l’impossibilità di introdurre la disciplina richiesta non essendo possibile consentire l’accesso a procedure o a strumenti di regolazione della crisi ad imprese per le quali sia stato giudizialmente accertato lo stato di insolvenza.
Il Capo II contiene, agli articoli da 46 a 52, le disposizioni transitorie, di coordinamento e le abrogazioni che si rendono necessarie a seguito della trasposizione, nel novellato titolo II del Codice della crisi, delle norme del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118 relative alla composizione negoziata e alla piattaforma, nonché delle norme contenute negli articoli 30-ter, 30-quater, 30-quinquies e 30-sexies del decreto-legge 6 novembre 2021.
L’articolo 46 contiene l’abrogazione delle norme del decreto-legge n. 118 del 2021 confluite nel Titolo II.
L’articolo 47 abroga gli articoli 30-ter, 30-quater, 30-quinquies e 30-sexies del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, inseriti nel Titolo II del Codice.
Con l’articolo 48 vengono abrogate le disposizioni del decreto legislativo 26 ottobre 2020, n. 147 (recante disposizioni integrative e correttive a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 8 marzo 2019, n. 20, al Codice della crisi) rese necessarie dalla sostituzione, nel presente schema di decreto legislativo, di disposizioni già oggetto di modifica da parte del correttivo.
L’articolo 49 modifica il decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi:
- richiamando, nell’articolo 8 del decreto legislativo, le norme del Codice che garantiscono la specializzazione, l’efficienza e la trasparenza nelle nomine dei commissari straordinari e degli altri professionisti da questi ultimi nominati;
- modificando l’articolo 15, comma 3, per richiamare tutte le norme sul curatore, compreso l’articolo 135 sulla sua sostituzione;
- integrando l’articolo 19 alla luce delle disposizioni del Codice che sostituiscono quelle della legge fallimentare già richiamate e, con la modifica del comma 4, rendendo la disposizione sul conto della gestione sovrapponibile a quella della liquidazione giudiziale in un’ottica di maggiore efficienza della procedura e di piena informazione dei creditori;
- intervenendo sull’articolo 43, sulla revoca e sostituzione del commissario straordinario e dei coadiutori, introducendo le disposizioni sulla sostituzione del commissario e sui professionisti da questi designati richieste, anche per la procedura di amministrazione straordinaria, dall’articolo 26 della direttiva;
- estendendo la disciplina dell’esdebitazione agli eventuali soci illimitatamente responsabili coinvolti nella procedura di amministrazione straordinaria della società, con l’introduzione dell’articolo 76-bis, in attuazione dell’articolo 20 della direttiva.
L’articolo 50 contiene le disposizioni transitorie, volte a chiarire l’ambito applicativo degli articoli 5, comma 2, 25-ter e 25-quinquies del Codice anche rispetto alla disciplina dettata dal decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147. Si tratta infatti di norme vigenti che, in ragione delle modifiche apportate con il presente schema, possono creare agli operatori problemi applicativi e interpretativi.
In particolare:
L’articolo 51 contiene la disciplina dell’entrata in vigore dello schema di decreto legislativo, allineandola a quella dell’entrata in vigore del Codice della crisi, al fine di far entrare in vigore un testo già armonizzato rispetto alle previsioni della direttiva (UE) n. 2019/1023, in tal modo evitando problematiche di diritto intertemporale per gli operatori, che, in caso di previa entrata in vigore del Codice della crisi nel testo attuale, si troverebbero ad applicare, in rapida successione temporale, istituti, quali quello del concordato in continuità aziendale, già profondamente modificati nel Codice della crisi rispetto alla disciplina della legge fallimentare e nuovamente modificati dal presente schema di decreto legislativo.
L’articolo 52 contiene, infine, le disposizioni finanziarie.
Per quanto riguarda le disposizioni della direttiva per le quali non sono previste né indicate specifiche disposizioni attuative, si osserva quanto segue:
[1] L’articolo 31, comma 1, prevede: “1. In relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di quattro mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotta i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge; per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i relativi decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea”.
[2] Attraverso la messa a disposizione della lista di controllo e del test, la disposizione persegue il fine di fornire all’imprenditore strumenti che gli consentano una agevole e pratica autovalutazione preventiva in ordine alle possibilità di risanamento dell’impresa e di ottenere indicazioni finalizzate alla redazione del piano di risanamento.
[3] Negli ultimi due periodi del considerando 47 si legge che “Gli Stati membri dovrebbero poter definire norme relative alle parti interessate con diritto di voto che non esercitano in modo corretto tale diritto o non sono rappresentate come norme che consentano alle parti interessate di essere prese in considerazione per stabilire una soglia di partecipazione o per calcolare la maggioranza. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero poter fissare una soglia di partecipazione per il voto”.
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